Annus horribilis: produzione e impianti a rischio siccità- di Vincenzo Lo Meo

Annus horribilis: produzione e impianti a rischio siccità- di Vincenzo Lo Meo

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Nessuno a memoria d’uomo ricordava un’annata così drammaticamente sfavorevole e, probabilmente, nessuno mai la dimenticherà.

Dopo la crisi di mercato che ha costretto a raccogliere sino a 15 centesimi il chilo, quando il costo di produzione oscilla da 42 a 47 centesimi il chilo, tanto che in alcuni casi si è rinunciati persino a raccogliere i limoni invernali, e dopo un esordio non entusiasmante della produzione estiva con i bianchetti a 50 centesimi, la siccità e la mancanza di acqua stanno mettendo a rischio l’intera produzione estiva di quest’anno e quella dell’intera prossima annata.
Il mercato già di per sé, in questa triste estate, non promette bene, essendo già arrivata la produzione d’oltre mare del Sud Africa e quella, prossima, dell’Argentina.
Per la prima volta, poi, da quando nel 1926 arrivò l’acqua dal lago di Piana degli Albanesi, la mancanza di acqua di questa estate, della quale ancora si aspetta il gran caldo, non consente di irrigare gli impianti mettendo a serio rischio la sopravvivenza delle piante, oltre a causare la perdita della produzione.
L’indisponibilità dell’acqua non sta consentendo, infatti, di raccogliere i bianchetti, sta determinando una eccessiva cascola dei frutticini allegati in questa primavera e, perdurando, comprometterà la capacità produttiva futura sino a far drammaticamente morire le piante nelle contrade con suoli prevalentemente sabbiosi o dove non sono disponibili risorse idriche alternative. Ed è ciò che sta veramente avvenendo in alcune contrade, quali Spuches, Parisi, Aspra, Cefalà, Chiarandà, Bellacera, Santa Marina, Ranteria,
L’acqua proveniente dalla diga Rosamarina sul fiume San Leonardo, entrata in esercizio dal 2006, e che negli ultimi anni ha sostituito quella del lago di Piana degli Albanesi, acqua distribuita in parte dal Consorzio irriguo 2 Palermo e in parte dal quel che resta del Consorzio idro-agricolo di Bagheria, è stata tutta deviata per le esigenze della città di Palermo e nessuna fornitura è stata riservata per le campagne della fascia costiera del Palermitano, da Bonfornello a Palermo.
Si è messo così in moto, purtroppo tardivamente, il tentativo di riattivare pozzi che attingono alle falde freatiche e che erano stati abbandonati da oltre vent’anni “calando” ivi nuove pompe, portando di nuovo l’energia dove era stata dismessa, predisponendo nuove tubazioni aeree e opportune derivazioni, immettendo l’acqua nelle rete delle saie a cielo aperto, rete anch’essa ormai in notevole degrado, il tutto allo scopo di assicurare qualche irrigazione di soccorso e salvare gli impianti, frutto di sacrifici di intere generazioni.
I pozzi esistenti e in esercizio, presenti soprattutto al sotto della ferrovia, (ed alcuni scavati in “fretta” per l’occasione), oltre ad una significativa diminuzione della portata, causa maggiore emungimento, sono, poi, a rischio di salinizzazione: l’abbassamento della falda comporta un concreto rischio di intrusione delle acque marine con ulteriore compromissione del già delicato equilibrio che ha ripercussione sulla loro qualità ai fini irrigui.
Non piovendo e non arrivando acqua, si prospetta una situazione mai vissuta con drammatiche ripercussioni sulla già fragile economia agricola della fascia costiera: nell’immediato per maggiori costi di gestione da affrontare al fine di assicurarsi disponibilità idriche “alternative”, in prospettiva per la perdita degli impianti.
Che fare allora? Non si può certo risolvere in poche settimane una situazione strutturale che si sarebbe dovuta affrontare per tempo con scelte e investimenti dedicati e che coinvolgono il livello di governo sovraccomunale.
Tuttavia, in ambito locale, oltre a mirati (e contenuti) investimenti per ottimizzare la distribuzione, non essendo più ipotizzabile, anche per l’abbandono di molti fondi, l’uso delle vecchie saie, si deve mettere in cantiere e riprendere da subito, almeno, il percorso della utilizzazione delle acque reflue depurate, ben idonee all’irrigazione delle (sole) colture arboree, non potendoci più permettere di sprecare tale risorsa.
Il resto è di competenza della Regione, ma intanto chi amministra faccia la propria parte.

Bagheria 5 luglio 2024

Vincenzo Lo Meo