Il caso Villa Valguarnera come le eclissi solari

Il caso Villa Valguarnera come le eclissi solari

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Puntuale come le eclissi di sole, ogni venti anni scoppia il caso Villa Valguarnera: l'intellettuale o il politico di turno vuoi con un libro o con una interpellanza parlamentare scoprono che villa Valguarnera è assediata e sommersa dal cemento di un quartiere abusivo, dove i mafiosi hanno eletto la loro dimora e dettano legge, e che questa vergogna non può essere più ulteriormente tollerata.

I giornali nazionali riprendono la 'rivelazione' con titoli anche di prima pagina: l'opinione pubblica si risveglia dal torpore sonnolento, manifesta sdegno e sopresa,  impreca un pò,  le solite invettive contro governo, regione e comune; ma finito lo spettacolo, così come per le eclissi, tutto va nel dimenticatoio nel giro di un paio di settimane sino alla prossima eclissi tra venti o forse trenta anni; chi ha avuto 'il coraggio' di disvelare lo scempio riceve il giusto riconoscimento, letterario o politico che sia.

Bravo, bravo!! applausi e arrivederci alla prossima eclissi.

Peccato che ogni volta questi allarmi, queste 'rivelazioni' e queste denunce a partire da quella di Dacia Maraini che nel 1992 con il suo romanzo di grande successo Bagheria accese i riflettori su una situazione ormai compromessa, sia la più recente interrogazione del sen. Francesco Campanella del Movimento 5 stelle, arrivino un pò in ritardo diciamo di quaranta-cinquanta anni rispetto a quando la battaglia per villa Valguarnera andava fatta e da alcuni fu fatta, purtroppo, a dire il vero, con scarso successo.

Abbiamo una qualche memoria delle cose di questa città per potere mettere qualche tassello di storia vera, documentabile e riscontrabile, e consentire ai cittadini una lettura più ampia e accorta per un problema, serio e grave che non hanno scoperto o denunciato nè il senatore Campanella, nè Dacia Maraini, e che non si risolve solo, nè con un libro-denuncia o con una interrogazione parlamentare, ma con una battaglia politica, culturale e di lunga lena, che pochi hanno dimostrato di essere disposti a fare.

PARTIAMO   DAI   FATTI   VERI,  PRECISI  e  DOCUMENTATI

altNel 1964 il consiglio comunale di Bagheria costituì una commissione consiliare di inchiesta sui fenomeni degli abusi edilizi perpetrati da costruttori e privati con la complicità degli uomini dell'apparato amministrativo e dei politici del comune di Bagheria.

In quella finestra temporale di poco meno di tre mesi, in cui fu sindaco il professore Peppino Russo, comunista, la commissione votata dal consiglio comunale elesse proprio presidente l'on. Giuseppe Speciale, deputato comunista al Parlamento nazionale; assessore ai lavori pubblici e all'urbanistica era Antonio Martorana, consigliere comunista, mentre segretario della Commissione fu Vincenzo Drago, consigliere comunale comunista e segretario della locale sezione del partito.

Della commissione facevano parte rappresentanti di tutti i partiti, allora la D.C, il PSI, PLI, civici indipendenti, ecc...: alcuni di questi, e ricordiamo per tutti il dottor Pietro Lo Cascio, si distinsero per il contributo di idee e di coraggio, che al tempo serviva sul serio, che diedero alla commissione d'inchiesta su quello che sarà poi chiamato il sacco di Bagheria

La commisisone produsse una relazione di diverse centinaia di pagine, per larga parte redatta da Vincenzo Drago, senza il cui contributo i lavori di quella commissione sarebbero stati insabbiati da quanti, ed erano tantissimi, non volevano che la realtà di quanto accaduto presso l'Ufficio Tecnico di Bagheria nei primi anni '60 venisse fuori. Tra resistenze e minacce, neanche tanto larvate, la commissione riuscì a produrre un lavoro che ancora oggi andrebbe preso a modello ed  esempio, e rimane l'unica seria indagine esperita sugli abusi edilizi a Bagheria.

In quelle centinaia di pagine si denunciava in maniera documentata e certosina, caso per caso, sarebbe meglio dire casa per casa, licenza per licenza (così si chiamavano allora quelle che oggi si chiamano concessioni) gli abusi, le difformità e gli illeciti, in poche parole lo scempio dei parchi delle nostre ville, in primis quelli di palazzo Butera e di villa Valguarnera, che proprietari di aree e costruttori privi di scrupoli con la complicita di tecnici e politici stavano perpetrando in quegli anni.

Parliamo del 1964, quindi di cinquanta anni fa.

Quella relazione fu mandata alla Magistratura palermitana, dove un giudice istruttore coraggioso, Rocco Chinnici si chiamava, istrui un procedimento che vide nel 1968 rinviati a giudizio una ventina tra ex sindaci, ammministratori, tecnici comunali, costruttori e proprietari per gli illeciti edilizi e i reati commessi.

Abbiamo ancora in casa (ci costerebbe troppo tempo ritrovarlo, ma se la salute ci assisterà un giorno lo pubblicheremo) un manifesto del Partito comunista dal titolo 'Ed ora saranno processati', cui seguivano semplicemente i nomi, la carica che occupavano o l'attività che svolgevano e il reato per cui questi personaggi, tutti ormai, come si dice, passati a miglior vita, sarebbero stati sottoposti a giudizio.

Il processo si fece intorno agli anni '70 (allora i processi duravano almeno dieci anni): un parte degli imputati ebbe prescritto il reato, una parte fu condannata, e tra questi la mente di quelle politiche urbanistiche che progettava scuole e case popolari nelle aree da mettere a disposizione della speculazione, e cioè l'ing. Nicolò Giammanco, recentemente scomparso.

Case popolari e scuole dicevamo come battistrada della speculazione: si vada a vedere dove sorsero le prime case popolari di Angiò che iniziarono l'aggressione allo splendido parco di villa Butera e le scuole: la scuola di avviamento al lavoro, oggi scuola media 'Ciro Scianna' (sorta a ridosso del 'Cafè House' ,il cosiddetto 'cubbuluni'di villa Valguarnera), la media 'Carducci', e il liceo classico 'F.Scaduto', che poi diventerà la scuola elementare 'A.Gramsci', la cui storia meriterebbe, e meritò già nella commissione d'inchiesta del 1964, un capitolo a parte.

L' escamotage di scuole e case popolari consentì una urbanizzazione selvaggia dei parchi delle ville, ripetiamo Butera, Valguarnera e successivamente nel 1978 Trabia, su cui si avventò famelica la speculazione.

E' un sogno ovviamente: ma se Bagheria fosse riuscita a conservare intatto  l'ingresso monumentale di villa Palagonìa, distrutto intorno agli anni '30, e i parchi delle ville Butera, Trabia e Valguarnera, la storia della nostra comunità avrebbe seguito un altro corso.

Naturalmente, ed è onesto dirlo, alla lottizzazione abusiva dei parchi di villa Butera, villa Valguarnera e villa Trabia, non furono estranei gli interessi economici dei proprietari delle ville, che in questo modo alimentarono le scarse finanze, dissestate da modelli di vita, diciamo sregolata, degli epigoni dei Gattopardi.

E questo consentì in certi casi anche ai campieri che sui girati dei nobili, in tutti i sensi, 'vigilavano', di mettere le mani sui parchi delle ville settecentesche, come accadde proprio per villa Valguarnera.

DACIA  MARAINI, ALBERTO  MORAVIA  E  'L'AMORE  CONIUGALE' 

 

altNegli anni in cui si svolgeva il processo, a cavallo degli anni '70, Dacia Maraini allora giovane compagna dello scrittore più noto dell'epoca, Alberto Moravia, girò a Bagheria il film 'L'amore coniugale'.

Per settimane la cultura nazionale del tempo, di cui Moravia era il guru, si spostò a Bagheria ; Bagheria, già nota ai più grandi artisti e intellettuali del tempo, per settimane divenne l'epicentro di incontri e chiaccherate cui prendevano parte Buttitta, Guttuso, Sciascia, Pasolini, Lombardo Radice, Doglio, Visconti , Lombardi Satriani e potremmo continuare ancora per un bel pò.

Le trattorie ra 'Zza Maria e Don Ciccio erano le location di elezione per questi incontri tra il conviviale e il colto:  in maniera marginale fummo spettatori di quelle straordinarie giornate.

Ricordiamo ancora il nostro incontro reverenziale con Moravia, che nel nome villa Pal-agonìa ritrovava la radice semantica dello stato delle nostre ville, e voleva convincere tutti a chiamarla villa Palagònia.

Bene: sarebbe stato quello il momento se solo ne avessero avuto tempo e voglia, (anche perchè il tema del film della Maraini era tutto nel rapporto tra un gruppo di studenti 'contestatori' come all'epoca si chiamavano ed uno scrittore di fama, che trovatosi per caso a Bagheria i giovani si sforzavano di coinvolgere in quelle battaglie a tutela del territorio), che gli intellettuali facessero un grande corale appello all'Italia e al mondo sull'abbandono delle ville settecentesche di Bagheria, allora veramente tutte o quasi cadenti e a pezzi.

Continuiamo a pensare che se in quel momento scrittori, registi, pittori, urbanisti, etnologi di fama nazionale ed europea, avessero fatto diventare un caso nazionale il tema delle ville, forse le cose non sarebbero degenerate come poi accadde intorno agli anni '80 quanto fu consumato lo scempio di tutto il territorio.

Non accadde nulla, tra una mangiata e una chiaccherata Maraini, Moravia e i loro amici tornarono a Roma, e i bagheresi invece rimanemmo.

Nel 1992 Dacia Maraini , grazie scrive Lei, al professore Antonino Morreale sarebbe venuta in possesso di questa relazione, un manoscritto quasi misterioso scritto da misteriosi 'commissari' mai esistiti: documento in realtà noto e stranoto al tempo da quasi trenta anni a quanti, politici e cittadini  coltivassero un briciolo di interesse per le vicende della loro città.

Anche allora la Maraini incassò grandi aggettivi e riconoscimenti, ma l'eclisse, come tutte le eclissi durò poco, e presto il problema ricadde nel dimenticatoio.

Nel mezzo ricordiamo ci sono state almeno due o tre leggi di sanatoria regionale e nazionale, e personalmente non abbiamo neanche l'idea di quale sia oggi la situazione giuridica di quei manufatti sorti abusivamente, e in spregio a qualsiasi legge urbanistica, di natura e di cultura.

Il senatore Campanella, non ha alcun torto perchè nel 1964 forse era nato da poco, ed ha fatto benissimo a sollevare l'attenzione su questo tema.

Ma non ce ne voglia: anche il suo intervento sarà come una eclissi: spettacolare ma di breve durata. L'augurio è che non sia così naturalmente

Chi veramente avesse voluto fare uno scoop poteva e doveva farlo cinquanta anni fa

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Corre l'obbligo di completare il nostro intervento ricordando, al di là delle vicende particolari, l'impegno, questo sì che data da sempre, di donna Vittoria Alliata e del padre Francesco Alliata, principe di Villafranca, che è il caso di dire hanno speso una vita per tutelare una delle ville più belle non solo di Bagheria, ma forse dell'intera Sicilia.

 

Le foto interne sono del giardino di villa Valguarnera e di alcune statue ivi presenti