Renato Guttuso, pictor diabolicus, venuto a conoscenza che nel palermitano circolavano sue opere false mi chiese di vigilare, cosa che feci egregiamente, poiché solo a Bagheria, in pochi giorni, smascherai due falsari: tale V.N. e F.M. e poi c’era una televendita palermitana gestita da una galleria d’arte di Roma.
Quando mesi dopo, disquisimmo sull’argomento, lui in segno di gratitudine mi regalò una grafica, ma soprattutto una dedica, di quelle che iniziano con: al mio caro amico …
Nel 1982, per il settantesimo compleanno del Maestro, tra l’indifferenza delle Istituzioni e in primis della sua città natale, presi io l’iniziativa per festeggiare la ricorrenza e lo feci curando il volume Renato Guttuso pittore di Bagheria (Edizione Tringale, Catania). Prima della stampa, inviai il menabò per l’ultimo controllo al Maestro, il quale mi mandò una lettera di ringraziamento che l’editore volle pubblicare nel libro, utilizzandola pure per realizzare una locandina promozionale.
La generosità di Guttuso era nota a tutti. Infatti, a seguito di questo libro, mi regalò una tiratura di grafica, e mostrandomi alcuni gouache mi disse di sceglierne una e farmi fare dalla Grafica dei Greci di Roma la tiratura, che lui mi avrebbe firmato. Io allora, gli dissi che avrei preferito piuttosto una piccola incisione in bianco e nero, ma incisa di suo pugno, invece che una grande acquatinta con procedimento foto meccanico. Guttuso non si sarebbe aspettato mai da un mercante d’arte una simile richiesta e continuò dicendomi: Prendi lo stesso la gouache come regalo e portami una lastra preparata che te la incido. Ma il vero regalo fu quando aggiunse: Con Enrico (Crispolti) stiamo lavorando al terzo volume del Catalogo generale delle opere pittoriche, appena sarà ultimato, chiederò a Mondadori di fare quello della grafica e dichiarerò una per una di cosa si tratta. In seguito il catalogo della grafica fu pubblicato e Guttuso personalmente dichiarò una per una di cosa si tratta, oggi, basta consultarlo per sapere quanto delle stampe appese ai muri degli italiani non hanno i requisiti per essere considerate vere opere d’arte. Vi assicuro che sono tantissime.
Tornando alla mia tiratura d’incisione, portai a Guttuso la lastra che avevo preparato e in mia presenza la incise, disegnando un vaso con dei tulipani. La lastra fu pronta dopo qualche ora e nel consegnarmela mi raccomandò di fargli controllare le prove di stampa prima di procedere con la tiratura. Io per fare presto, anziché tornare nella mia stamperia a Bagheria, andai nella stamperia del mio amico Maurilio Catalano e dopo che facemmo la morsura, stampammo un paio di copie che mi portai ancora umide, quindi presi appuntamento col Maestro per il giorno dopo. L’indomani tornai da Guttuso, che trovò buone le copie e in una scrisse: si stampi, e la firmò.
All’epoca Guttuso e Maurilio Catalano non si parlavano, perché dopo decenni di amicizia i rapporti si erano interrotti per la nota querelle, finita nelle aule del tribunale, sull’Affaire Moro, che vide coinvolti Guttuso, Sciascia e Berlinguer, ma anche Catalano come iscritto nell’elenco dei testimoni in favore di Sciascia.
Da quel momento, com’era prevedibile, non si sono più frequentati. Io ero a conoscenza di questi fatti e però mentii dicendo a Guttuso che Maurilio mi aveva chiesto una delle due copie con la dedica per lui, non so perché, ma Guttuso la fece e io non vedevo l’ora di lasciare lo studio per portare quella incisione a Maurilio, mentendo ancora una volta dicendogli che era stato Guttuso a prendere l’iniziativa; com’era ovvio Maurilio mi chiese di dire a Guttuso che avrebbe avuto il piacere d’incontrarlo per ringraziarlo di persona, cosa che feci creando l’incontro e rinsaldando i rapporti tra i due, grazie alle mie bugie. Nessuno dei due ha mai saputo la verità, certamente Guttuso non potrà più saperla, forse Maurilio sì, se avrà modo di leggere questo mio scritto. Come si dice esistono anche le bugie bianche e questa mia è una da manuale.
Vista la rarità e quindi la preziosità della lastra, dopo avere eseguito la tiratura, la inchiostrai per l’ultima volta, la lucidai a specchio e proteggendola con vernice trasparente per evitare che col tempo si potesse ossidare la incorniciai come fosse un dipinto. Quando andai da Guttuso per le firme, alla fine, mentre stavamo sorseggiando un caffè che Isidoro nel frattempo ci aveva portato, il Maestro mi chiese la lastra per biffarla, sicuro di me gli dissi che l’avevo in macchina e andai a prenderla, appena gliela mostrai incorniciata con un sorriso da parte di entrambi, chiudemmo l’argomento con un nulla di fatto.
E’ grazie a questo escamotage se oggi possiedo l’unica lastra di Renato Guttuso incisa di suo pugno e non biffata.