La proposta di chiudere il Museo Guttuso è utile alla memoria di Guttuso e un’opportunità per l’immagine di Bagheria.
C’era una volta il cittadino onorario di Bagheria Gillo Dorfles, il quale sosteneva che dipingere alla maniera di Caravaggio ai nostri giorni non fosse più possibile, poi aggiungeva se si tratta di artisti come Bacon e Sutherland allora si può; in questo caso l’interrogativo è: esistono ancora artisti come questi, con gli stessi ideali? Artisti che credono nella ricerca e nella costruzione di nuovi archetipi dell’arte attraverso la pittura, oppure per continuare a fare arte bisogna per forza attaccare una banana al muro con lo scotch?
Non è forse meglio lasciarsi emozionare dalle figure sghembe di Fausto Pirandello, piuttosto che da uno squalo imbalsamato messo in teca con la naftalina?
D’altronde non si usa ancora la scrittura per la narrativa? Perché allora non si dovrebbe usare la pittura per dipingere?
Una volta, la missione degli operatori artistici era quella di assistere gli appassionati della pittura nel labirinto della creatività, seguendo un pensiero critico e no alla maniera degli imbonitori televisivi, dove l’importanza dell’opera è riferita al valore economico e questo a sua volta è determinato dalla domanda e dall’offerta alla stregua di una cassetta di cetrioli.
Ai nostri giorni, con la mancanza di grandi galleristi come Ghiringhelli e Cardazzo, grandi direttori di musei come la Guggenheim e Bucarelli e grandi critici come la Sarfatti e Argan, persone che sapevano coniugare professionalità e passione, si sta affievolendo il numero delle vere collezioni; anche perché, oggi, i nuovi operatori culturali tutt’al più sanno coniugare la fama col business. Questo processo potrebbe indurci ad un futuro senza più veri artisti come de Chirico, Morandi, Guttuso, ecc.
Tornando alla pittura, anche se la maggior parte dei pittori non sono artisti, ma semplicemente buoni o cattivi pittori, quelli che lo sono rappresentano bene l’esemplificazione dell’arte come nutrimento dell’anima, godimento visivo e investimento economico.
Ovviamente come operatore culturale di lungo corso a Bagheria, non posso sfuggire ad una analisi del Museo Guttuso, al quale mi sento legato.
La prima cosa di cui vorrei parlare è la genesi della sua nascita, ma trattandosi di una storia poco edificante evito, limitandomi a dire che i natali non sono di certo esemplari.
In ordine cronologico, potrei parlare della nomina del direttore e dei bandi pubblici che sono stati fatti, ma anche questa storia appartiene alle cose poco edificanti della mia vecchia cara Democrazia Cristiana e, quindi ancora una volta, sorvolerò sui dettagli.
Ovviamente non posso non dire delle inaugurazioni, delle aperture e riaperture infinite, e dello scopo che queste hanno, basterebbe analizzare solo la penultima, quella dei fuochi d’artificio, per capire il perché delle plurime “inaugurazioni del nulla”.
E ancora, come non parlare degli allestimenti? Volendo si potrà dire che ad ogni riaperture del museo, corrisponde una sequela di incapacità che si manifestano col peggiorare l’allestimento precedente, per l’assenza di capacità critica e metodologica: si continua a preferire la quantità alla qualità, prerogativa dilettantesca.
Vogliamo anche accennare alla programmazione delle attività? Prima, seconda, terza, quarta, ecc mostra di Guttuso, con il dichiarato obiettivo, mal raggiunto, di promuovere il nostro illustre concittadino.
Infine, l’interrogativo è d’obbligo: tutto questo è avvenuto per ignoranza ed in buona fede? No! È avvenuto per ignoranza con l’aggravante della cattiva fede. Un metodo per tirare a campare. E mentre si tira a campare Bagheria culturalmente si sgretola, la Sicilia si impoverisce e si candida a diventare non più il motore dell’economia culturale reale, ma il motore dell’economia culturale del monopoly.
Da qui nasce la mia proposta rivolta solo a persone intelligenti: chiudiamo il Museo Guttuso se non si è in grado di trasformarlo in un bene culturale. Ai bagheresi bisognerà spiegare solo che la chiusura, allo stato attuale, rappresenta un vantaggio economico per tutti.
Quando l’Amministrazione comunale capirà che un museo senza un direttore artistico, come un ospedale senza un direttore sanitario o una università senza rettore, non possono funzionare, nominerà un direttore attraverso una selezione internazionale e a quel punto il museo riaprirà con tutti i crismi, e le galline che razzolavano nelle sale dove sono esposte le opere saranno solo un brutto ricordo da cancellare, e saremo tutti felici e contenti.