Natale a Dusseldorf: ovvero l'altra faccia dell'Europa (e dell'euro) - di Angelo Gargano

Natale a Dusseldorf: ovvero l'altra faccia dell'Europa (e dell'euro) - di Angelo Gargano

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Una serie di coincidenze favorevoli ci hanno consentito di festeggiare la settimana del Natale con una parte importante della nostra famiglia, figlio maggiore, nuora e nipotino che non vediamo spesso, perché residenti in Marocco.

Da un canto i voli diretti (e a buonissimo mercato) di Ryan Air sia da Agadir che da Palermo verso Dusseldorf, e dall’altro la generosa ospitalità di un familiare nel suo albergo a Ratingen, paesone ad una decina di chilometri dalla città di Dusseldorf, capitale della Renania Westfalia, una delle più ricche regioni  d' Europa, che da sola realizza il 20% dell'intero PIL tedesco e con un reddito procapite tra i più alti, se non il più alto, d’Europa.

L’altra faccia dell’Europa, quella opulenta appunto, che fa da contraltare all'Europa sconvolta da una crisi recessiva che sembra interminabile dei paesi del Club Mediterrranèe, l’Italia in primis

Qualche impressione-flash: per i tedeschi e per diversi popoli del Nord, il Natale è una festa che va al di là della valenza religiosa, tanto è straordinariamente sentita e partecipata.

Le grandi città del Nord Europa a partire dai primi di novembre cambiano radicalmente aspetto: Londra, Berlino, Amsterdam, Parigi, Dusseldorf  vivono due mesi veramente speciali.

altLe luminarie che inondano di luce le strade, l’arredo non solo delle vetrine delle attività commerciali, ma anche delle abitazioni private che non si limitano al semplice albero natalizio ma ad una serie di arredi che vanno dalle decalcomanìe o alle tendine delle finestre disegnate con la classica slitta trainata da renne, ai personaggi della tradizione natalizia disseminati nei giardinetti davanti le case.

Sin dai giorni che precedono il Natale è un fluire ininterrotto di una folla sterminata che invade le centinaia di negozi delle aree commerciali e pedonali e i tipici mercatini di Natale con gente che a Dusseldorf, ci dicono,  arriva per fare gli acquisti  anche dalla vicina Olanda: una ricchezza ben visibile ed esibita che fa assomigliare la nostra Milano zona Duomo, che abbiamo visto più o meno nello stesso periodo, una scialba e squallida periferia.

E' sin troppo chiaro che la Germania non soffra nessuna crisi: i tedeschi spendono generosamente e allegramente facendo crescere investimenti, occupazione e produzione, e sarà anche per questo che l'unico loro problema è tenere sotto stretta osservazione il debito pubblico italiano,  la cui esplosione potrebbe mettere a rischio le loro condizioni di vita.

Ratingen dove dormiamo è un paesone quasi fantasma: casette e villette ordinate, strade pulite, giardinetti curati,  qualche ciclista, pochissimi pedoni, da soli o in coppia  che nel 60-70% dei casi  escono di casa per fare un pò di jogging o per portare a spasso i cani: una sorta di riedizione in versione 'gotica' di 'The Truman show'


L’alimentazione e la ristorazione

Sapevamo per sentito dire dei fiumi di grassi e di colesterolo che ingeriscono i tedeschi, per via anche del clima più freddo: e bastano un paio di incursioni in qualche birreria per il canonico stinco di maiale con patate ( ma per fortuna ad evitare guerre di religione in famiglia i tedeschi cucinano anche lo stinco di vitello) innaffiato da abbondante birra scura, per avere una spiegazione del fatto che mentre in Italia i valori per fare diagnosi di ipertensione sono 90 di minima e 130 di massima, in Germania questi valori sono 100 di minima e 140 di massima.
Un po’ come facciamo gli italiani quando vogliamo rimuovere un problema di inquinamento, per esempio con l'arsenico nell'acqua: portiamo più in alto i valori di accettabilità e ci mettiamo la coscienza a posto, così i tedeschi con la loro pressione.

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In una pizzeria di proprietà italiana la Va Piano di piazza Martin Lutero, al centro di Dusseldorf, scopriamo un sistema di ordinazione originale: quando entri ti muniscono di una carta di credito con la quale fai le ordinazioni ai vari box nella hall (pizza e panini, pasta e primi piatti, secondi piatti e insalate, beveraggi ecc.) e ti vai quindi a sedere al  tavolo prescelto: sarà lo squillo di un apparecchietto che ti hanno preventivamente fornito che ti avvisa che i piatti sono pronti e puoi andarli a rittirare.

Quando finisci passi dalla cassa, presenti la carta di debito e paghi quanto dovuto. Ma non è per questa novità che vi parliamo della pizzeria Va Piano.

altE’ che tra le fotografie esposte all'interno del locale, c’è n’è una che ritrae Bagheria: l’odore di casa lo sentiamo subito e riconosciamo una delle foto scattata da Ferdinando Scianna per una festa di San Giuseppe ( foto accanto) che fa bella mostra tra altre foto di ambientazione milanese che ritraggono la Galleria, Giorgio Gaber, ecc….

Chiediamo il perché della presenza di questa foto: ma nessuno, tra il pizzaiolo tedesco sposato con una napoletana, il cameriere turco ed il cassiere siriano sa darci una spiegazione.

E sempre a proposito di cucina, mentre a tavola con i familiari la vigilia di Natale, gustiamo il piatto tipico tedesco, che è una una sorta di insalate di patate, cetriolo, cipolle, condita con maionese e aceto balsamico che accompagna le sette-otto varietà di wurstel e salsicce che vengono portate a tavola, noi stiamo a sognare il nostro ‘sfincione’ ricordando con una certa supponenza agli astanti che le moderne contaminazioni con altri ingredienti che vengono aggiunti  sono del tutto fuori luogo, perché non esistendo all’epoca i frigoriferi, si usavano come materie prime esclusivamente prodotti freschi di stagione: quindi il primosale, la ricotta, lo scalogno, l’olio di oliva, le sarde che pescate in estate andavano in maturazione da novembre e dicembre in poi, ecc.

Ad un certo punto interviene Zohra, e ci spiega che in Marocco esiste un cibo di strada, un pò come da noi, u pane ca meusa, e ce lo descrive: si fa l’impasto con farina e lievito come a voler fare una pastella, poi quando la pasta sta ben lievitando lo si prende a porzioni con un cucchiaio e si versa nell’olio bollente, successivamente il prodotto quando assume consistenza e si indora, si toglie dalla padella e si condisce all'esterno con la cannella e lo zucchero: da noi in Marocco, conclude, si chiama sfincia.

Da non crederci!

Ma guarda un pò, proprio quelle sfincie che riempivano gli occhi e le pance di noi ragazzini la vigilia del capodanno e che avremmo giurato prodotto siciliano D.O.C. è qualcosa che ci hanno portato gli arabi chiamandolo prima di noi a scanso di equivoci.... sfincia, a rivendicare il copyright.

Ma per completare le risonanze linguistiche del siciliano con l'arabo vi citiamo quella più incredibile: se vi capita di andare al suk di Agadir o Marrakesh e dovete comprare, che so un chilo di arance, superate la legittima perplessità e chiedete tranquillamente un chilo di limoni: proprio così le arance si chiamano limoni.

Forse il motivo dell'apparente contraddizione risiede nel fatto che la pianta  del limone deriva dall'innesto di quello che noi, a Bagheria almeno, chiamavamo arancio selvaggio o arancio cartasciu.

E limone allora in marocchino come si dice? semplice, si dice hamd

Angelo Gargano

foto di copertina di Zohra Gargano