È il debutto per la chiesa gotica di Sant'Antonio Abate, appena restaurata. Ma è anche il ritorno delle straordinarie carceri dell'Inquisizione con le ultime scoperte e della cripta misteriosa delle Repentite, che fu mostrata al pubblico l'ultima volta tre anni fa.
Dopo l'anteprima della "Notte della ricerca", entra nel vivo "Le Vie dei tesori", la manifestazione nata nel 2006 per celebrare il Bicentenario dell'Università di Palermo, cresciuta come Festival di conoscenza nei due anni successivi e diventata adesso - grazie al sostegno dell'assessorato regionale al Turismo - proposta culturale stabile dell'Ateneo.
Dieci luoghi di arte, scienza e natura aperti straordinariamente a cittadini e turisti per i quattro fine settimana di ottobre: il 9 e il 10, il 16 e il 17, il 23 e il 24, il 30 e il 31.
Chiese, giardini, palazzi storici, musei, che offrono un itinerario straordinario tra arte, mistero, scienza, natura. Quest'anno Le Vie dei tesori cresce arricchendosi anche della kermesse Wucciria (dal quadro di Guttuso di proprietà dell'Ateneo esposto permanentemente allo Steri). Piazza Caracciolo, cuore del mercato della Vucciria, sarà il palcoscenico di una coloratissima asta del pesce, in compagnia del giornalista Edoardo Raspelli, che condurrà anche i talk food che si terranno presso i prestigiosi locali de la Rinascente che daranno la possibilità di assaggiare prelibate ricette a base di pesce povero.
Wucciria sarà anche l'occasione per scoprire le bellezze storiche e artistiche del centro storico di Palermo attraverso un percorso culturale da piazza San Domenico ai Tesori della Loggia, proseguendo fino a Palazzo Steri, sede del Rettorato dell'Università degli Studi di Palermo, dove è custodito il celebre quadro "La Vucciria" di Renato Guttuso. Qui ci sarà Mario Carapezza, ricercatore dell'Ateneo, che terrà un approfondimento culturale sul quadro proprio davanti al dipinto (vai al programma dettagliato dell'evento "Wucciria").
TUTTO IL PROGRAMMA DI OTTOBRE: LUOGHI, ORARI, MODALITA' DI VISITA
1) STERIIl soffitto delle meraviglie e la Vucciria di Guttuso
è uno dei luoghi simbolo di Palermo, un palazzo che custodisce sette secoli di arte e di cultura della Sicilia: dall'epoca della fondazione, nel Trecento, a opera della grande famiglia dei Chiaromonte, passando per la stagione dei re aragonesi e per quella oscura dell'Inquisizione spagnola, per arrivare agli anni Cinquanta del Novecento, quando l'edificio rinacque sotto il segno degli architetti Roberto Calandra e Carlo Scarpa. Oggi sede istituzionale dell'Università di Palermo, lo Steri (dal francese antico oster, dimora sontuosa) è un museo di se stesso in cui ogni passaggio della storia ha lasciato testimonianze preziose: il soffitto trecentesco della Sala Magna, esteso duecentoquindici metri quadrati e definito "un'enciclopedia medievale" per la ricchezza delle sue trentadue narrazioni; i loggiati; i graffiti dei prigionieri dell'Inquisizione già restaurati e inglobati nell'attuale Sala delle Armi; la Sala delle Capriate; la Vucciria di Renato Guttuso, il dipinto-icona di Palermo che l'artista nel 1974 volle regalare all'Ateneo.
Piazza Marina 61
Visita: sabato e domenica dalle 9.30 alle 18. Gruppi di trenta, durata un'ora
Accessibile ai disabili
2) CARCERE DEI PENITENZIATI
I nuovi graffiti dei prigionieri nelle prigioni restaurate
è il carcere segreto dell'Inquisizione, la prigione buia dove per due secoli, dal 1601 al 1782, gli uomini di Torquemada interrogarono e torturarono innocenti in nome di Dio. Una testimonianza unica al mondo che è insieme opera d'arte e atto d'accusa contro le ingiustizie del potere. Per gli uomini del Sant'Uffizio i carcerati erano eretici, bestemmiatori, fattucchiere, amici del demonio. In realtà molti erano artisti, intellettuali scomodi, nemici dell'ortodossia politica e religiosa. Oppure poveracci finiti negli ingranaggi di una gigantesca macchina di malagiustizia. Il carcere, interamente restaurato e in attesa della realizzazione del progetto di allestimento che consentirà la sua apertura permanente, apre eccezionalmente le porte mostrando le pareti interamente dipinte con disegni, racconti, preghiere. E raccontando le storie di chi dovette viverci per mesi o per anni. Come fra' Diego La Matina, l'eroe di Leonardo Sciascia, il prigioniero che uccise l'inquisitore che lo interrogava.
Piazza Marina 61
Visita: sabato e domenica dalle 10 alle 18. Gruppi di trenta, durata 45 minuti
Accessibile ai disabili
3) CHIESA DI SANT'ANTONIO ABATE
Il gioiello gotico con le nuove scoperte
è un piccolo gioiello gotico, nel cuore del complesso dello Steri, che si mostra per la prima volta a restauro quasi concluso. La chiesa di Sant'Antonio Abate, un tempo collegata al palazzo da un ponte sospeso, fu eretta nel 1377 per volontà di Manfredi Chiaromonte e dedicata al santo egiziano, uno dei fondatori del monachesimo orientale, cui erano devoti i Crociati di ritorno dai luoghi sacri. I signori dello Steri e i pochi dignitari ammessi assistevano qui alle funzioni. I lavori hanno consentito di recuperare parti di pregevoli affreschi cinquecenteschi nell'abside e un volto di Cristo sulla parete sinistra, immagine straordinariamente somigliante a quella dipinta sulla sesta trave del soffitto della Sala Magna dello Steri, attribuita a un maestro napoletano di tradizione giottesca. Ritrovate anche tre tombe misteriose su cui sono in corso indagini per determinare epoca e identità dei defunti. L'ingresso con arco a sesto acuto sul prospetto principale è decorato con un fine rilievo marmoreo. Sull'architrave un medaglione con Sant'Antonio Abate fiancheggiato da due angeli, due stemmi chiaromontani e due serafini. Da secoli non è più luogo di culto.
Piazza Marina 61
Visita: sabato e domenica dalle 9.30 alle 18. Gruppi di trenta, durata mezz'ora
Accessibile ai disabili
4) CRIPTA DELLE REPENTITE
Le tombe segrete delle prostitute diventate monache
è una cripta che custodisce i segreti di uno dei luoghi più curiosi e affascinanti della città antica: il convento cinquecentesco di Santa Maria la Grazia, meglio noto come convento delle Repentite, le ex prostitute convertite alla vita monastica e mantenute dalle cortigiane in servizio attraverso un'imposta pagata al Senato palermitano, una sorta di "porno-tax" ante litteram. Il tributo non era obbligatorio, ma doveva essere versato se le prostitute volevano vestirsi come le "donne oneste. Scoperta casualmente nel 2005 durante lavori di ristrutturazione, oggi la cripta rivela un altro tassello della sua storia: i cartigli segreti trovati dentro due ampolle di vetro nella tomba della Madre Badessa, decrittati dall'Istituto di patologia del libro. Parole sottratte all'oblio che ci raccontano della vita e della morte nella Palermo del Seicento. Nella cripta un magnifico altare seicentesco e le panche dove venivano appoggiati i corpi delle defunte secondo un'antica tradizione religiosa che - come nel convento dei Cappuccini - prevedeva il prosciugamento dei cadaveri prima della sepoltura.
Via Divisi 81
Visita: sabato e domenica: dalle 9.30 alle 18. Gruppi di otto, durata 20 minuti
Non accessibile ai disabili
Prenotazione obbligatoria a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o allo 091.6075306
5) CAPPELLA DEI FALEGNAMI
Un tripudio di stucchi, putti e festoni nell'oratorio dell'ex Convento
è un oratorio barocco custodito nel convento di San Giuseppe dei Teatini, oggi sede della facoltà di Giurisprudenza. La decorazione delle pareti fu affidata a Giuseppe Serpotta, fratello del più noto Giacomo, che vi lavorò nel 1701, forse in collaborazione con il nipote Procopio, facendone un tripudio di putti, festoni, medaglioni. In origine i Padri Teatini, che avevano realizzato il convento agli inizi del Seicento, assegnarono l'oratorio a due congregazioni, quella di Gesù, Giuseppe e Maria e quella dei Servi del Santissimo Sacramento e Immacolata Concezione. Ma nel 1805, quando il complesso religioso fu adibito a sede della Regia Accademia degli Studi (antesignana della moderna Università) e la cappella della confraternita di San Giuseppe dei Falegnami sacrificata per far posto all'attuale portico su via Maqueda, furono proprio loro - i Falegnami - a subentrare nella titolarità dell'oratorio barocco, mentre le altre confraternite si trasferirono altrove. Il presbiterio è ottocentesco, così come l'altare, realizzato in marmo da Giosuè Durante su disegno dell'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia.
Via Maqueda 172
Visita: sabato e domenica dalle 9.30 alle 18 (il 24 ottobre fino alle 15)
Gruppi di trenta, durata mezz'ora
Non accessibile ai disabili (presenza di pochi gradini)
6) ORTO BOTANICO
Il giro del mondo in dieci ettari di verde
Dieci ettari di estensione, una storia bicentenaria: l'Orto Botanico è il più antico giardino scientifico d'Europa, tra le istituzioni più prestigiose a livello internazionale. Voluto in epoca borbonica da un pugno di nobili e studiosi palermitani con l'obiettivo di contribuire allo sviluppo delle scienze botaniche nell'interesse della medicina e dell'agricoltura, ospita la flora di tutti i continenti con eccezionali esemplari. All'Orto si deve gran parte dell'innovazione agricola nei nostri campi con l'introduzione del mandarino, del nespolo del Giappone, del loto, con le prime sperimentazioni di piante utili: cotone, soia, banano. Originariamente situato nel baluardo di Porta Carini al Capo, si trasferì nell'attuale sede della Vigna del Gallo nel 1786, adiacente alla Villa Giulia. Di recente restauro la parte storica, con le serre, le fontane, i viali riportati allo splendore di un tempo. La costruzione degli edifici - Gymnasium, Tepidarium e Calidarium - a opera del francese Leon Dufourny, fu terminata nel 1795, anno di inaugurazione del complesso, sotto l'egida della Regia Accademia degli Studi, corrispondente all'odierna Università. Una passeggiata tra i suoi viali è un viaggio nella scienza, nell'arte, nella natura.
Via Lincoln 2
Visita: sabato e domenica dalle 9.30 alle 18. Gruppi di trenta, durata un'ora
Accessibile ai disabili
7) MUSEO GEMMELLARO
Gli uomini e gli elefanti preistorici benvenuti sulla macchina del tempo
Elefanti e leoni? Adesso abitano le giungle e le savane, ma tra cinquecentomila e centoventimila anni fa popolavano la Sicilia, insieme con orsi, iene, buoi, bisonti, lupi, ippopotami e cervi. Per crederci basta varcare la soglia del Museo geologico Gemmellaro e salire sulla macchina del tempo. Qui gli esemplari e le ricostruzioni degli elefanti preistorici sono soltanto una tappa di un magnifico viaggio lungo 250 milioni di anni e raccontato da 600 mila reperti suddivisi in collezioni paleontologiche, mineralogiche e stratigrafiche.
Il museo nacque nel 1861, a opera di Gaetano Giorgio Gemmellaro, primo professore di Geologia e Mineralogia dell'Università di Palermo. Fu lui che in breve tempo lo trasformò in una delle istituzioni scientifiche più importanti d'Europa, raccogliendo fossili e rocce da molti Paesi. La visita, oggi, inizia con un'esposizione paleontologica dai più antichi fossili siciliani dell'era paleozoica (270 milioni di anni fa) fino ai più recenti fossili dell'era quaternaria. Nelle tre sale al piano superiore, gli elefanti di Sicilia, la collezione di cristalli di zolfo che risalgono a sei milioni di anni fa, e la sala dedicata all'uomo con il prezioso scheletro di Thea, la donna del Paleolitico dal cui teschio è stato ricostruito il volto.
Corso Tukory 131
Visita: sabato e domenica: dalle 9.30 alle 18. Gruppi di venti, durata 45 minuti
Accessibile ai disabili
8) MUSEO DODERLEIN
Quando alla foce dell'Oreto nuotavano storioni giganti
è un museo-gioiello che custodisce, come cristallizzato, l'ecosistema scomparso di un secolo e mezzo fa. Quando gli storioni erano di casa alla foce dell'Oreto, oggi tra i fiumi più inquinati d'Italia. E quando il "Mar di Sicilia" era un caleidoscopio di colori e di specie, popolato da anguille, gronchi, cernie, dentici di dimensioni paragonabili a quelle degli esemplari che si trovano oggi nei parchi marini. E' il Museo di zoologia Pietro Doderlein, creato nel 1862 dal cattedratico dalmata, arrivato all'Università di Palermo per occupare la cattedra di Zoologia. Le collezioni ittiologiche, prevalentemente collocate nel piano inferiore, comprendono circa 1.200 esemplari di pesci preparati a secco o in liquido. Tra le rarità ittiche si annovera il lemargo (un piccolo squalo), il capolepre, il wahoo e il curioso pesce-istrice, tipico del Mar Rosso, che attesta con anticipo la tropicalizzazione delle nostre acque. I pesci erano conservati con uno speciale trattamento chimico che ne preservava le caratteristiche fisiche ed estetiche, con effetti di assoluto realismo. Un segreto che però rimase privilegio dei pochi allievi di Doderlein e non è stato più tramandato. Gli animali sembrano di cartapesta, e invece sono veri.
Via Archirafi 18
Visita: sabato e domenica: dalle 10 alle 18. Gruppi di quindici, durata mezz'ora Accessibile ai disabili
9) MUSEO DELLA RADIOLOGIA
La scienza scopre i Raggi X e fotografa l'invisibile
In principio ci fu l'"uovo elettrico dell'abate Nollet", poi vennero i vari tubi a raggi catodici, quelli per la radioterapia e gli strumenti radiografici. Gli antenati delle più moderne apparecchiature radiologiche occupano un posto di prestigio al primo piano dell'Istituto di Radiologia dell'Università di Palermo. Quasi un viaggio nel tempo alla riscoperta di cristalli, ampolle e affascinanti marchingegni, che hanno fatto grande la storia della scienza. Il Museo della Radiologia di Palermo, uno dei pochissimi esistenti al mondo, è stato inaugurato nel dicembre del 1995, in occasione delle celebrazioni per il centenario della scoperta dei Raggi X da parte di Wilhelm Conrad Röntgen. Un traguardo che alla fine dell'Ottocento ebbe il sapore di una rivoluzione, con un impatto straordinario sulla popolazione. A suggellare l'importanza della scoperta ci pensarono nel gennaio del 1896 i principali quotidiani e periodici, che cominciarono a dedicare titoli e articoli alla scoperta della "fotografia dell'invisibile".
Istituto di Radiologia, Policlinico, piazza delle Cliniche 2
Visita: sabato e domenica dalle 9.30 alle 18. Gruppi di quindici, durata mezz'ora
Accessibile ai disabili
10) FOSSA DELLA GAROFALA
L'ultimo lembo di Conca d'Oro sull'antico alveo del Kemonia
è un parco urbano sconosciuto, un lembo di Conca d'Oro sopravvissuto all'avanzata del cemento. La Fossa della Garofala, racchiusa fra i palazzi di corso Pisani e la cittadella universitaria, porta alla scoperta di un paesaggio dimenticato di Palermo, di ipogei e complessi sistemi di irrigazione, di specie botaniche esotiche e di esemplari di macchia mediterranea.
Il "viaggio nel tempo" attraversa i quindici ettari dell'area che fu parte dell'elegante parco di Luigi Filippo d'Orléans e si sviluppa lungo l'originario tracciato del fiume Kemonia, che assieme al Papireto delimitava la città punica. Il nome deriva dal primo proprietario di cui si conosce l'identità, Onorio Garofalo, alla fine del XV secolo. Alla fine del Settecento fu acquistata da parte del principe di Aci, che vi realizza una stazione agricola sperimentale, una tenuta di caccia e un castelletto ancora visibile che sorge su un terreno privato. Nel 1809 Luigi Filippo d'Orléans, sposando Maria Amelia di Borbone, figlia di Ferdinando IV, lo acquisisce come dote della moglie e vi realizza il suo parco fuori le mura. Il duca Enrico d'Aumale, figlio di Luigi Filippo, amplia il possedimento, realizzando una tenuta agricola fra le più belle della Conca d'Oro. Dalla fine del XIX secolo il parco si avvia verso l'abbandono, fino a quando - intorno al 1950 - viene comprato dall'Università.
Viale delle Scienze, ingresso facoltà di Agraria
Visite: sabato e domenica dalle 9 alle 17 (prima partenza alle 9, ultima alle 16). Gruppi di trenta, durata un'ora
Accessibile ai disabili.
Fonte : Ufficio stampa dell'Università di Palermo