Presentato a Bagheria “C’era una volta l'intercettazione”, libro di Antonio Ingroia, procuratore aggiunto del Tribunale di Palermo e già stretto collaboratore di Paolo Borsellino, che affronta la delicata materia delle intercettazioni telefoniche e ambientali,
oggetto di provvedimenti di modifica all’esame del Parlamento.
L’iniziativa si è svolta Giovedì 7 gennaio alle ore 18.00 al Teatro Branciforti in Via del Teatro, a cura dell'Associazione antiracket e antiusura del territorio bagherese con la collaborazione dell'associazione "Controscena".
L’incontro è stato coordinato da Pippo Cipriani, presidente dell’associazione Antiracket e Antiusura del comprensorio bagherese
Sono intervenuti, oltre all'autore, Roberto Sardina, vicepresidente dell’associazione ‘Controscena’, Nino Caleca, avvocato del Foro di Palermo e Gioacchino Genchi, vicequestore ed esperto informatico.
L’incontro è stato presenziato anche dal sindaco di Bagheria, Biagio Sciortino, il quale ha rilevato che “il sistema delle intercettazioni é stato fin’ora determinante per mettere in crisi il sistema mafioso e che la politica dovrà fare un’attenta riflessione”
“Sostegno ai magistrati in un momento di forte esposizione” è stato espresso da Pippo Cipriani, che ha puntualizzato i passaggi centrali della legge passibili di modifiche sostanziali. In particolare è stato posto l’accento su uno dei presupposti alla base delle intercettazioni, quello dei “gravi indizi di reato” che con la modifica di legge verrebbe trasformato in “gravi indizi di colpevolezza”.
“Il libro di Ingroia è scritto con linguaggio accessibile è rivolto a tutti – ha affermato l’avvocato Nino Caleca - non è un libro solo per addetti ai lavori, non è destinato ai giuristi e non si perde dietro a questioni tecniche, ma soprattutto ha il merito di farci capire a che punto è la storia della Democrazia nel nostro Paese, perché ciò che è veramente in gioco oggi è la possibilità di avere garantito il legittimo controllo di legalità sull’azione della politica.
Non è un caso,infatti, – ha continuato Caleca - che la questione della modifica al sistema delle intercettazioni si sia posta in Italia proprio quando la magistratura ha “preteso” di controllare la classe politica".
Si era cominciato con l’abolire il reato d’abuso d’ufficio e ora non restava che completare l’opera, colpendo lo strumento d’indagine che più di altri, peraltro, può aiutare a scoprire i reati di concorso in associazione mafiosa”.
L’incontro ha anche affrontato le questioni maggiormente sollevate contro l’attuale sistema delle intercettazioni, dalla tutela della privacy ai costi dello strumento d’indagine.
”Quello della privacy è un falso problema – ha ribadito Caleca - l’uso di segmenti di intercettazioni non è mai bastato a motivare le sentenze”
“Quanto ai costi, nulla vieterebbe allo Stato di decidere di avvalersi gratuitamente delle intercettazioni – ha aggiunto il vice questore ed esperto informatico Gioacchino Genchi: si paga forse una banca per l’emissione di un estratto conto?”
Si è parlato poi dei dati del Ministero di Giustizia sul presunto eccesso d’intercettazioni nel nostro Paese: “occorre sapere – ha precisato Genchi – che sono necessari molti decreti per intercettare anche un solo indagato e che ogni volta che questi cambia scheda telefonica anche su uno stesso telefonino, ci vuole una nuova autorizzazione. Ciò significa che non è il numero delle intercettazioni ad essere eccessivo, ma che è il sistema ad essere troppo complicato e farraginoso ”
Di “falsità” al riguardo ha poi parlato espressamente e senza mezzi termini il procuratore Antonio Ingroia: “se occorrono 100 decreti per intercettare una persona non si può dire che sono state fatte 100 intercettazioni”.
Ingroia ha quindi affrontato la questione delle indagini di mafia: “l’affermazione secondo la quale i procedimenti contro la mafia non sarebbero inficiati dalla modifica è falsa e insidiosa – ha detto il procuratore - – ed è una delle tante bufale che mi ha spinto a scrivere questo libro”.
Nel merito Ingroia ha precisato che “se è vero che il presupposto dei “gravi indizi di colpevolezza” non verrebbe applicato in caso di indagini di mafia, è altrettanto vero che quasi mai le indagini nascono fin dall’inizio con il “bollo” del “reato di mafia. Il più delle volte, infatti, si scopre solo dopo e casualmente che dietro a ciò su cui s’indaga c’è la mafia, mentre dal nuovo sistema delle intercettazioni resterebbero comunque fuori figure come finanzieri e colletti bianchi”.
“Al di là di tutto – ha poi precisato l’autore di “C’era una volta l’intercettazione” – c’è un’esigenza più profonda che mi ha spinto a scrivere questo libro ed è la forte indignazione per lo stato comatoso dell’informazione, per il dilagare della disinformazione, per il livello preoccupante dell’uso della menzogna nel dibattito politico odierno, per la sempre più spiccata tendenza a buttare tutto in rissa, trasformando i fatti in opinioni".
"Nel nostro Paese, si è rapidamente passati dall’omissione della verità alla diffusione delle menzogne ed è in questo senso che ho già avuto modo di affermare che si va verso la soluzione finale dello Stato di diritto".
La menzogna, in politica – è vero – non è una novità, ma un tale livello di divaricazione tra il vero e il falso è davvero intollerabile.
"Ed è per dare conto della verità, - ha concluso Ingroia – che una parte del libro è anche dedicata alla storia delle intercettazioni, senza le quali forse non sarebbero stati assicurati alla Giustizia responsabili di reati gravissimi come gli esecutori della strage di Capaci.”