Una favola civile: i cento passi di un uomo coraggioso - di Daniele Galli

Una favola civile: i cento passi di un uomo coraggioso - di Daniele Galli

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Questa è una storia bella, perché è una storia di forza. È una favola civile, sono i cento passi di uomo coraggioso. Si chiama Gianluca Maria Calì, è un imprenditore palermitano, non si è piegato al racket, si è ribellato alle intimidazioni della mafia. Fino a qualche giorno fa occupava principalmente le pagine dei quotidiani siciliani, citato come esempio, come modello del vivere quotidiano.

A farlo conoscere nella Capitale ha provveduto "Rete Sport".

Il suo direttore Daniele Lo Monaco lo ha intervistato giovedì scorso. La Roma ha ascoltato, discusso e deciso: ha accolto Calì nel ritiro palermitano. Ha ricevuto una maglia di Totti, direttamente dalle mani del calciatore della Roma, che su cose come queste è sempre estremamente sensibile. È un gesto minimo di per sè, ma fortissimo per la carica che cela: la Roma è con lui, la Roma non lo lascia solo. I romanisti sono così.

Questa è una storia bella perché è una storia di ritorni, di sfide all’incontrario, è il racconto di un uomo che l’America l’aveva trovata a Milano, ma poi non ha resistito al richiamo del sole di Mondello, del calore di mamma Sicilia, di quell’incrocio tra terra e mare. «Nel 2001, quando avevo ventotto anni - ha ricordato Calì a Rete Sport - mi sono trasferito nel milanese partendo con una valigia di cartone e grandi speranze.

Amavo le macchine e sono andato a lavorare in un concessionario.

Dopo 10 anni di gavetta il proprietario dell’azienda ha creduto in me e mi ha dato l’opportunità di aprire una sede in Sicilia. Per fortuna le cose hanno preso a funzionare alla grande e in poco tempo abbiamo raggiunto un fatturato di 24 milioni di euro dando lavoro a oltre 20 persone.

Questo ha dato la possibilità a molte famiglie di lavorare nella loro terra. Purtroppo nella notte tra il 3 e il 4 aprile 2011 fui svegliato da un vicino che mi annunciò che stavano bruciando le autovetture del mio salone».

Non si ritiene un cavaliere errante, di sé dice: «Non sono un eroe né una persona eccezionale, dobbiamo cercare anche grazie a internet di fare la voce grossa con questi quattro malviventi».

La via più breve ce l’aveva sotto mano. Una prenotazione on line, un taxi per Punta Raisi, l’aereo per Milano. Ma un ritorno all’andata sarebbe stato improponibile. Sarebbe stata una resa.
 

«La via più breve, semplice e comoda è prendere la mia valigia e tornare a Milano. Solo che l’attaccamento per questa terra è forte ed il senso civico sta iniziando a prevalere anche grazie a gesti normali come il mio. Io - ha spiegato - ho solo bisogno di essere considerato una persona normale e quello che faccio è quello che deve essere fatto da chiunque si trovi nelle mie condizioni. Continuo a dire che ho bisogno dell’aiuto di tutti e chiedo di non lasciarmi da solo perché in questo modo divento un bersaglio facile per questa gente. La cosa che mi dà forza e coraggio è guardare negli occhi i miei figli e sapere che loro sono fieri di me, voglio guardarmi allo specchio e vedere una persona che non ha nulla da rimproverarsi o che deve fuggire ma che è felice di fare una vita normale. Vorrei essere un papà affettuoso e non un nome di una via per i miei figli».


Non solo la Roma. Anche la politica gli sta facendo sentire il suo affetto. Gesti veri, non di polistirolo, roba finta per generazioni allevate nella vita virtuale. Antonio Ingroia, ora leader di Rivoluzione Civile ma per molti anni pm di Palermo e nemico giurato di Cosa Nostra, ha definito quella della Roma «una bella iniziativa».

È «un gesto di forte valore simbolico ha proseguito Ingroia - che mi auguro non resti isolato. Le mafie hanno messo a Roma profonde radici e muovono alla conquista dell’economia ed è perciò necessario un impegno straordinario della politica che finora è mancato. Chiedo a Ignazio Marino, la cui candidatura alle primarie per il sindaco di Roma ho già apprezzato, di porre la questione della legalità tra le sue priorità e di fare sua la nostra proposta di istituire una Commissione Consiliare Antimafia».

E la risposta di Ignazio Marino non si è fatta attendere: «La faremo, coinvolgendo tutte le forze politiche del Consiglio comunale di Roma che vorranno aderire. Milano e Torino - ha aggiunto Marino - si sono già dotate di organismi come quello proposto da Ingroia e a Roma deve vincere la cultura della legalità, a partire dall’azione amministrativa. La lotta alle mafie, la promozione della legalità e della cittadinanza attiva non la faremo da soli. Chiederemo alla straordinaria rete associativa della città, al mondo del lavoro, all’Università e agli operatori del settore di unirsi a noi per liberarci dal malaffare, per una Roma Capitale della legalità».

Paulo Coelho scriveva che «quello che non appartiene alla lotta è restare paralizzati dalla paura».

Ecco, Gianluca Maria Calì di paura non ne ha, i suoi cento passi li ha già compiuti. Era da solo. Adesso ha anche la Roma accanto

Gianluca Maria Cali'