Negli anni Sessanta tra i più interessanti cenacoli letterari c’era quello che faceva capo al poeta Ignazio Buttitta, che aveva quartier generale nella sua putia di corso Umberto I a Bagheria.
Io, trascorrevo molto tempo con Buttitta, perché in quegli anni ardeva in me il fuoco della poesia.
Ricordo che, quando mostravo a Buttitta le mie poesie, mi diceva sempre che da lui avevo preso solo il nome (all’anagrafe il mio nome di battesimo è Ignazio come il suo), un modo carino per dirmi che non gli piacevano; a tale riguardo in un suo libro mi fece questa dedica: A Gnaziu / ca m’arrubbò / u nomu / ma a puisia / no, e ancora, in un altro libro: A Gnaziu / ca m’arrubò / u ncegnu / e a ntilligenza / ma a puisia / non mi la po’ rubari. Un giorno in cui gli mostrai l’ennesima poesia, gli dissi che l’aveva scritta un poeta che avevo conosciuto ai Giovedì letterari di Napoli e quella fu l’unica volta che Buttitta elogiò la lirica, ma quando un attimo dopo gli dissi che l’avevo scritta io, senza esitare un solo istante mi disse «allora l’hai copiata!» È chiaro che come poeta era prevenuto nei miei confronti e non potevo contare sul suo incoraggiamento, anche se, in tempi successivi, dopo aver letto altre mie poesie scrisse: A Gnaziu / ca m’arrubbò / u nnomu e / ora mi voli / arrubbari a / puisia, dunque, un bel passo avanti!
Ironia a parte, Buttitta aveva grande stima di me e infatti scrisse ancora: A Gnaziu ca camina nto mari e non affunna.
Ignazio Buttitta mi aiutò a trovare i locali della mia prima Galleria d’arte, mi suggerì il nome della Galleria: l’Alcova, chiese a suo genero, il pittore Raffaello Piraino, di realizzarmi il logo della Galleria e, infine, fece quasi sempre da padrino alle mostre che organizzavo.
Da intellettuale Ignazio aveva capito le mie ambizioni, e per questo scrisse: A Gnaziu / ca trasi / a picca a picca / acchiana / a picca a picca / e unni voli arrivari / un si sapi, firmandosi questa volta n’àutru Gnaziu.
Nel 1968 mi tolse dai guai con mio padre, quella volta che, dopo che avevamo litigato scappai di casa e per tutta la notte mi rifugiai nella sua villa a Mongerbino; Buttitta a mia insaputa aveva telefonato a mio padre per tranquillizzarlo, e così, per la prima volta, mentre io mi consideravo un “duro” mio padre era relativamente tranquillo.
In quegli anni, con la mia Associazione Mondo Letterario e insieme al Circolo di Cultura, organizzai un recital del poeta Ignazio Buttitta, invitando a Bagheria per presentarlo, il suo traduttore russo Eugenij Solonovich.
Di questo recital è ancora vivo nei miei ricordi la Fiat 500 giardinetta, con io seduto lato passeggero che annunciavo l’evento col megafono per le vie di Bagheria, Aspra, Ficarazzi e Santa Flavia, leggendo il testo di un volantino che veniva lanciato dal finestrino della macchina per pubblicizzare l’evento. Questo è il testo del volantino:
Stasera alle ore 18,00 nel salone del Consorzio Idro Agricolo Ignazio Buttitta reciterà alcune sue poesie inedite.
Sarà presentato dal suo traduttore in Russia Eugenij Solonovich noto per aver tradotto molti scrittori e poeti italiani fra i quali Quasimodo, Saba, Sciascia e Dolci.
Sentirete la voce d’un Poeta, che secondo il giudizio di studiosi e critici, è il più grande poeta popolare d’Europa.
Il recital fu un successo! Buttitta da quel capo popolo che era, iniziò declamando “Parru cu tia” risvegliando gli animi anche dei più assopiti.
Volendo ora fermarmi con i miei ricordi, concludo dicendo che il poeta era per me come un secondo padre e, non mi lesinava consigli e raccomandazioni, infatti scrisse ancora: A Gnaziu, / cà viaggia nto ntrenu / senza macchinista / ca spiranza ca firmannu / scinnissi chi gammi sani / e si nzignassi / a caminari adaciu / megghiu a pedi ca / sbattiri u muru.
Ezio Pagano
Foto - Ezio Pagano, Eugenij Solonovich e, Ignazio Buttitta mentre declama le sue poesie, 1967