Grande Mandamento: regge in appello l'impianto dell' accusa

Grande Mandamento: regge in appello l'impianto dell' accusa

cronaca
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In una Palermo deserta e distratta dal Festino, viene emessa, dopo sei ore di camera di consiglio, la sentenza del processo di appello per gli imputati, arrestati in seguito all'operazione che fu definita del "Grande Mandamento", che si svolse nei primi mesi del 2005, e che decimò in larga parte le coperture di Bernardo Provenzano nel territorio di Bagheria, costringendolo poi al "buen retiro" di Montagna dei Cavalli, dove nell' Aprile del 2006 venne catturato.
Condanne in larga parte confermate, il che vuol dire che l'impianto accusatorio ha retto a ben due gradi di giudizio.
Restano in carcere, anche se con pena ridotta, il gruppo di villabatesi che organizzò e gestìì il famoso viaggio di Provenzano in Francia, per consentire l'intervento medico alla prostata.
Nicola Mandalà, organizzatore del viaggio, e figlio del boss Nino, è stato condannato a 9 anni e 8 mesi; Ignazio Fontana, ha avuto confermata la pena di 10 anni, e Salvatore Troia che mise a disposizione la sua carta di identità, ha visto la sua pena ridotta a 5 anni e 8 mesi.

Per quanto riguarda il gruppo di bagheresi: Onofrio Morreale vede la sua condanna ridotta da 18 a 14 anni; per Giuseppe Di Fiore nella cui abitazione fu trovato il libro mastro delle estorsioni, sostanziosa riduzione di pena, da 14 a 8 anni e 4 mesi, per il venir meno di alcune aggravanti; per Emanuele Lentini, titolare del bar "Toscanini", pena ridotta a 4 anni e 8 mesi; pene confermate per Francesco Eucaliptus, 1 anno e 4 mesi, e per Carmelo Bartolone 7 anni e 6 mesi.
Per i casteldaccesi Giuseppe Pinello pena ridotta a 10 anni; 7 anni e 8 mesi per Giuseppe Virruso (classe '38), mentre Giuseppe Virruso (classe '48), che ha avuto derubricate le accuse (da associazione mafiosa a favoreggiamento) condanna a 3 anni, che essendo già stata scontata, ne ha reso ieri stesso possibile la scarcerazione.
Assolti i commercianti Francesco Orlando e Salvatore Mineo, per non aver commesso il fatto oltre a Vincenzo Di Salvo e Antonio Ignazio La Barbera, che essendo ancora detenuti, sono stati immediatamente rilasciati.