Ci sono le numerosissime regole da apprendere tra varianti e specialità e poi c’è tutto il set di competenze di natura matematica e probabilistica: il poker rappresenta il terreno di scambio tra diverse discipline ed è in grado di essere attrattivo per diverse categorie sociali, non a caso è un passatempo sempre più diffuso, con numeri che coinvolgono fasce di popolazione assolutamente trasversali.
Svago, adrenalina, strategia: il pacchetto degli elementi capaci di appassionare i giocatori è piuttosto completo, ma c’è di più. Se il poker, infatti, esercita sui giocatori un fascino particolare, è anche grazie all’opportunità che offre di indagare la dimensione psicologica ed emozionale. Questo aspetto si esprime non solo noi confronti dei propri avversari, ma anche rispetto alla propria dimensione individuale perché aiuta a osservare da vicino tutte quelle emozioni che il gioco fa venire fuori. Che si tratti di un tavolo verde fisico, o di uno digitale, il poker promette di mettere in luce tasselli importanti che dal fronte ludico approdano alla vita quotidiana. Scopriamo insieme quali.
Il bluff, una questione di psicologia
Da che mondo è mondo tutte le attività che implicano doti strategiche richiedono anche una buona sensibilità rispetto alla dimensione psicologica dell’altro, ecco perché saper osservare e decodificare il comportamento del proprio avversario durante una partita a poker è il modo migliore per costruire una tattica di gioco efficace. E qui arriviamo a parlare di bluff, ovvero di quella capacità di dissimulare emozioni e comportamenti per depistare gli altri giocatori rispetto al valore della combinazione in nostro possesso e alle nostre reali intenzioni di gioco. Chiunque abbia un po’ di esperienza nel poker, ha senz’altro almeno una volta ribaltato le sorti di una mano per niente vantaggiosa bluffando affinché il proprio abbandonasse la partita credendo di essere in svantaggio. Certo, questa tattica va usata con moderazione, soprattutto se si è alle prime armi, ma in generale può rivelarsi efficace perché opera come una sorta di manipolazione del pensiero. Ovviamente se da un lato il giocatore è portato a dissimulare le proprie emozioni rispetto alla mano che gli è toccata in sorte, dall’altro dovrà essere altrettanto bravo a conservare comunque un atteggiamento neutro e imperscrutabile, il cosiddetto “poker face”.
Occhio ai tell!
Naturalmente la dimensione psicologica nel poker è prevalentemente dominata dal linguaggio non verbale, che codifica tutte le informazioni espresse attraverso i gesti, la postura, lo sguardo, il respiro, i movimenti del viso. Queste componenti hanno un nome ben preciso, vengono definiti “body tell” e rappresentano una compagine espressiva che, secondo uno studio portato avanti dallo psicologo americano Albert Mehrabian, è responsabile della comprensione del messaggio nella percentuale del 55%. Per questa ragione si tratta di un aspetto che al tavolo verde assume un ruolo cruciale e disegna una vera e propria mappa nascosta delle emozioni vissute dall’avversario. È dello stesso parere anche Phil Hellmuth, il campione americano, il cui nome è presente nella Poker Hall of Fame, ritiene infatti che il successo in partita dipenda solo per il 30% da esperienza e abilità tecniche, mentre a fare la differenza è quel restante 70% legato a doppio filo alle doti empatiche, le stesse che permettono di cogliere tutti i body tell che arrivano dagli sfidanti.
Certo, è possibile che l’avversario a sua volta cerchi di mantenere un certo contegno proprio per non lasciar trapelare nulla della sua strategia, ma un giocatore accorto sa anche a cosa prestare attenzione. I giocatori in possesso di una mano favorevole, ad esempio, ha la tendenza a essere in ansia e lo si capisce da alcuni inequivocabili segnali di stress: le vene del collo pulsano velocemente; le mani tremano e la sudorazione diventa particolarmente abbondante; il giocatore si finge disinteressato alla mano, o si guarda intorno ostentando naturalezza.
Altri indizi importanti, poi, arrivano dalla prossemica. Questa scienza esamina il rapporto tra essere umano e spazio circostante, ed è una foriera di preziose informazioni, ad esempio, sulle dinamiche seduttive.
Chi si sente baciato dalla fortuna tende a mantenere il corpo più vicino al tavolo. Chi, invece, sa di non avere tra le mani una combinazione favorevole tradisce segnali di insicurezza, ed è facile sorprenderlo mentre è intento a mordersi le labbra, a mangiucchiare le unghie, ad accavallare le gambe, a toccarsi il collo o a strofinare la fronte. Se il pokerista è una donna sarà più probabile vederla giocare con i capelli o con una collana. La lista, tuttavia, è lunga, perché i tell sono molteplici e spesso hanno a che fare anche con l’approccio al gioco: se, ad esempio, l’avversario chiama molto in fretta, possiamo ipotizzare che gli siano toccate carte buone o che magari stia lavorando a un determinato progetto. In generale, dilungarsi in conversazioni non necessarie, il “table talk”, rischia di fornire inavvertitamente indizi preziosi sulla nostra strategia di gioco, così come sconsigliato dalla campionessa di poker e attrice americana, Jennifer Tilly.
Gestire le pressioni
Parlando di poker e psicologia non si può non menzionare il tema delle pressioni: proprio perché il gioco combina adrenalina, competizione e dinamiche prestazionali, sottopone il giocatore a una serie di stress psicologici che, se non gestiti, rischiano di compromettere lucidità e performance di gioco. Ecco perché i giocatori di lungo corso hanno imparato nel tempo a vivere le emozioni della partita in modo neutro e consapevole, mettendo in campo un atteggiamento che si rivela vincente proprio sul fronte della gestione dello stress.
Come abbiamo visto, dominare le emozioni significa anche preservarsi dallo sguardo indagatore dell’avversario che, invece, è pronto a cogliere ogni minimo segnale di emotività per fare ipotesi sulla nostra strategia di gioco. Va da sé che il tavolo verde rappresenti una vera e propria palestra di vita in cui esercitarsi a dare il meglio senza diventare preda dell’emotività. Un allenamento prezioso soprattutto per gestire l’incerto che, nella vita quotidiana, così come nella dimensione ludica, è sempre dietro l’angolo: è proprio di questo che parla la pokerista professionista Maria Konnikova che nel suo libro “Il grande bluff” ha messo in risalto il modo in cui il poker aiuta ad accettare tutto ciò che è incerto e a gestirne le ricadute sulla quotidianità.
L’avvento del digitale, poi, ha ridisegnato il perimetro del gioco e creato nuove prassi per i giocatori, oggi sempre più abituati a formule innovative come i tornei a tempo, che aumentano il ritmo di gioco e regalano adrenalina. Proprio la dimensione virtuale proposta da siti e piattaforme dedicate ai giochi rappresenta un’ottima soluzione per mettere alla prova le proprie abilità tecniche e d’altra parte i pokeristi lo sanno bene. La scelta del sito di riferimento non va presa sottogamba, perché giocare in modo sicuro è la chiave per esercitarsi senza stress, dunque divertendosi di più. L’operatore numero 1 di giochi virtuali in Italia, leader nell’industria da più di vent’anni, offre tornei di poker con avversari locali e internazionali e nelle specialità di apprezzate come il Texas Hold’em e l’Omaha per confrontarsi e affinare le proprie abilità con il poker online.
Conclusioni
Tra i tanti livelli di lettura che contribuiscono a rendere il poker ancora più affascinante c’è la dimensione psicologica: strategie e tattiche di gioco, infatti, richiedono una spiccata capacità di osservare con attenzione il comportamento degli avversari cercando di coglierne tutti quegli indizi - i famosi body tell - che si esprimono a livello non verbale. Segnali come mani tremanti, sudorazione abbondante, tendenza a giocherellare con ciocche di capelli o collane tradiscono ad esempio agitazione e possono offrire importanti indicazioni circa le caratteristiche della combinazione che l’avversario ha in mano. Una partita a poker, poi, mette alla prova la capacità di ciascun giocatore di mantenere i nervi saldi e gestire le pressioni, abilità queste ultime, che vanno di volta in volta allenate e affinate, poiché sono fondamentali per elaborare una strategia in modo lucido e mirato, talvolta anche ricorrendo al bluff. Questa tecnica, che nasce al tavolo verde, ma è affine alla vita quotidiana, si basa sulla capacità di manipolare il pensiero dell’avversario inducendolo a credere ciò che ci fa comodo per portare a casa la partita: tante volte è proprio bluffando che si ribaltano le sorti di una mano non particolarmente fortunata.