Di Matteo ai ragazzi: "liberarsi dalla mafia oggi è possibile"

Di Matteo ai ragazzi: "liberarsi dalla mafia oggi è possibile"

cronaca
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Anche stavolta il locale è inadeguato, e solo un centinaio sono i ragazzi che riescono a seguire in maniera attenta e partecipe, per due ore filate e senza scollarsi il sedere dalla sedia

neanche nell' intervallo del break mattutino, il lungo faccia a faccia con il magistrato Antonino Di Matteo

E’ la seconda volta che ci capita di partecipare a questo tipo di incontri e vogliamo cercare di estrapolare alcuni insegnamenti e alcune impressioni...

Dopo i versi di Michelangelo Balistreri, e la pelle d’oca che ci regala sempre Paolo Zarcone con la sua voce e la sua chitarra nel farci riascoltare la vecchia ballata, purtroppo sempre attuale, di Ignazio Buttitta "Contro la mafia", la prima cosa che ti colpisce è la schiettezza e l’immediatezza del linguaggio: domande brevi e dirette, senza i lunghi giri di parole e le circonlocuzioni delle tirate antimafie di facciata e perditempo, risposte chiare , semplici quasi una lezione.

Colpisce talvolta anche l’apparente ingenuità di qualche domanda (se la mafia si mimetizza come si fa a riconoscerla?) o la profondità di altre (quale è oggi il rapporto tra la mafia e la politica? ed è l’unica domanda che mette Di Matteo in difficoltà e lo costringe a gettare la palla in angolo).
E' la cosa sulla quale mi ritrovo a scervellarmi più spesso durante il giorno” - risponde d’istinto.

Una occasione che gli studenti sfruttano sino all’ultimo minuto, scrivendo tutto (sono almeno una decina quelli che prendono appunti), registrano tutto in audio e video, senza perdere neanche una parola di quanto viene detto: certo sono già ragazzi che hanno partecipato ai seminari sulla legalità, organizzati di concerto tra il Commissarito di P.S. di Bagheria nella figura dell'ispettore capo. Mimmo Barone e le docenti Mariceta Gandolfo del Liceo Classico di Bagheria, di Enza Giamporcaro dell’I.T.C. “L. Sturzo”, e di Valentina Mangiaforte del Liceo Scientifico D’Alessandro, e che parlano un buon italiano, disinvolti.

Da una parte quindi i ragazzi a chiedere, dall’altraparte del tavolo a rispondere  Di Matteo, Barone, Mariceta Gandolfo, il nuovo dirigente del Commissariato di Bagheria Luca Salvemini, ( una curiosità: il nonno era cugino primo del grande meridionalista Gaetano Salvemini) ed il preside del Liceo Classico Domenico Figà, nelle vesti di padrone di casa.

Abbiamo necessariamente selezionato solo alcune delle questioni affrontate.

"Mi viene chiesto spesso dai vostri coetanei – esordisce Di Matteo - su cosa possiate fare voi giovani per combattere la mafia.
Voi potete fare tanto, tantissimo.
A partire dalle scelte di studio e di lavoro che vi avvierete a fare nei prossimi anni.
Respingete la tentazione di ricorrere alla richiesta di favori o di raccomandazioni.
Oggi magari pensereste di avere risolto un problema, ma forse senza volerlo o anche senza saperlo, cominciate a far parte di quel piccolo sistema di piccole illegalità diffuse, nel quale poi nuota come un pesce nell’acqua la grande criminalità e in Sicilia la mafia, ed addirittura un giorno potreste essere chiamati a restituire, e con gli interessi, la cortesia."

La lotta contro la mafia e la paura

"Si, è vero- dice Di Matteo- una volta era una giustificazione che reggeva: trenta anni fa c’era una magistratura che assolveva per insufficienza di prove, una Chiesa colpevolmente silenziosa, una politica che si ostinava a chiudere gli occhi e ad eludere il problema. C’era motivo di aver paura, ed in qualche nodo l’antimafia era delegata a qualche partito politica a qualche coraggioso isolato.
Oggi non più: ci sono forze di polizia che arrestano mafiosi a decine, c’è una magistratura che commina sentenze esemplari, c’è una politica che sembra unita nel combattere cosa nostra anche con provvedimenti legislativi adeguati".

E le mele marce?

E’ terribile dovere indagare il collega o arrestare l’inquirente che lavora nella stanza accanto alla tua; ma la vera forza dello stato è questa, sapere individuare e punire le cosiddette “mele Marce”.
Anche se, e non dovete mai dimenticarlo, contro uno che tradisce, che ne sono almeno altri 100, o 1000 che fanno sacrifici inenarrabili per arrestare un latitante, per ricercare un indizio e una prova, per garantire la sicurezza di tutti noi.
E bisogna stare attenti, perché la mafia ha interesse a dire: “Sono tutti uguali” per farci perdere di credibilità. Per questo è giusto fare pulizia quando è necessario, ma non perdere mai di vista che i nemici veri non sono i giudici o i poliziotti.

La eccessiva esposizione mediatica dei magistrati .

Al magistrato, dice Di Matteo, abbiamo il diritto di chiedere serenità e indipendenza di giudizio, quando giudica qualunque imputato, sia esso un mafioso, sia esso un politico o un personaggio altolocato o un ladro di polli.
La garanzia della mia indipendenza non si misura sul fatto che io sto oggi con voi, e domani vado alla presentazione di un libro di un autore di destra o di sinistra.
La cosa che garantisce i cittadini è che il magistrato non abbia né frequentazioni, né peggio, commistioni di interessi con personaggi della politica e dell’economia chiacchierati.

E’ questa la garanzia di indipendenza che occorre richiedere ai magistrati e non se rilasciano una intervista.

I cittadini spettatori della “corrida” mafia contro magistrati?

No e poi no: lo diceva già Giovanni Falcone.

La lotta contro la mafia non può vedere noi cittadini e noi siciliani come semplici spettatori di una partita neutrali di un duello o di u una corrida, in attesa di vedere come va a finire: la lotta contro la mafia deve vederci protagonisti e partecipi, dalla parte della legalità e di chi la tutela.

La mafia vuole il silenzio.

Uno dei modi per combattere la mafia è parlarne, perché nel silenzio e nel disinteresse cosa nostra prospera.
Al nord e negli ambienti della politica che contano, sono purtroppo i fatti sanguinosi che scuotono la coscienza dell’opinione pubblica, a smuovere le acque.
Quando la mafia attua, come è stato on Provenzano, la politica della sommersione viene meno quel senso di allarme sociale. Ma quando la mafia non uccide, ricordatelo, vuol dire che è forte, ed è in grado di controllare e risolvere in maniera incruenta le problematiche interne ed esterne.

Ed infine il motivo più vero e profondo che ha spinto Di Matteo a venire a Bagheria.

Oggi dice a ragazzi e adulti, Bagheria e il suo territorio hanno una grande opportunità: tutti i grandi capimafia storici e i loro gregari sono, a decine, in galera, condannati o all’ergastolo o a durissime pene detentive.
Bagheria e tutti i paesi vicini hanno in mano la possibilità di annientare un potere criminale che ha provocato sottosviluppo e indicibili danni d’immagine; è arrivato il momento di rialzare la testa, di una vera e propria lotta di liberazione da cosa nostra: non perdete
- conclude Di Matteo - soprattutto voi ragazzi, questa opportunità di garantirvi un futuro migliore, senza mafia.

Per concludere, come siciliani e come cittadini di Bagheria un grazie lo dobbiamo a chi queste iniziative mette in campo e realizza, dagli insegnanti agli operatori della Polizia.

La discussione serrata cui abbiamo assistito, ha veramente consentito di fare un passo avanti a tanti ragazzi sul terreno della comprensione di un fenomeno criminale e sociale, che è la vera piaga della nostra terra.

Se iniziative come quella di ieri, anziché essere un fatto episodico e occasionale, divenissero continue e istituzionalizzate come l’insegnamento, che si faceva un tempo, dell’educazione civica, potremmo guardare al futuro prossimo con maggiore speranza.