Il prossimo 24 aprile a Roma il Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, consegnerà ai familiari di Gianni Mineo (Giovan Battista per l’anagrafe nella foto il primo da sinistra) la Medaglia al Valor Militare. Nato a Santa Flavia il 27 marzo 1921, ma bagherese di adozione, da partigiano insieme a Giuseppe Rosadi ha fatto evitare il 29 giugno 1944 un bagno di sangue (209 civili) per rappresaglia tedesca nella chiesa della Chiassa di Arezzo, liberando in tempo il colonnello Von Gablenz preso in ostaggio da altri partigiani slavi sbandati.
Questa non è stata l’unica operazione che il nostro eroe ha compiuto nell’area di Arezzo. Le vicende che hanno aspetti epici e forse risvolti cinematografici, sono state ripercorse da uno studioso aretino, Santino Gallorini, in un libro già in due edizioni: “Vite in cambio. Gianni Mineo, il partigiano infiltrato, che salvò dalla strage la popolazione della Chiassa”, 2014; e nel 2019 nella edizione aggiornata con le nuove ricerche: “I partigiani di Vite in Cambio”, edizioni Effigi, Arcidosso.
Nella stessa brigata e gruppo del Mineo operava un altro bagherese che poi nella vita è stato apprezzato anche come docente alla Ciro Scianna: si chiamava Rosario Montedoro. Condivisero dal primo giorno la scelta partigiana, dopo che il Mineo lo aveva salvato dal rischio di essere internato dai tedeschi nei campi di lavoro in Germania.
Gianni Mineo dopo l’8 settembre si trovava nelle campagne di Arezzo a capo di una piccola formazione partigiana – il Gruppo X - quando fu preso dai repubblichini e sospettato quale partigiano fu torturato per farlo parlare. Riconosciuto da un comandante repubblichino, ex allenatore di box, con cui aveva avuto contatti sportivi per via della sua precedente attività agonistica nell’esercito, fu salvato dalla fucilazione in cambio della promessa di procurare informazioni sui partigiani operanti in quella zona.
Mineo posto di fronte a questa scelta, finse di accettare, ma subito dopo si recò dal comandante della Brigata partigiana “Pio Borri” per raccontargli il fatto e mettersi a sua disposizione per realizzare diverse operazioni, come per esempio lo sminamento di ponti, il trasporto di ordini, armi, munizioni, radio trasmittenti e tante altre operazioni.
La doppia identità di Mineo fu preziosa per compiere importanti azioni, sempre d’intesa col comandante della Brigata Pio Borri.
Mai nella sua vita il Gianni Mineo sfruttò minimamente quanto fatto durante la Guerra partigiana, come per esempio riscatti pensionistici o decorazioni, e neanche si vantò mai neppure in famiglia di queste operazioni. Soltanto le volte che tornava a Bagheria, ne parlava con l’amico Rosario Montedoro in piazza.
Quando provò a raccontare qualcosa al marito di sua figlia Caterina, di passaggio dalla Chiassa di Arezzo, come racconta il genero stesso, non gli credette, tanto gli pareva frutto di fantasia quel racconto.
E quando i militari e la nipote del colonnello gli misero a disposizione anticipatamente, qualsiasi somma di denaro pur di ottenerne la liberazione, egli declinò l’offerta.
Furono sempre gesti gratuiti, come gratuito fu il soccorso a un collega carrista rimasto incastrato dopo un ribaltamento che gli provocò un’ernia, ma gli risparmiò la partenza sicuramente fatale per la guerra d’Africa.
Un altro aspetto unico di questa vicenda è stato il fatto che gran parte di queste sue gesta sono raccontate in forma di romanzo da un giornalista della Nazione di Firenze Renzo Martinelli, che trovandosi sfollato in quelle zone assistette indirettamente ai fatti, e ritornato a Firenze alla fine della guerra scrisse il libro: “I giorni della Chiassa”, Firenze, 1945. Ristampato nel 2001 da Polistampa, Firenze. Chiamando nel libro il protagonista: “partigiano siciliano”, “Gianni lo studente”, di fatto lo lascia nell’anonimato , e lo stesso Mineo ne sconosceva l’esistenza.
Santino Gallorini (onore al merito), dopo averne trovata un copia spaginata della prima edizione nei binari della stazione di Firenze e specie dopo avere comprato una copia della ristampa, ha curiosità di mettersi sulle tracce di questo Gianni e solo dopo tante peripezie e informazioni chieste anche all’Arma dei Carabinieri, riesce a trovare i contatti della figlia Caterina, completando il profilo anche anagrafico con lo storico locale di Bagheria Vincenzo Drago.
IL Comune di Arezzo e la Provincia di Arezzo riparano al mancato riconoscimento di questo eroe intestandogli il 29 giugno 2014 la piazza della Chiassa ad Arezzo, ed iniziando le richieste da parte dei Consigli Comunale e Provinciale alle autorità Statali per il conferimento di questa medaglia del 24 aprile a Roma.
Dopo queste tappe, la Giunta che sarà eletta a Bagheria il 28 aprile dovrà porsi l’obiettivo di onorare anch’essa il partigiano Mineo e tutti gli altri con l’intitolazione di vie o spazi.
Franco Ciminato, ANPI Bagheria