A Bagheria la devozione - particolarmente sentita - sottolinea i forti vincoli della tradizione che, sedimentandosi nel tempo, hanno costituito un complesso apparato simbolico.
E’ il fuoco, a vampa, il protagonista della sera del 18 Marzo, che segnano la festa di S. Giuseppe.
La presenza ri catasti ri ligna in occasione della ricorrenza del santo ricorda che al di là delle pur validissime interpretazioni antropologiche, la notte delle vampe è un momento di grande aggregazione, che vede gli adulti impegnati a tenere lontano dal fuoco i più piccoli, mentre la grande folla si riunisce per guardare affascinata la propria roba che brucia.
Questo rito, a Bagheria,si attribuisce ad un’origine remotissima; infatti il rito coincide con una data astronomica: l’equinozio di primavera. Con il fuoco si vuole scacciare il freddo e la magra stagione, salutando l’arrivo della primavera e la imminente stagione dell’abbondanza.
Che sia tempo di festa l’annunzia sin dalle prime ore della mattina l’arburata che non è un rituale antico ma attuale anche nei nostri giorni. Il rumoroso richiamo è prodotto all’alba, dallo scoppio di mortaretti e da alcuni botti finali che annunciano che è giorno di festa. Infatti per Bagheria, il 19 MARZO è giorno festivo, come vale per i santi patroni infatti c’ è lo ricorda anche la legge italiana.
Infatti tutte le attività commerciali, le scuole e gli uffici sono chiusi non per una semplice vacanza, ma affinchè tutti possiamo rivolgere il nostro sguardo verso questo santo che è il simbolo di padre di famiglia,protettore della chiesa universale e dei lavoratori.
San Giuseppe, uomo giusto, nato dalla stirpe di Davide, sposo della beata Vergine Maria, fece da padre a Gesù, ( padre putativo) e da falegname di Nazareth, provvide con il suo lavoro a procurare, nella santità della vita, beni di sussistenza per la Sacra Famiglia. Nella sua bottega iniziò il Figlio di Dio al lavoro tra gli uomini al punto che Gesù è conosciuto come «il figlio del falegname» (Mt 13,55).
La Chiesa con speciale onore lo venera come patrono, posto da Dio a custodia di ogni famiglia e dei lavoratori che lo venerano come esempio di dedizione. Il Vangelo definisce san Giuseppe «uomo giusto» (Mt 1,19 “padre putativo” che indica piuttosto i compiti di sicurezza, educazione umana e tutela svolti da chi seguì da vicino la crescita di Gesù.
E dopo aver descritto un po’ la figura di questo grandioso santo vorrei concludere con la realtà che vive oggi la nostra città, ponendomi una domanda:
Ma la nostra città ha bisogno di rinascere? Oppure dovrà rassegnarsi a percorrere fino in fondo il viale del tramonto?
Sono domande che non possiamo non porci, vedendo la condizione spirituale e materiale della nostra città. Esiste ormai una grave mancanza di riconoscimento delle pubbliche istituzioni, un grave deficit di identificazione del proprio vivere associato con esse. Esiste il rischio che venga messa in questione la pace sociale, frutto prezioso dell'amicizia civile, primo tessuto connettivo della società.
Sta prendendo dimora nella nostra città un diffuso malessere, sempre più pervasivo. Un malessere che fruttano violenze, prepotenze inammissibili. Il segno più evidente di questa città sempre più inquieta e disgregata è ancora – nonostante il lodevole impegno di molti – quel degrado che ne ha deturpato l'incomparabile bellezza, al di sotto dei limiti della decenza.
l modo sbagliato per "rinascere" sarebbe l'accusa reciproca o lo scarico di responsabilità. Queste terapie peggiorano il male, perché fanno crescere la divisione. Le rinascita della nostra città può aversi solo da una presa di coscienza profonda delle proprie responsabilità. Un vero e proprio esame di coscienza. Lo deve fare ognuno che abbia responsabilità pubbliche. E chiedersi semplicemente: "ma io, nel mio operato, metto veramente al primo posto il bene comune o qualcosa d'altro?"
E' vero che il modo di perseguire il bene comune è diverso a seconda delle responsabilità pubbliche di ciascuno. Tuttavia alcune esigenze sono affidate a tutti. Ne accenno due: La prima: perseguire il bene comune significa mettere i poveri al primo posto. Per i poveri intendo coloro che sono privi dei due beni umani fondamentali: il lavoro e la casa
La seconda: perseguire il bene comune significa tutelare e promuovere il luogo dove si impara l'alfabeto della comunità interpersonale, cioè la famiglia. Essa è la pietra angolare dell'edificio sociale. Non è con registri e leggi che si può sostituire questa funzione.
Questa città, ha tuttavia anche il dovere di ringraziare il Signore, e lodarlo per l'eroismo quotidiano di chi nonostante tutto non si stanca di agire bene, per il coraggio degli sposi che donano la vita, facendo un grande atto di speranza nel futuro, per la pazienza dei poveri, che vincono la tentazione di ricorrere alla violenza e per coloro che si mettono al loro servizio, diffondendo nella nostra città fraternità e solidarietà. Noi ti lodiamo, o Signore e per l ‘ intercessione del nostro patrono celeste S. Giuseppe per chi lungo i secoli ha reso grande nella giustizia, nella libertà, nella cultura e nella scienza la nostra città.
E per tutti coloro, che prendendo l ‘ esempio di questo grande santo, con l’ aiuto del Signore e con le nostre forze, avranno nel cuore il desiderio di farla risorgere.
ppuntamento quindi a Giovedi 19 Marzo 2015, solennità di S. Giuseppe, in cui dopo aver celebrato solennemente questa figura partecipando alle celebrazioni eucaristiche, ecco che il simulacro del santo alle ore 17;30 percorrerà alcune vie della nostra città, affinchè possa dal cielo benedire e proteggere, come sempre ha fatto e cosi lo farà nel futuro, questa sua città dandole bene, provvidenza, lavoro e infine illuminare i governanti di questa città affinchè faccino il loro dovere di governo per il bene comune