“A vampa” tra tradizione, folklore e devozione - di Giovanni Mineo (Video)

“A vampa” tra tradizione, folklore e devozione - di Giovanni Mineo (Video)

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Anche quest’anno, la sera del 18 marzo, si è rinnovata la tradizione della vampa, che segna inequivocabilmente la festa di San Giuseppe a Bagheria.

Ad accogliere i visitatori e i tanti curiosi giunti da ogni quartiere della città e dai paesi vicini, una atmosfera da “sabato del dì di festa”, riprodotta in contrada Monaco da una intera comunità gioiosa e laboriosa che ha predisposto l’evento.

Il rito della vampa, anche quest’anno in realtà è iniziato molto prima della sua accensione, con la mobilitazione nei vari quartieri della città di gruppi spontanei addetti alla raccolta della legna, di mobili, vecchie suppellettili e di tutto ciò che potesse essere utile a formare la classica “catasta ri ligna”. Non è stato difficile nelle settimane scorse vederli, sentirli parlottare, giovani, anziani e bambini per le strade della città, ronzare come api operaie alla ricerca di legna e tanti commercianti e artigiani disposti ad offrire loro aiuto, tempo e collaborazione.

Già basterebbe solo questo a trasmetterci l’immagine di una Bagheria che in occasione della festa si riscopre essere comunità, animata da ingegno e operosità che tanto l’hanno resa grande in passato, incarnando lo spirito del suo Patrono, San Giuseppe, operaio e artigiano di Dio.

Già, la devozione, particolarmente sentita ieri come oggi, che scandisce ogni passo e ogni gesto dei preparativi, stratificatisi nel tempo fino a formare questo complesso apparato simbolico che è “a vampa”.

Si pensa che in tempi antichi, il rito della vampa coincidesse con la data dell’equinozio di primavera e che con il fuoco si volesse simboleggiare la fine definitiva del freddo e della stagione di magra, salutando così l’inizio della ricca e feconda primavera.

Era una Bagheria agricola, scandita dai tempi e dalle rigide regole dei campi che oggi purtroppo non esiste più, laddove oggi questa vampa sembra quasi voler esorcizzare e scacciare via i tanti problemi che l’attanagliano, il clima politico avvelenato, le tante divisioni, le emergenze sociali, la povertà dilagante.

A spezzare il silenzio e a scaldare i cuori, ecco subito i tamburinari, con i loro inconfondibili colpi ritmati che penetrano come pugnali nella nostra coscienza e ridestano il ricordo di feste e riti lontani, momenti sbiaditi ma sempre vivi, che ci riconducono a persone e parenti cari che oggi purtroppo non sono più tra noi a scaldare il focolare domestico con la “vampa” del loro amore.

I tamburinari baarioti rappresentano una forma d’arte, ed è uno spettacolo nello spettacolo vederli all’opera, soprattutto scorgere tra essi un bambino che, nel mostrare tutta la sua abilità, dimostra di esserne già degno portatore e pronto a raccogliere e tramandare poi nel tempo questa inestimabile eredità.

E in questa atmosfera già riscaldata dal suono prorompente dei tamburinari, ecco la benedizione del fuoco. Il richiamo biblico a quel “roveto ardente” che non brucia ma attrae; al fuoco quale elemento che richiama l’agire di Dio e che illumina come la parola di Dio; ancora, a quel fuoco che purifica, come l’azione dello Spirito Santo in noi; a quel fuoco che infiamma e spinge all’azione, il fuoco quale elemento che ci spinge ad essere pieni di

passione per il bene comune. E Dio solo sa, quanto in questa Bagheria di oggi, ci sia bisogno di una vampa che riaccenda la passione per il bello, per la naturale bellezza del paesaggio, per la sostenibilità e il rispetto per il bene comune.

Il fuoco benedetto da Padre Francesco, da lì a poco prende vita e forma, illuminando la scena. E’ un fuoco che incanta, rapisce gli sguardi di tutti i presenti, quasi facendoli sembrare non solo spettatori, ma parte attiva di quella catasta di legna che adesso arde.

Dinanzi al fuoco, ancora una volta ci si perde, si resta assopiti, come se ad essere illuminati fossero anche i nostri pensieri reconditi, confinati per troppo tempo in un angolo oscuro e remoto della nostra mente. Pensieri che adesso, alla luce di questa “vampa interiore” che è il nostro io, vibrano e si librano leggeri, sconfinati e incontrollabili.

E’ la magia del fuoco e della festa di San Giuseppe, il rito che si rinnova e si compie. E’ la festa dei bagheresi appassionati, come gli abitanti di Contrada Monaco, quartiere che svestito i panni della periferia difficile, per l’occasione è diventato centro. Il centro della tradizione, del folklore e della devozione di una città intera, per il suo Santo Patrono.

Viva San Giuseppe viva!!

Giovanni Mineo

video di Francesca Giammarresi