Cultura

Un populu
mittitilu a catina
spughiatilu
attuppatici a vucca
è ancora libiru.

Livatici u travagghiu
u passaportu
a tavula unnu mancia
u lettu unnu dormi,
è ancora riccu.

Un populo
diventa poviru e servu
quannu ci arrubbano a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.

Diventa poviru e servu
quannu i paroli non figghianu paroli
e si mancianu tra d’iddi.
Mi n’addugnu ora,
mentri accordu la chitarra du dialetto
ca perdi na corda lu jornu.

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Le prime strofe della poesia di Ignazio Buttitta ‘Lingua e dialetto’ sono una sorta di manifesto sul valore del dialetto, ed una delle composizioni più alte del nostro concittadino, oltre che un vero capolavoro di poesia, e non possono non costituire la presentazione di una nuova rubrica, che vorremo costruire assieme ai nostri lettori, che abbiamo deciso di chiamare ‘Lingue e dialetto’

Ci riporta a discussioni interminabili con i nostri vecchi amici Michele Toia e Peppino Speciale innanzitutto che ci piace particolarmente ricordare, e poi Nino Morreale, Franco Lo Piparo, Franco Di Quarto, Mimmo Gargano e più di recente con Pier Carmelo Russo, Mimmo Aiello e Biagio Napoli, anche loro appassionati e cultori della materia.

altIl racconto - ci diceva qualche tempo fa il grande artista Ferdinando Scianna riportando la frase di un amico ebreo - comincia quando il ritorno è impossibile’; il ritorno impossibile per me è ovviamente quello ai tempi che furono e forse è per questo che vincendo una naturale ritrosia e un radicato e ragionato pregiudizio nei confronti di quanti, e non solo nella cerchia dei nostri conoscenti, scrivono poesie, racconti, o addirittura interi libri, forse un giorno lontano ci assoceremo a questa strampalata cumarca, con l’obiettivo di ridare vita a lampi del nostro dialetto.

Naturalmente non siamo i primi a volere riportare alla memoria vocaboli, vecchi proverbi,  ed espressioni desuete o modi di dire talora apparentemente insensati o paradossali, ‘Trenta e due ventotto’, espressione-non sense usata dalle nostre parti,  è il titolo appunto di un pamphlet di Renata Pucci di Benisichi che ebbe molta fortuna qualche anno fa e che regalammo in quantità industriale ad amici e conoscenti, e la Repubblica di Palermo pubblicò sino a qualche tempo fa una seguita e fortunata rubrica sul tema.

Il problema vero è da dove cominciare: cominciamo allora a caso con le prime cose che ci vengono in testa, a sanfrasò insomma (dal francese sans facon, senza modo, alla buona, a muzzu), rinviando la sistematicità alla prossima puntata.

Cominciamo dal contributo di vocaboli che ci hanno lasciato in eredità conquistatori, colonizzatori ma anche civilizzatori della nostra terra, rispolverando termini del parlare comune ai tempi della mia infanzia ed ora spesso incomprensibili alla gran parte dei cinquantenni di oggi.

Ripensare a termini come l’aciu per esempio, a bollivata, u zitaggiu, u ghiòmmaru, a cascietta, a truscia, a kieppa ( o kippitiedda), ma anche cavigghiuni, acchicchiari, annarbuliari o alla sinteticità ed efficacia di alcuni proverbi ‘attacca o sceccu unni volu u patruni’,l’asinu puta e Diu fa a racina’, ‘cu va a ligna a mali banni ‘ncoddu si puorta’, ‘mittirisi l’acqua rintra’ ecc....espressioni piene di storica sapienza, o ritrovare in lingue vetuste e nobili l’etimo di molte delle parole che usiamo correntemente può servire a ridare lustro e dignità al dialetto.

Un esempio per tutti: il termine ‘pistiari’, dialettale e anche forte, che usiamo per dire mangiare proviene dal greco estiao (naturalmente abbiamo usato le lettere dell’alfabeto italiano più o meno corrispondenti)

Ma i contributi dalle altre lingue sono talmente tanti che non c’è che l’imbarazzo della scelta, da lippiari a trippiari a skiniari ( espressione quest’ultima in uso un tempo tra i giovani per indicare quello che oggi si dice ‘limonare’): tastare con la lingua e le labbra to lip, e to trip saltellare e skin (pelle), sono termini della lingua inglese.

Aciu era il pozzo nero che si trovava davanti a tutte le abitazioni e che raccoglieva gli escrementi umani, allorchè sino agli anni ’50 a Bagheria non c’erano le fognature, e che venivano periodicamente svuotate dai ‘fumirara’, figura ormai scomparsa che aveva a che fare cu fumieri, escrementi degli animali che un tempo, dopo l’essiccazione all’aria, venivano usati come fertilizzanti per gli agrumeti.

L’aciu era una enorme buca coperta da una grande balata che si sollevava solo per lo svuotamento e da una piccola pietra, che chiudeva un piccolo orifizio in superficie,  cui veniva cementata una impugnatura per renderlo accessibile; veniva alimentato svuotandovi dentro ogni mattino, quando ancora era buio o la sera tardi il contenuto ra cascietta, cilindro dell’altezza di circa 40 cm. chiuso da una parte ed aperto con una svasatura dall’altro, dove ci si sedeva per fare i propri bisogni e che oggi in molte case viene usato come sottopianta o portaombrelli.

L’atto piccolo così si definiva pudicamente il fare pipì si faceva invece nnò rinali, e riteniamo superflua la traduzione, che poi si svuotava facendo volare letteralmente il contenuto in mezzo alla strada, magari da una finestra. 

A cascietta era corredata da un pezzo di stoffa sulla cui funzione non è il caso di dilungarsi; all’uopo veniva però pure usata a carta camuscina (quella dove solitamente si avvolgeva e si avvolge tuttora il pane) tagliata a pezzi, e solo i più ricchi usavano la carta dei giornali chè allora ne circolavano veramente pochi.

altLe altre parole sopracitate con un po’ di sforzo si ritrovano nella memoria, a bollivata (dal francese bon levèe era il regalo di nozze), zitaggiu era la cerimonia di nozze, u ghiòmmaru il gomitolo, e la truscia, dal francese trousse, è il fagotto, magari un fazzoletto legato per le quattro punte dentro cui si metteva qualcosa, e la kieppa è per estensione la kippà ebraica, non solo copricapo, ma da noi una sorta di scialle che cominciava a coprire dalla testa per proteggere dal freddo o dall’umidità della sera, espressione che è un indubbio lascito della cospicua presenza degli ebrei in Sicilia, a Palermo soprattutto.

Da dove partire ? forse dalle espressioni in uso tra noi ragazzini quando prendevamo a calci una palla fatta di carta legata con spago: storpiavamo, senza saperlo naturalmente, i termini usati dagli inglesi, che avendo inventato il calcio avevano dato alle regole nomi nella loro lingua: dove duriciiardu era il calcio di rigore che veniva battuto dagli undici metri, appunto dodici yard, enz(s)u stava ad indicare il fallo di mani, hands in inglese, e goner che era il modo per dire calcio d’angolo, chiara derivazione da corner, o autu che indicava quando la palla andava fuori campo, out insomma, per finire con frichicchiu e cioè free kik, tiro libero. Al tempo ignoravamo il fuorigioco.

Non solo le lingue francese, inglese e spagnola, ma anche, ed è ovvio, il greco e il latino oltre che l'arabo che ha influenzato in particolare i termini legati alle attività agricole.

Alla prossima puntata, dove abbiamo deciso che partiremo dalla espressioni della vita quotidiana che si svolgeva nelle case e nelle campagne. Però dateci una mano anche voi.

nella foto di copertina un giovanissimo Ignazio Buttitta

la foto in basso di Angelo Restivo riprende l'Atrio Cavaliere

 

 

Estate, tempo di relax. Perché non approfittare allora di questo periodo per accantonare noie e preoccupazioni? Sicuramente non è facile, ma si può provare a mettere da parte i pensieri e i problemi mettendo in pratica qualche semplice esercizio.

Cerco così di rispondere a molti di coloro i quali in queste settimane mi hanno scritto chiedendomi consigli su come risolvere certi problemi e controllare i livelli di ansia. Con alcuni di voi abbiamo approfondito in studio, mentre altri hanno ricevuto qualche consiglio via mail.
Per prima cosa cerca un posto tranquillo, in casa, al mare o in montagna, l'importante è che sia un luogo che ti ispiri serenità, un angolo che ti ritagli e che è tutto tuo, dove nessuno ti può disturbare.

Prova a mettere ordine ai tuoi pensieri, la mente è piena di cose che non ti servono, e sai che la maggior parte delle tue preoccupazioni non solo non ti sono di aiuto, ma si basano su pensieri che in fondo non sono importanti per te e per far accrescere il tuo benessere.

Concentra la tua attenzione su pensieri e immagini positive. Se solo vuoi puoi accorgerti di essere circondato dalla bellezza, dalla positività, semplicemente devi focalizzare l'attenzione su di esse. Puoi sorprenderti per questo.
Quando comprendi che le preoccupazioni non ti servono in questo momento e che esistono aspetti positivi e persone che possono darti forza inizi già a stare meglio.

Anche i ricordi possono rappresentare in questo momento un "luogo" sicuro in cui è bello coccolarsi e farsi coccolare: immagini della tua infanzia, abbracci e carezze, odori di cibi, risate, certe albe e tramonti.
Stai cominciando a sentire il benessere salire, fin su dalla punta dei piedi fino alle braccia, e poi ancora oltre verso la testa e la fronte, per poi invadere tutto il corpo in una sensazione di freschezza.

Adesso ascolta il tuo respiro: è regolare e profondo, senza soluzione di continuità. Inspirando ed espirando profondamente ti ricarichi, l'ossigeno diventa l'energia che ti fa stare bene, adesso ti senti rigenerato.

Dott. Francesco Greco
Tel. 392 2965686
http://www.consulenzapsicologicaonline.blogspot.it
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Il Dott. Francesco Greco, Psicologo e Psicoterapeuta, è specialista in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Svolge attività clinica per i disturbi d'ansia, depressione, disturbi dello sviluppo, consulenza di coppia e familiare a Bagheria (Pa).
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Dopo decenni di buio e di silenzio Casteldaccia ricorda Andrea Raia, sindacalista ucciso dalla mafia la notte del 5 agosto 1944. Il neonato Comitato "Andrea Raia" organizza una tre giorni di incontri, proiezioni e letture pubbliche per ricordare una figura importante ed emblematica protagonista di un'epoca cruciale per la storia siciliana e italiana. Una figura che rischia di finire nell'oblio e diventare uno dei tanti “martiri dimenticati” siciliani.

Tutti gli appuntamenti avranno una location d'eccezione, un luogo altamente simbolico per la comunità casteldaccese come la Torre del Duca di Salaparuta, in piazza Madrice, antico centro logistico dove prese residenza la dinastia degli Alliata e venne dato il via all'attività produttiva della Vini Corvo. Il centro del paese, in altre parole, l'inizio del suo sviluppo, il suo cuore. Un luogo che ora – acquistato e reso fruibile dal Comune – diventa luogo di memoria e racconto, autocoscienza e narrazione. 

Il “racconto pubblico” su Andrea Raia infatti è stato sempre lacunoso e stentato, anche se ad Andrea Raia era stata intitolata la sezione del PCI e poi anche una piazza in zona Nutricato.

Con questo evento si cercherà di fare un importante passo in avanti nella strada della divulgazione e dell'informazione. Perché questa è una terra che ha bisogno di verità. Di far luce sulle sue vicende recenti e meno recenti, a partire dai fatti di mafia. “Casteldaccia ricorda Andrea Raia” cercherà infatti, con due importanti incontri pubblici, di raccontare, spiegare e approfondire la figura del sindacalista ucciso del 1944 e del contesto storico in cui operava. Interverranno, infatti, Nicola Cipolla, segretario della Camera del Lavoro di Palermo nel 1944, Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre, Pippo Oddo, storico, e Adriano Sgrò, dirigente CGIL.

Ma è anche un'occasione per parlare di un'altra stagione importante ed emblematica, e anche piuttosto traumatica, della storia casteldaccese. Ovvero l'estate 1982 e nello specifico l'agosto 1982, quei giorni in cui la zona tra Casteldaccia, Bagheria e Altavilla fu ribattezzata, dalla stampa di tutta Italia, “il triangolo della morte”, per via dei numerosi omicidi verificatisi nell'ambito della seconda guerra di mafia. La chiusura delle manifestazione sarà infatti affidata allo scrittore Giorgio D'Amato, che con il suo romanzo “L'Estate che sparavano” (2012) ha raccontato quella stagione. D'Amato, insieme agli autori del blog letterario Apertura a Strappo, si esibirà in un reading in piazza Madrice in cui verranno letti e recitati numerosi passi del romanzo e altri testi sul tema.

Il Comitato "Andrea Raia" è formato da cittadini, che hanno deciso di ricordare la figura del comunista. La manifestazione è patrocinata dal Comune di Casteldaccia.


CALENDARIO DELLA MANIFESTAZIONE

Casteldaccia ricorda Andrea Raia. 70 anni dopo (1944-2014)
5-6-7 agosto 2014

5 agosto
"Dall'uccisione di Andrea Raia al Comitato popolare antimafia di Casteldaccia"
Intervengono Santa Raia e Vito Lo Monaco (Centro Studi e Iniziative Culturali Pio La Torre)
Ore 18:30 Baglio della Torre Duca di Salaparuta - Casteldaccia

6 agosto
Santa Messa in suffragio di Andrea Raia e delle vittime di mafia
Ore 18:00 Chiesa madre Maria SS. Immacolata di Casteldaccia

Memorial sulle vittime di mafia
Interviene Placido Rizzotto (nipote di Placido Rizzotto)
Ore 21:30 Baglio della Torre Duca di Salaparuta - Casteldaccia

7 agosto
"Andrea Raia: prima vittima di mafia caduto in difesa dei diritti del popolo"
Intervengono Adriano Sgrò (dirigente CGIL), Nicola Cipolla (Segretario della Camera del Lavoro di Palermo nel 1944) e Pippo Oddo (storico)
Ore 18:30 Baglio della Torre Duca di Salaparuta - Casteldaccia

"(1982) Storie di Cosa Nostra: il triangolo della morte"
di Giorgio D'Amato
21:30 Piazza Madrice - Casteldaccia
 

Ciao LILLO, è strano scriverti.

Vederti spuntare...una battuta, una performance delle tue... Lo immaginiamo spesso. “Gli artisti dovrebbero avere un tempo infinito, non come i comuni mortali” lo dicevi con
L'ANIMA, purtroppo non è così.
L tua assenza ha lasciato un silenzio assordante; le tue parole e il tuo genio ci hanno condotto a soluzioni illuminanti e grazie a queste ed alle tue volontà, siamo andati avanti in
quello che era il tuo grande progetto con noi, e che da 2 anni, come d'intesa con te, E' IL NOSTRO PROGETTO.
Senza di te è stata una strada in salita, la burocrazia ha messo a dura prova il nostro spirito, sin'ora ha vinto la nostra determinazione e vincerà su ogni stanchezza e scoramento.

Il tuo sogno....la “Fondazione Lillo Rizzo onlus” dal 10 marzo è divenuta realtà.

Una Fondazione che persegue lo scopo sociale che tu desideravi: l'arte in tutte le espressioni, al servizio dei ragazzi diversamente abili.
Ripetevi spesso: per me “i veri artisti sono loro”.
Con Loro l'intesa e l'attrazione reciproca sapevano di MIRACOLO.
Questa forza attrattiva e l'intesa, erano costituite dalla tua immensa sensibilità e dolcezza.

Spesso, ANZI SEMPRE, cercavi di camuffarla dietro un atteggiamento burbero e distaccato, in realtà, era un'armatura costruita per riuscire a sopravvivere ad un sistema
sociale in cui tutto è standardizzato, assuefatto dal senso comune, dal perbenismo e dalla falsità, dove i veri artisti e gli schietti come te, non hanno vita facile.

altOggi ricordandoti partecipiamo ai tuoi estimatori ed amici che i tuoi progetti cominciano a realizzarsi, veicolati dalla Fondazione che porta il tuo nome.

La “FONDAZIONE LILLO RIZZO ONLUS” ha in dotazione opere che hanno concluso l'espressione più alta del Tuo genio, l'APICE, opere create nell'ultimo periodo della tua vita.

La Fondazione sta realizzando, con tirature limitate, la riproduzione di opere tratte da questo patrimonio.
Sarà pronta a SETTEMBRE, dalle 110 OPERE che hai voluto destinare alla fondazione, una serie di 3 cartelle con 9 litografie certificate, 3 per cartella, quelle a nostro avviso, più importanti, cariche di vita e gioia per il grande progetto che stavi organizzando e che “il nemico” come tu lo definivi, NON ha voluto regalarti i giorni per vederlo realizzato.
Queste tre cartelle segnano simbolicamente l'inizio delle attività a sostegno della fondazione.

Sono principalmente destinate ai tuoi amici ed estimatori, riprodotte in tiratura limitata da 1 a 30 per ogni opera. Una realizzazione, molto originale e degna del tuo genio. Ti siamo riconoscenti, CARO LILLO, per la stima che hai riposto in noi, affidandoci il tuo grande progetto, noi ci mettiamo tutto il nostro impegno.

Vittoria, Enza e Giancarlo
Bagheria, 05 agosto 2014

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