Il Museo Guttuso abbandonato a se stesso rischia l’oblio- di Ezio Pagano

Il Museo Guttuso abbandonato a se stesso rischia l’oblio- di Ezio Pagano

cultura
Typography

Per la serie “Il mondo non è quello che conosciamo ma …”, una storia emblematica dell’oblio del Museo Guttuso.

Il 18 novembre 2005, in occasione della conferenza che organizzai a Bagheria: “Quale arte per il XXI secolo” di Renato Barilli, col mio amico Franco Ciminato accompagnammo il professore a Villa Cattolica per una visita al Museo Guttuso e, durante la visita il professore espresse un giudizio negativo sull’allestimento. A me era sembrato che tutto finisse lì e invece il professore rientrato a Bologna prese carta e penna e scrisse questa lettera al dottor Fabio Carapezza Guttuso:

Bologna, 22-11-05
Gentile Dott. Carapezza Guttuso,
forse ricorda che ci siamo conosciuti all’inaugurazione della mostra Manet al Vittoriano, qualche settimana fa. Di recente sono stato invitato a tenere una conferenza presso il Museum di Bagheria, gestito da Ezio Pagano, che nell’occasione mi ha fatto visitare Villa Cattolica, sede del Museo Guttuso. Ho apprezzato sia la bellezza architettonica dell’edificio, sia la collocazione paesistica dell’insieme, sia l’ampiezza dei locali, che oltre al pianterreno, già interamente occupato, prevedono un’ampia suite di stanze al primo piano, già pronte per l’uso. La raccolta di opere guttusiane risulta consistente, ma di sicuro si potrebbe fare ben di più, data la vasta ed eccellente produzione del grande pittore. Si potrebbe ottenere più spazio a pianterreno portando altrove i pur validi ottocentisti ivi documentati, e anche gli omaggi ricevuti dall’artista in vita, così da ospitare un insieme più imponente dell’opera guttusiana. A parer mio si dovrebbe mirare a fare del Museo Guttuso di Bagheria l’istituzione pubblica pilota per mostrare validamente le qualità dell’artista, un punto di riferimento, di visita e di studio insostituibile. Ovviamente le amministrazioni locali, seppure si fanno carico della manutenzione dell’edificio, non sono in grado di acquistare sul mercato nuovi capolavori guttusiani – e non è solo una questione di risorse economiche, ma anche di reperibilità di opere valide. Mi chiedo se lei, nella sua alta veste di primo tutore dell’immagine e dell’eredità dell’artista, non potesse provvedere a depositare qualche sua opera, a tempo lungo, presso quella struttura, ricorrendo alla formula del comodato, e beninteso accollando le spese di trasporto, assicurazione e custodia, all’Ente locale. Credo poi che la sua autorità morale in materia le consentirebbe di svolgere una efficace azione su altri collezionisti per convincerli parimenti a procedere ad altri depositi e comodati. Inoltre anche le mostre temporanee di soggetto guttusiano potrebbero essere ospitate in tale sede. Penso per es. a quelle che di recente si sono avute a Milano, Fondazione Mazzotta, e a Torino, F. Bricherasio, giuste e opportune in quelle grandi città, il che però non avrebbe dovuto impedire che tali rassegne facessero anche un “passaggio” a Bagheria.
Le chiedo di farmi avere, prima di tutto, un cenno di ricevuta della presente, dato che gli invii per e-mail non sono mai certi, e beninteso mi dichiaro a sua disposizione per un proseguimento di indagine sulla fattibilità del progetto. Col più cordiale saluto
Renato Barilli

Dall’invio di questa lettera sono passati tredici lunghi anni e il professor Barilli è ancora in attesa di una risposta, mentre l’allestimento al museo Guttuso è ulteriormente peggiorato. Ai bagheresi nel frattempo il museo è costato milioni di euro.
Come cittadino di Bagheria mi sento di dire: Se non si può fare il concorso per il direttore e affidare a un vero manager dell’arte la gestione del museo, non sarebbe il caso di valutare l’opportunità di chiuderlo?
Un museo così non serve all’immagine di Guttuso né ai bagheresi che di ritorno hanno solo le tasse che pagano per il suo mantenimento.
Io molto sommessamente metto in chiaro tre cose:
1. In futuro, casomai si vuol farlo rivivere, non parliamo più di riapertura del museo, perché facciamo ridere i polli. Questo museo è stato inaugurato tre volte.
2. Rifare un serio e coinvolgente allestimento della collezione permanente, puntando sulla qualità delle opere, e no sulla quantità ch’è roba da ipermercato.
3. Organizzare una mostra importante con un progetto del costo di massimo trentamila euro, decretando la fine dell’era dello spreco.

Invito tutti, ad una seria riflessione!

pagano e barilli

Ezio Pagano e Renato Barilli, Bagheria, 2005