ASPRA - di Biagio Napoli

ASPRA - di Biagio Napoli

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Le sue piume erano nere; aveva le ali larghe, al sole le riscaldava; pareva di pietra.
Poteva esserlo se non fosse stato per quel suo lungo collo che di lato girava, di scatto ora a destra ora a sinistra.

Volò, planò in acqua, sott’acqua si tuffò, riemerse dopo lungo tratto per volare ancora una volta sul palo più alto.
Ora scuoteva continuamente le ali bagnate e pareva che dovesse, di nuovo, spiccare il volo.

L’uomo disse che quelle carni erano molto saporite e che con un uccello così una famiglia mangiava; sarebbe stato sufficiente colpirlo con un sasso. Disse che anche l’anno scorso s’era visto, quindici giorni una coppia d’uccelli grandi e neri ad Aspra s’era fermata, anche quest’anno in coppia erano venuti, l’altro non si vedeva, oltre il muro, sugli scogli doveva essere.

E C’erano i gabbiani. I più grossi sui pali, gli altri sulle sbarre di legno piantate da palo a palo, quel parapetto avevano lasciato alla fine dell’estate, smontando le cabine di legno, al limite sul mare della piattaforma di cemento gettato sugli scogli.

Sul parapetto, come sentinelle, erano allineati a decine; altri erano invece, a piccoli gruppi, sull’acqua calma o sulla sabbia gialla della spiaggia zampettavano. Qualcuno, all’improvviso, s’alzava in volo, planava sull’acqua, v’affondava il becco; qualcuno pareva si lamentasse; a tratti pareva s’ascoltasse il pianto d’un gatto.

E c’erano alcune barche sul mare, a pochi metri dalla spiaggia; gli uomini, su di esse, affondavano nell’acqua un rastrello dal lungo manico di legno e al fondo del mare le alghe verdi strappavano per stenderle sulle sponde laterali della barca. Quando avessero fatto un buon carico, le alghe avrebbero ricoperto con dei sacchi marrone, avrebbero acceso i motori fino a Porticello, per venderle, quello dei raccoglitori d’alghe è un mestiere come un altro.

E laggiù, nel cuore del paese, la ciminiera in aria mandava il suo fumo, ch’era bianco e denso e solo per un tratto s’innalzava, e ricadeva a causa del vento e si disperdeva verso il mare, coprendo come nebbia le case, alla vista nascondendole

L’uomo andò via. Volli recarmi al chiosco per un caffè.

Per strada guardavo la facciata d’ogni casa mangiata dal mare.

All’improvviso mutò il tempo; il sole, pur pallido fino ad allora, completamente si nascose, e iniziò la pioviggine che, tuttavia, qualche minuto durò, lasciando nuvole minacciose e inconcludenti. Una barca tornava dal largo.

Il pescatore aveva gli stivali di gomma. Un uomo s’avvicinò per aiutarlo e con essi affondò nell’acqua e nella rena. Prese dalla barca tre pezzi di legno al centro scavati, da un solo lato, che sistemò sulla sabbia della spiaggia a distanza di un metro circa l’uno rispetto all’altro e dove la barca sarebbe scivolata per usciredall’acqua.

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Il pescatore si avviò su per la spiaggetta delle barche finchè, in mezzo ad esse, trovò l’estremità fatta a cappio della fune metallica collegata ad uno degli argani piantati sul bordo della strada.
Con quel cappio imbrigliò la barca. Due uomini s’avvicinarono all’argano e, con un tubo di ferro, lo fecero ruotare avvolgendo la fune metallica che dall’acqua la barca tirava fuori; il pescatore e l’uomo che ad aiutarlo era rimasto, da un lato e dall’altro della barca, sulle guide di legno sistemate a terra la indirizzavano.

Man mano che la barca nella spiaggetta avanzava, la guida di dietro veniva spostata davanti, il pescatore nell’acqua del mare la bagnava, a terra la poggiava dopo averla bagnata, la barca più facilmente poteva scivolare, minore sarebbe stata la loro fatica.

Quando il pescatore ritenne di avere trovato il posto adatto, dall’interno della barca tirò fuori due tronchi lunghi mezzo metro ciascuno e li sistemò, da un lato e dall’altro, tra la pancia della barca e la sabbia.

Agli uomini che all’argano la fune avvolgevano di fermarsi aveva gridato; ora prese il secchio pieno d’acqua e dei pesci che al mare aveva sottratto; quei pesci dentro una cassetta di legno mise e per terra, sul bordo della strada espose, per venderli.
Vennero altre barche e il bordo della strada si riempì di cassette di legno colme di pesci e secchi di plastica pieni d’acqua di mare.

Presi il caffè. Indietro tornai guardando il mare, dall’alto della strada, e la spiaggia. I gabbiani, per l’arrivo d’una barca, s’agitarono, e confusamente battendo le loro ali, s’alzarono in volo emettendo il loro pianto. Presto tuttavia tra di essi tornò la calma.

M’attardai ad osservarli. Se zampettavano sulla sabbia, pareva avessero nera la coda; ed invece era bianca, come candido è il loro petto, e grigie hanno le ali con le estremità nere, quel nero ad ali spiegate può vedersi, o pare sia la coda, e macchiato di nero hanno il capo, rosso il becco e le zampe.

Un gabbiano s’alzò in volo; qualcosa da mangiare aveva trovato e gli pendeva dal becco; un gabbiano lo inseguì, per impadronirsene, e un altro, e un altro ancora, un gruppo di gabbiani lo seguì; si persero lontano: il primo, veloce come una pallottola, difendeva dagli altri la piccola preda.

Vidi quei ragazzi quand’ero a circa cinquanta passi. Uno di essi si avvicinava a quel grande uccello dalle piume nere e dalle ali larghe che al sole ricomparso riscaldava.

Si avvicinava circospetto tenendo qualcosa dentro una mano; credetti di indovinare un sasso.

Quando ritenne d’essere abbastanza vicino, la mira prese, e il sasso scagliò. Dovette cadere sugli scogli, giù, oltre il parapetto, poi in acqua; la corrente lo allontanò; io credo che avesse un’ala spezzata; la macchia nera divenne sempre più piccola finchè fu un punto che definitivamente scomparve.


Biagio Napoli è un medico chirurgo che presta la propria attività presso il Reparto di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell'Ospedale Civico "Fatebenefratelli" di Palermo.
Prima della laurea in Medicina ne aveva conseguita giovanissimo e brillantemente una in Lettere e Filosofia.
Ha 59 anni ed è sposato con tre figli: i nomi dei maschi Federico, in onore del filosofo Engels e Ruggero a ricordare il Re normanno, rimandano alle sue passioni giovanili, la storia e la filosofia.
Da sempre preso dalla letteratura, ha pubblicato qualche racconto sul periodico locale "Il Nuovo Paese".
Sta lavorando assieme a Mimmo Aiello a ricostruire una esperienza assolutamente unica e originale: la storia del Circolo "L'Incontro" a Bagheria.