Ho seguito anche via on line - più o meno incuriosito – il dibattito che per un po’ di tempo sembrava essersi dapprima scatenato, poi sgonfiato - infine (quando di nuovo pareva ritrovare sussulti e vigore) afflosciato quasi definitivamente, sul destino del nostro tanto decantato “stratuneddu”.
Senza eccessiva fatica - fin d’ora - non escludiamo che la questione potrebbe alla fine veder prevalere qualcuna delle innumerevoli variazioni e sotto-variazioni (leggasi mediazioni e sotto-mediazioni) alle due più radicali opzioni di base, trattandosi invero di una di quelle “problematiche” prioritariamente vissute (da chi dovrà pur decidere…) come una questione più che altro di opportunità politica prima ancora che ambientale, di crescita civile e di lungimirante nuova visione della mobilità urbana di questa città.
Tralasciando i contesti culturali all’interno dei quali trovano luogo le variegate opinioni pro o contro la chiusura al traffico privato del corso, mi preme dapprima qui soffermarmi su alcune semplificazioni tipiche del mondo mass mediologico (soprattutto locale) scaturite dalle considerazioni espresse in un recente passato da rappresentanti di categoria ed esponenti delle istituzioni lette in maniera sparsa sui nostri media stracittadini.
Gli interventi ufficiali di Italo Fragale e di Aurelio D’Amico (rappresentanti – uno, dei commercianti e l’altro dei consumatori), dei consiglieri Aiello, Cangelosi (PDL) e Vigilia – anche se espresse in tempi diversi – allo stato dei fatti convergono all’unisono su un'unica possibile soluzione: ri-apertura totale al traffico.
Gli interventi ufficiali di Biagio Sciortino e Daniele Vella (rispettivamente Sindaco e Presidente del Consiglio comunale) anche esse espresse in tempi diversi così come quelle del consigliere comunale del PD Enzo Gulli, da un lato auspicano l'altra soluzione: chiudere al traffico cioè, ma subito precisano: solo nel caso in cui – però - ciò sia suffragato (leggasi firmato con il sangue!) dalle risultanze dell’analisi sull’intera mobilità urbana (di cui al Piano Urbano del Traffico) che il Prof. Ing. Giovanni Tesoriere (preside della facoltà di Ingegneria all’Università Kore di Enna) formulerà alla Città quanto prima e – cosa non da poco – che tale operazione (...uhm!) non comporti neppure la…“perdita di un solo posto di lavoro”.
Da questa estrema semplificazione – in tal modo riportata - potrebbe a noi lettori erroneamente sembrare che “tutti” i commercianti del corso convergerebbero sulla soluzione agognata da Fragale così come “tutti” i consumatori rappresentati dall’avvocato D’Amico.
Ma ben sappiamo che così non è: anzi! Molti dei commercianti, infatti, durante la forzata chiusura del corso per lo svolgimento dei lavori, hanno cambiato diametralmente opinione cominciando a vedere di buon occhio uno “stratuneddu” integralmente pedonale. Allo stesso modo in cui l’opinione/desiderio del Sindaco e del Presidente del Consiglio sappiamo bene che non rispecchia affatto quella della totalità dei componenti della giunta e – meno che meno – del consesso consiliare.
Questo significa allora che ad oggi tutto sembrerebbe ancora possibile? Che il destino del nostro corso: pedonalizzato o carrabile, sembrerebbe essere ancora tutto da decidere? No…cari amici. Niente affatto. Tutto lascia invece intendere che i “giochi” siano stati già fatti da diverso tempo e che questo tran tran porti dritto dritto ad una unica soluzione finale: aprire al traffico Corso Umberto I e liberi tutti…
A noi non resta forse che tentare di congetturare le prime previsioni: volete vedere che dapprima si darà spazio a tentativi di soluzioni cosiddette “laboratorio” (del tipo: apertura a “fasce orarie”, “a giorni alterni”…solo venerdì, sabato e domenica, etc…) che - non volendo scontentare nessuno - finiranno con lo scontentare tutti, con l’aggiuntivo risultato di produrre l’effetto di “imbastardire” ulteriormente i piccoli e grandi vizi (uso dell’auto privata anche per fare cinquanta metri lineari!!) saldamente radicati in noi tutti? Per poi – con non chalance – approdare, “ultima ratio”, alla soluzione delle soluzioni: traffico aperto sine die. Infatti, se andiamo un po’ a ritroso nel tempo e - ad esempio - ripartiamo dall’ottobre di due anni addietro, sono diverse le cose che non tornano.
O meglio, che sembrano segnare (come le molliche lasciate cadere da Pollicino) in maniera più o meno esplicita un certo percorso con un solo obiettivo finale. Con un documento bipartisan firmato dai capi gruppo consiliari dell’epoca (forse uno dei primi atti del neo Consiglio comunale) infatti, venne ratificato – in un certo modo – il futuro “carrabile” del Corso pretendendo l’allargamento della carreggiata da cinque metri (oh…oh…c’è chi dice fossero quattro metri e cinquanta)…a sette metri e cinquanta, oltre ad altre “indicazioni” progettuali - diciamo così - somministrate ope legis, in barba ad un progetto originario (presumibilmente scaturito da un documento preliminare alla progettazione, ma anche questo non è detto) munito di tutti i nulla osta: quindi cantierabile. Un progetto originario (di livello esecutivo) che venne - per così dire - “emendato” dal Consiglio comunale e su quelle nuove indicazioni conseguentemente adeguato (doppio sigh!).
Con questo intervento del Consiglio Comunale, in verità alquanto inconsueto, si proclamò fin da allora che lungo corso Umberto I si ricreassero tutte (ma proprio tutte) le condizioni sia per far riprendere a scorrazzare fila di automobili, lambrette a tre ruote, camion, motorette e - cosa non trascurabile - per consentire che gli stessi mezzi possano parcheggiarvi. L’irreversibile destino “carrabile” del “Nuovo Corso Umberto Primo”, sembra dunque essere segnato già da tempo. Fin da quel tempo. Uno a zero e…palla a centro.
Avviene però che da un po’ di mesi un gruppo di persone al di fuori di qualsivoglia “appartenenza” politica o di interessi specifici sulla questione, abbia iniziato - in sordina – (ed ancora testardamente continua) una raccolta di firme tra i concittadini bagheresi da consegnare prima di Natale al Sindaco ed al Presidente del Consiglio comunale a favore di una unica opzione possibile: pedonalizzare! il Corso, a suffragio della quale vale la pena spendere tre brevi e sintetiche considerazioni.
1) il corso “chiuso al traffico” è sicuramente una potenziale risorsa economica per la Città tutta ma – soprattutto – proprio per le attività commerciali che vi prospettano. Risorsa economica ancora inesplorata, che andrebbe tempestivamente studiata, poi proposta all’ente locale ed infine messa in opera con grande coraggio. Uno straordinario potenziale acceleratore e moltiplicatore di vendite (e non é certo lo scrivente a dirlo, bensì una statistica nazionale che vede “verificate” decine e decine di isole pedonali in tutta la penisola).
Un’area pedonale così grande, così confortevole ed attrezzata di variegati esercizi commerciali, di vestigia barocche come Corso Umberto I (non esiste nell’intero territorio della provincia di Palermo) che prossimamente sarà “sugli schermi cinematografici” di tutto il mondo, potrebbe in breve diventare una “calamita” capace di attrarre clienti “esterni” (per lo meno) da tutta la provincia. E i commercianti del Corso cosa dicono intanto in merito? O meglio, cosa fanno? Nulla.
Aspettano…Mentre avrebbero in realtà dovuto già sposare in pieno la “pedonalizzazione”, cominciando subito a costituire concretamente e seriamente un Comitato Corso Umberto forte di cinquanta, sessanta, settanta adesioni; ideare un marchio, sfruttarne le enormi potenzialità e promuovere in mille e più modi il loro… “luogo” di lavoro. E cavalcare l’onda trainante (lunghissima) di “Baaria” di Tornatore che già tra pochi mesi farà conoscere Bagheria e u’ stratuneddu in ogni dove: cosa si aspetta ancora?
2) il corso “chiuso al traffico” sarà sicuramente candidato a diventare lo spazio pubblico urbano più importante ed affascinante della nostra Città. L’unico spazio dove le relazioni tra cittadini possono tornare finalmente a riassumere quelle connotazioni basilari proprie di una comunità (come quella bagherese) che ha grande necessità di ri-trovarsi in quanto tale. L’immensa importanza di natura sociale ed ambientale di uno spazio urbano reso pedonale (come Corso Umberto appunto) quale struttura pubblica di relazione tra individui universalmente riconosciuta: ecco, solamente il più cieco degli amministratori non potrebbe riconoscerne la imprescindibile necessità – direi - ormai voluta persino dalla storia.
3) il corso “chiuso al traffico” è un grande segnale di crescita civile, di crescita sociale e di crescita economica per l’intera Città. Ma, soprattutto, una irripetibile occasione di miglioramento della mobilità urbana nel cuore della nostra città per cominciare ad incidere profondamente sui nostri modi di viverla quotidianamente, per mettere in atto la quale potrebbero forse intanto bastare piccoli e decisivi accorgimenti alla viabilità ed alle nostre fin troppo pigre abitudini. Qui di seguito se ne elencano alcune a beneficio di chi - alla fine – dovrà tirare le somme…e decidere:
a) aprire ai distributori merci l’accesso al corso dalle 7.00 alle 8.00; b) invertire il senso unico di marcia sia di via Quattrociocchi e sia di via Roccaforte; c) creare il doppio senso di marcia per il tratto di Corso Butera da via Libertà a via Dante; d) censire e consentire il parcheggio “solo” ai residenti delle arterie a monte del Corso Umberto (via Truden, etc.) e agli stessi di corso Umberto; e) dare incentivi ai dipendenti comunali (di Palazzo Ugdulena e Piazza Indipendenza) affinché si rechino in ufficio con mezzo pubblico, in bici o a piedi; f) iniziare a promuovere tra i dipendenti di banche, di uffici postali, di negozi e di luoghi di lavoro più in generale, insistenti nel Centro Storico, l’uso delle biciclette elettriche e a pedali.
Sforziamoci insomma di pensare ad una Città proiettata tra venti, trenta anni. L’intero centro storico de-congestionato dalle auto private (con accesso solo ai residenti) ed un uso crescente (perché frutto di una costante opera di promozione che l’Amministrazione dovrebbe iniziare con tutte le proprie forze, sin da adesso, a mettere in atto) delle bici elettriche ed a pedale, così come di piccoli bus pubblici (da otto – dodici persone). Perchè Pedonalizzare! è un diritto di questa comunità.
Speriamo sia inteso come un giusto dovere dalla nostra classe politica.