Vi ricordate le storie di Giufà? In una delle vicende, tramandate dapprima oralmente e poi messe per iscritto dallo storico-antropologo Giuseppe Pitrè, il simpatico ragazzino siciliano si trova alle prese con una porta:
Qualcuno dice che Giufà non sia mai morto e che se ne stia ancora da qualche parte con la sua grottesca simpatia talvolta devastante. E chi lo sa che magari Giufà, con tutta la porta, da un po’ di tempo si sia trasferito a Bagheria? E se non è lui, sarà qualcuno con i suoi metodi (ma molto meno ingenuo e spontaneo) che sta agendo.
Giufà si è limitato a sradicare una porta ma tutti i suoi discendenti stanno spiantando pezzo dopo pezzo la memoria storica da questa terra. Ha fatto bene Peppuccio Tornatore a ricostruire la Bagheria di un tempo in Tunisia perché almeno, guardando il suo film, anche fra dieci o vent’anni, riusciremo a riconoscere qualcosa di familiare. E siccome è giusto fare certe affermazioni solo dopo una attenta disanima dei fatti, è da questi che vogliamo partire per raccontarvi la Bagheria che non c’è più.
La riqualificazione urbana, vera priorità (se così non fosse non si spiegherebbe la città ridotta a cantiere aperto) procede a grandi passi, dritta come un treno, anzi sarebbe più appropriato dire, come una ruspa. Ed ecco alcuni esempi di quanto è stato fatto:
Piazzetta Butera. Negli anni settanta gli abitanti della zona avevano protestato per riuscire a preservare questa piazza, impedendo che un noto imprenditore vi allocasse una sorta di capannone industriale. Poi con gli anni è divenuto un luogo degradato e quasi sempre pieno di spazzatura. L’amministrazione comunale qualche anno fa, opportunamente, ha deciso di intraprendere i lavori perché era giunto veramente il tempo di riqualificare: al cemento si è sostituito altro cemento. Certo, hanno anche fatto lo sforzo di appianare qualcosa ed elevare qualcos’altro. Ma se la piazza prima era un piccolo polmone similverde, adesso è una colata di cemento, in cui la maggior parte degli alberi che erano presenti sono stati eliminati. Forse di tutti se ne saranno salvati un paio, ma è meglio non spargere la voce, non vorremo che qualcuno ci ripensasse.
Cosa altro è cambiato? La piazza prima era illuminata e adesso è al buio. Davanti vi erano i bidoni di spazzatura, ora vi è solo l’immondizia perchè i contenitori li hanno portati via da tempo. Prima della strombazzata riqualificazione si poteva accedere a questo spazio, seppur malconcio, e i bambini vi giocavano a calcio o vi passeggiavano con la bici, gli anziani si sedevano sotto gli alberi per la consueta chiacchierata fra amici e spesso gruppi di fedeli si riunivano li in preghiera. E adesso? La piazza è chiusa.
Dalla fine dei lavori, quindi (secondo quanto riferito dagli abitanti della zona) ormai da oltre un anno, non è mai stata aperta al pubblico. La gente può solo guardarla, di giorno ovviamente, perché di sera è buio pesto. E lo scenario è sempre più desolante. I più temerari, soprattutto i ragazzini, sfidano la sorte e scavalcano, col rischio di farsi molto male, per riappropriarsi del diritto di andare a giocare dentro la villa.
Anche a Palazzo Butera sono in atto importanti e significativi lavori. E qualche albero, che stava li da oltre cento anni, si è volatilizzato. Anzi, per la precisione è stramazzato al suolo: sacrificato al bene superiore della riqualificazione.
Ma è a Piazza vittime della mafia che va il record, con il beneplacito della sovrintendenza, della riqualificazione. Ormai da qualche settimana i bagheresi l’hanno ribattezzata: “Piazza vittima della mafia e della ruspa”.
Gli alberi, tanti e situati li da molti decenni, si sono ritrovati improvvisamente nel posto sbagliato. Di conseguenza, meglio abbatterli e nella migliore delle ipotesi spendere migliaia di euro per comprare qualche alberello striminzito o magari della palme, quelle a cui è tanto affezionato il micidiale rhynchoforus ferrugineus (punteruolo rosso).
Ora, non pretendiamo che a Bagheria vi siano persone che per difendere gli alberi dalle ruspe dell’amministrazione si arrampichino e vivano su questi, però sarebbe auspicabile se gli ambientalisti, tranne che anch’essi non si siano estinti come quasi tutto il verde nella cittadina, intervenissero per salvare almeno quel poco che è rimasto. Tutto ciò per tentare di preservare la memoria storica, anche a livello paesaggistico, di questa terra sempre più martoriata e sempre meno rispettata.
L’ultima notizia, in termini di riqualificazione, è quella relativa a corso Baldassarre Scaduto, u rettifilu: anche li si annunciano lavori. La speranza è che la riqualificazione questa volta non sfoci nell’abbattimento di alberi secolari e che, finalmente, si proceda a fare qualcosa di utile per il contesto urbano senza eliminare quel che di buono già esiste e che esisteva prima dell’avvento di certi illuminati e onniscienti innovatori che, a prescindere dalla competenze tecniche, farebbero bene a tener conto anche del buonsenso e delle reali priorità di questa città.
In definitiva: quante piste ciclabili ci sono a Bagheria? Quanti parchi giochi per i bambini ci sono? Quali sono le politiche per lo sport adottate? Per rendere la città vivibile anche per anziani e disabili cosa si fa?
Dare concreto riscontro ad alcuni di questi interrogativi che la gente comune, senza saccenteria, si pone da molto tempo, sarebbe già un notevole passo avanti verso una necessaria e ormai ineluttabile riqualificazione morale.
Giusy La Piana