Una riflessione su Bagheria - di Ezio Pagano

Una riflessione su Bagheria - di Ezio Pagano

cronaca
Typography

Per una volta vorrei giocare a bocce ferme e dire pane al pane e vino al vino. Ho detto vorrei...

Cinquantaquattromilaseicentonovantatre bagheresi vorrebbero una città normale, “appetibile” al turismo internazionale. Certo, non ho tenuto conto di una dozzina che la preferiscono così.
So che la soluzione non mi spetta perche è esclusivo appannaggio del Sindaco.

Quando nel 1968 come ci ricorda il disegno di copertina, iniziai l’attività galleristica, l’intenzione era di dare un apporto al mio meraviglioso paese; come vent’anni dopo sia iniziato il suo declino, inesorabilmente andato avanti sino ad oggi, è storia ancora tutta da scrivere, ma è un dato di fatto.
La leggerezza con la quale tratto questi argomenti qualche volta può trarre in inganno il lettore sulla gravità dei fatti; spero che non succeda questa volta, dato che si tratta del futuro di Bagheria ed è molto importante, non solo per me, ma per coloro che l’amministrano, per quanti la criticano e per i molti che stanno a guardare dalla finestra, insomma, per tutti! Per questo vorrei dire pane al pane e vino al vino quel che penso di Bagheria e dei bagheresi, poi però so di dare fastidio a molti e mi comporto da codardo. Così, giorno dopo giorno la situazione degrada e Bagheria sprofonda nel baratro. Ed è quello che è avvenuto. Infatti, sono ormai lontani i tempi di quando Bagheria veniva decantata da Goethe, o girava il mondo attraverso l’immagine dell’”arco azzurro” per promuovere i “Baci Perugina”, o ancora, l’Hotel Kafara che pubblicizzava la costa di Mongerbino con lo slogan “Un angolo di Paradiso”. Pensate che ancora oggi c’è un tratto di costa che viene indicato “nnè francisi” per avere ospitato il “Club Méditerranée”, che a quelli con più di dieci lustri sul groppone ricorda: spensieratezza, trasgressione, gioia di vivere; insomma, i bei tempi che furono. Ad ogni modo, nel bagherese è sempre presente l’amore per la propria terra, come testimoniano Giuseppe Tornatore e Maria Varsellona, che dopo aver fatto fortuna altrove si son fatti il loro rifugio qui, a Bagheria.
E’ proprio per l’amore verso la madre terra che continuo a insistere indicando la “strada maestra” per la rinascita di Bagheria, ovvero quella di cui sono ostinatamente convinto, in quanto può trainare tutti gli altri settori dell’economia cittadina: mi riferisco al turismo culturale!
A questo punto mi rivolgo al Signor Sindaco per dirgli: non serve qualche aggiustamento, è necessario trovare misure alternative, radicali, per rilanciare il settore della cultura.
Sindaco, converrà con me che un assessorato alla cultura “raccatta palle” non serve. Qui si tratta di progettare un futuro nuovo per la città, per far questo è necessario investire su un grande manager del turismo culturale, magari attraverso un bando internazionale, per dare linfa all’agonizzante museo Guttuso, all’architettura barocca, allo storico teatro comunale, ai siti naturalistici e archeologici e ai beni culturali in genere, attraverso una strategia di marketing che metta in rete tutto e garantisca quello standard di qualità necessario per inserire la “Città delle ville” nelle prestigiose guide internazionali. Inoltre, come sostiene il professor Franco Lo Piparo, “Bagheria non deve essere solo luogo di turismo culturale ma potrebbe diventare anche luogo di produzione di alta cultura. A tale fine bisognerebbe sapere coltivare relazioni internazionali e, stranamente oltre che paradossalmente, a Bagheria ci sono le risorse umane per intraprendere un progetto così ambizioso”.
Solo in questo modo Bagheria potrà tornare ad essere una città appetibile, come Taormina, Cefalù, Noto, Piazza Armerina, Agrigento, Monreale e ovviamente Palermo e Catania.