Cultura

Pietro Greco, accusato di essere il vero mandante dell’assassinio della fiaccolata, è interrogato durante la seconda udienza del processo, il 30 aprile 1886. Per sua stessa ammissione verrà fuori, la “conferma del regalo delle mandorle e pesche fatto al Gattuso col quale lo informava che l’avrebbe fatto difendere dal suo avvocato”(1)

Lo scopo di tutto questo, naturalmente, è che Mariano Gattuso, grande accusatore di Pietro Greco, neghi ogni cosa. Nonostante quella che può essere interpretata come una ammissione di colpa, Pietro Greco verrà assolto. I giurati si faranno convincere dalla difesa del suo avvocato? 

Il cronista la riassume nel modo seguente: “Si disse che l’attentato fu diretto al sindaco Cav. Scordato. E questi sostenne la tesi. Invece non può parlarsi di attentato per cause di partito, perché quello avversario in seguito al ritiro dei nove consiglieri che prima parteggiavano pel sindaco, tra cui il Greco, venne a trovarsi nelle vicine elezioni in maggioranza e non aveva alcun interesse a sbarazzarsi del sindaco. Questo, piuttosto, ebbe bisogno di mostrare che si era attentato alla di lui vita per far colpire qualcuno degli avversari e indebolire il partito contrario”(2)

 Il processo si chiude alla dodicesima udienza del 14 maggio 1886. Vengono “assolti dalla Corte di Assise gli imputati Mineo, Greco, Ajello, D’Amaro, Ticali Antonino e Scaduto” (3); vengono invece “condannati a vita Gattuso Mariano, Enea Giuseppe, Giangrasso Giuseppe, Ragusa Paolo, Todaro Nicolò e Belvedere Ciro, e a 10 anni di reclusione Ticali Salvatore” (4 ).

Ed ecco il tocco finale del cronista che ci permette di rivivere l’atmosfera e le tensioni dell’aula: “Mentre il P.M. propone l’applicazione delle pene Enea e Gattuso gridano della loro innocenza. All’improvviso il Ragusa si slancia sul Gattuso con furia di tigre e fa per accopparlo; ma lesti i carabinieri che erano nella gabbia si slanciano a dividerli e il carabiniere Rotundo Raffaele riesce bravamente a domare il Ragusa e ammanettarlo. La scena impressiona. Todaro, Belvedere, Ragusa piangono…Per le scale delle Assise intanto le mogli dei condannati si schiaffeggiano di santa ragione. Ma ben presto tutto ritorna alla calma. E il processo è finito”(5).

altIl processo finisce e il questore di Palermo torna alla carica con la richiesta di gratificazioni in denaro e promozioni. E, poiché nel frattempo il brigadiere Scozzari è stato promosso, chiede per lui una gratificazione di lire 1506. 

Il Ministero dell’Interno, delle richieste 150, si compiacerà di assegnare allo Scozzari soltanto 50 lire, e “tenuto conto delle condizioni del bilancio”, assegnerà anche agli altri delle gratificazioni ridotte dando 100 lire ( invece delle 200 richieste ) all’ispettore Perego Luigi, 70 lire (invece di 100 ) al delegato Ayala Enrico, 25 lire ( invece di 30) al vicebrigadiere Nasca Luigi e 20 lire ( invece di 30 ) alle guardie Albanese Calogero e Randazzo Pasquale

Soltanto al comandante delle guardie di P.S. Bianchi Federico saranno confermate le 50 lire richieste. Quelle somme dovranno peraltro essere anticipate dal prefetto e, quanto al Cav. Fornaciari, il Ministero non lo ritiene meritevole della promozione ma, semmai, come gli altri, di una gratificazione in denaro (7). In effetti l’esito del processo, con quelle assoluzioni eccellenti, non aveva confermato il teorema elaborato dalla questura (8).

E il prefetto, ovviamente, aveva di che lamentarsene. E scriveva: “Il responso dei Giurati massime riguardo al Greco ha invero destato un senso di vergogna non tanto nell’autorità quanto nel pubblico, poiché anche nel corso del dibattimento venne chiaramente ad emergere in costui la qualità di mandante originario egregiamente rilevata e sostenuta dal rappresentante il Pubblico Ministero”, annotando anche come il verdetto fosse stato “dato a parità di voti e che da parte della difesa si ricorse a maneggi di ogni sorta” (9) . Nonostante le assoluzioni, il questore non demorde. Pretende la promozione del Cav. Fornaciari non tanto per quanto ottenuto con il processo della fiaccolata quanto perché quelle indagini, invece, “hanno portato alla scoperta delle associazioni di malfattori sia a Bagheria che a Ficarazzi” (10).
 

I tredici imputati del processo già celebrato, sia quelli già condannati, sia quelli assolti, e in libertà provvisoria, presto saranno nuovamente portati in tribunale. Sarà un maxi processo con alla sbarra sessantaquattro persone e di questi faranno parte quei tredici. Il nuovo processo, iniziato il 21 luglio del 1887, avrà una durata breve: terminerà dopo una settimana, più precisamente giovedì 28 luglio alle 7 ½ p.m. Non avremo questa volta i resoconti delle singole udienze da parte del cronista del Giornale di Sicilia che si limiterà semplicemente a dare la notizia dell’inizio del dibattimento, sbagliando peraltro sia il giorno di inizio che il numero degli imputati.

Scrive, infatti, il Giornale di Sicilia del 23 luglio 1887: “Questa mattina nell’aula della Corte d’Assise Ordinaria è incominciato a disputarsi il processo dell’associazione di malfattori di Bagheria. Gli imputati sono 58 …”. D’Amaro Giuseppe, per quanto assolto al processo dell’anno precedente, si trova già in carcere (non ha chiesto la libertà provvisoria? Aveva da scontare altri reati ? ) e subirà una condanna a 4 anni di reclusione più 2 di sorveglianza speciale. Ticali Salvatore, oltre i suoi 10 anni, avrà anche lui una condanna aggiuntiva di 4 anni, più 2 di sorveglianza speciale. Pene aggiuntive (ma già erano in carcere a vita ) ci saranno per Gattuso, Giangrasso, Ragusa, Todaro, Enea, Belvedere. Mineo Giovanni e Aiello Alberto, in libertà provvisoria, dovranno scontare 5 anni di reclusione, più 2 di sorveglianza speciale; per Ticali Antonino e Scaduto Giuseppe saranno invece 3 più 2.

Dei sessantaquattro imputati di associazione di malfattori soltanto 9 verranno assolti; uno di essi, ancora una volta, è Pietro Greco (11).

Cosa fa il questore? Due giorni dopo la fine del processo propone ”un nuovo encomio per tutti e per Verri Giuseppe ora usciere di questura che fu dimenticato nei precedenti rapporti e che tanto contribuì nell’arresto della maggior parte degli imputati, una gratificazione di L 25 almeno” (12). Non sappiamo se a quell’usciere venne concessa la gratificazione richiesta né sappiamo di promozioni assegnate al cav. Fornaciari.

Biagio Napoli

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Note
1. ASP, Gabinetto prefettura, Lettera del questore al prefetto del 30 maggio 1886, busta 100, fascicolo 116, 1887.
2. Giornale di Sicilia, 14 maggio 1886.
3. ASP, Gabinetto prefettura, cit., Lettera del questore al prefetto del 14 maggio 1886, ore 4 p.m.
4. Ivi, lettera del questore al prefetto del 14 maggio 1886, ore 5 p. m.
5. Giornale di Sicilia, 15 maggio 1886.
6. ASP, Gabinetto prefettura, cit., Lettera del questore al prefetto del 31 maggio 1886.
7. Ivi, Lettera del Ministero dell’Interno al Prefetto dell’1 luglio 1886.
8. A. Morreale scrive: “Sicuri sono solo gli esecutori e chissà forse neppure quelli e infatti il canto popolare dice: “Pinu Gattusu si misi ‘nto pirtusu/e cuminciò a sparari/Piddu Rumanu si misi luntanu/ e cuminciò a sparari”. Cfr. La vite e il leone, Storia della Bagaria, Secc.XII-XIX, Editrice Ciranna, Roma-Palermo, 1998, p. 421 e nota n. 102 p. 430. Colpevolista è lo studioso del fenomeno mafioso Henner Hess che scrive: “La causa profonda della inimicizia fra mafiosi è la penuria di posizioni di potere; l’occasione, spesso una questione d’onore, il litigio per una donna, una domanda di matrimonio respinta, contrasti che sfociano in faide e sanguinosi conflitti politici...”. L’inimicizia tra il sindaco e Pietro Greco è motivata, oltre che dal contrasto politico, dal rifiuto che il cav. Scordato gli fece della mano della figlia. Cfr. Mafia, Laterza, Bari, 1991, pp. 128-129.
9. ASP, Gabinetto prefettura, cit., Lettera del Prefetto al Ministro dell’Interno dell’8 giugno 1886.
10. Ivi, Lettera del Questore al Prefetto del 31 maggio 1886.
11. Ivi, lettera del Questore al Prefetto del 28 luglio 1887.
12. Ivi, lettera del Questore al Prefetto del 30 luglio 1887.

Febbraio 2015
  

L'iniziativa, organizzata dalla Fondazione Mondo Digitale e promossa da Roma Capitale (Assessorato alla Cultura e al Turismo-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Assessorato Scuola, Sport, Politiche giovanili e Partecipazione dei Cittadini, Dipartimento Servizi educativi e scolastici) si svolgerà in cinque giorni densi di appuntamenti e in tre sedi differenti. 

Oltre alla Centrale Montemartini, sono coinvolte infatti l'Università Roma Tre e la Città Educativa di Roma - Palestra dell'Innovazione, che è una struttura polifunzionale situata nel quartiere del Quadraro, dove è nata per sostenere attività educative rivolte alle nuove generazioni.

Al museo della Centrale Montemartini di Roma, dal 25 febbraio a domenica 1 marzo, in occasione del Media Art Festival, viene allestita la mostra “From body to mind. New generation of italian media artists”. Infati, sono presenti artisti come il gruppo Iocose, Giovanni Mezzedini, Lino Strangis, Giacomo Lion, Danilo Torre, Daniele Spanò, Max Serradifalco, il gruppo Aye Aye, Dehors/Audela e Simone Pappalardo, in un percorso che, oltre a far conoscere nuove potenzialità tecnologiche dell'arte, include una rassegna sulla giovane videoarte italiana.

Ma il Media Art Festival non sarà soltanto una mostra.

Oltre agli artisti, alle performance e ai concerti audiovisivi "sono coinvolti 1104 studenti" sottolinea Valentino Catricalà, direttore artistico del festival che definisce "polivante", ricordando anche i molti ospiti italiani e internazionali coinvolti in lectures e masterclass.


Nella foto  Max Serradifalco con Giovanna Melandri, Presidente della Fondazione Maxxi e Valentino Catricalà.


 


Venerdì 27 Febbraio alle 17 presso la villa Cutò di Bagheria, verrà organizzato da Sistema Bagheria un primo evento dedicato a Giovanni Girgenti,  uno dei più importanti poeti dialettali di Sicilia, nato nel 1897 a Bagheria, autore di testi in prosa e poesia, opere teatrali e numerose traduzioni daall'Italiano al Siciliano di importanti opere come L'Eneide di Virgilio, I Sepolcri di Foscolo e La Divina Commedia di Dante.

E' a lui e alla sua inventiva, al modo di trasporre in versi la nostra identità che sarà appunto dedicato il nostro primo evento.

Girgenti si può considerare un poeta classico, per la sua cultura accademica, per la sua "compostezza", per l'uso del linguaggio come sussidio per esprimere se stesso e per farsi intendere da tutti i ceti sociali. I testi di Girgenti sono frutto di uno sforzo notevole nella ricerca dei termini, nella costruzione del periodo: la sua traduzione della Divina Commedia in Siciliano, ci fa vedere quanto la lingua Siciliana abbia contribuito all'enucleazione dell'Italiano.

Nel percorso di raccolta di informazioni sulla nostra identità l'incontro con Girgenti ci ha colpito, per questo abbiamo invitato alcuni ospiti che ci reciteranno passi delle sue traduzioni e delle sue Favole, è un piccolo omaggio e ringraziamo sin da ora gli artisti che hanno accettato di aderire e il comune di Bagheria che ci ospita nel Salone di Villa Cutò

Il Programma del 27 Febbraio Ore 17, Villa Cutò Bagheria

Lo Studioso Tommaso Romano ci introdurrà alla figura di Giovanni Girgenti
Maria Maggiore, Anna Maria Comparetto, Anna Maria Martorana e Rita Levantino del gruppo teatrale Le Matte del Villaggio reciteranno per noi alcuni brani tratti dalla traduzione della Divina Commedia e dell'Eneide in Siciliano, per la regia di Giusi Lo Piccolo
L'attrice Adriana Lo Cascio e il Poeta Antonino Lo Piparo ci leggeranno alcune poesie tratte dalle "Favole" di Girgenti


Cosa è Sistema Bagheria? http://www.hellobagheria.com/il-progetto.html
Chi ne fa parte?     http://www.hellobagheria.com/chi-siamo.html
Cosa Stiamo Facendo?    http://www.hellobagheria.com/blog/sistema-bagheria/item/67-il-nostro-lavoro-sui-luoghi-di-interesse-e-l-identita-di-bagheria-e-santa-flavia-il-censimento.html
 

Presentato ieri sera a palazzo Cutò, a Bagheria, in una sala gremita di gente, il romanzo di Giuseppe Schittino, La vita ha gli occhi di una tigre, pubblicato dall’autore, avvocato, nato a Lascari ma bagherese d’adozione, presso Cromografica Roma SRL per il gruppo editoriale l’Espresso.

Una saga familiare ambientata in una Sicilia dei primi decenni del secolo scorso, memoria familiare dell’autore, che si intreccia alla storia del tempo, fatta di guerra, assenze, violenza, emigrazione. A presentare il romanzo, Clementina Castrone, docente di Lettere della SMS Scianna, Mimmo Aiello, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo classico Scaduto di Bagheria e la preside dello stesso liceo, Giuseppina Muscato. La Castrone ha letto alcuni stralci dell’opera prima di Schittino, accompagnata dalle sapienti note di Sergio Carnevale al pianoforte, facendo rilevare la forza e l’efficacia, anche sintattica, di un romanzo in cui un’epopea familiare diviene memoria collettiva di una Sicilia offesa dalla guerra e dall’emigrazione.

Un lutto, la morte del piccolo Giovannino, ritratto nella foto di copertina, “strappato dal petto e dalle braccia della nonna”, segna l’inizio del romanzo. Seguono altre assenze: figli, mariti, fratelli che lasciano le proprie case per la chiamata alle armi durante il primo conflitto mondiale. Tanti di loro non torneranno, dilaniati dalle bombe, uccisi dai gas asfissianti o dalle malattie, altri varcheranno l’oceano in cerca di fortuna. E sulla storia, fatta di tante storie individuali, si è soffermata l’analisi di Mimmo Aiello che ha citato Leone Tolstoj e il suo capolavoro, Guerra e pace, in cui sono presenti profonde riflessioni dell’autore sul senso della storia e sul suo rapporto con la vita degli uomini.

alt“Tutti devono concorrere a scrivere la storia, se no la storia sarà fatta solo dai potenti” ha affermato Aiello, citando il grande autore russo e sottolineando come la storia della Sicilia del secolo scorso, sia stata, e purtroppo continua ancora ad essere, una storia di emigrazione e di assenza.

Ha concluso la Muscato che si è voluta soffermare sulla dedica iniziale del libro.

L’autore ha voluto, infatti, dedicare la sua opera prima alla sorella recentemente scomparsa, la cui vicenda umana è stata ricordata, con profonda partecipazione, dalla Muscato che ha messo in relazione il lutto iniziale del romanzo con quello che, in qualche modo, lo ha ispirato, in una concezione circolare della storia che sottolinea come, in fondo, nessuno sia mai veramente solo e che una singola presenza, o assenza, possa essere determinante per il destino di ognuno di noi.

Il libro, molto avvincente e scritto con grande cura, come solo certi avvocati, di recente, riescono a fare, si pensi a Carofiglio o a De Cataldo, è in distribuzione presso tutte le librerie Feltrinelli al costo di 15 euro.

Maria Luisa Florio

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