Questo mutamento nei destini del nostro territorio è confermato, nell’ultimo decennio del Trecento, da una nuova e ancora più rilevante trasformazione.
Dopo vicende non sempre chiare, legate alla fine dei Chiaromonte ed al passaggio alla dominazione aragonese in Sicilia,
Le terre appartenute da secoli al demanio passavano al nuovo barone.
Nei primi anni del Quattrocento il passaggio della baronìa (di cui la tonnara costituisce il boccone più pregiato, e il piccolo porto e Castello una base strategica importante a pochi passi dalla Capitale) nelle mani degli Spatafora determinerà le condizioni di un vero decollo economico: tonnara, caricatore di grano, biscottificio e vigneto.
Era l’inizio di un nuovo ciclo e di una nuova storia.
Grosse masserie di privati o enti religiosi, la coltivazione del grano e della vite, la tonnara e, coi primi del Quattrocento, anche la grande industria della canna da zucchero.
Più di trenta i trappeti a Palermo nel 1417 e, a partire dal 1462, la canna è presente anche sulla sponda destra dell’Eleuterio.
Il quadro economico-sociale si consolida e si manterrà sostanzialmente inalterato per secoli.
Su 17 masserie di cui conosciamo la data della prima concessione, metà risale sicuramente al XV secolo.
Si può stimare che su quelle terre si estendesse allora un vigneto di circa un milione di viti con una presenza massiccia di piccoli vigneti.
Il castello di Solanto, il ponte acquedotto e il Castello di Ficarazzi sono le emergenze più importanti; le torri delle masserie, a decine, le taverne sparse per le campagne, i fondaci, le cappelle per i servizi religiosi completano un quadro ormai ben lontano dall’indistinta e quasi deserta foresta.
Il Cinquecento pur con fasi di espansione e contrazione avrebbe reso più fitta la presenza umana nelle campagne grazie alla vite, pianta colonizzatrice per eccellenza.
L’espansione di Palermo che passa da 20-25 mila abitanti tra Quattrocento e Cinquecento, e a 100.000 a fine Cinquecento, costringe la campagna circostante ad un impegno produttivo nuovo e cresce perciò il numero delle masserie, mentre si riducono sempre di più gli spazi incolti.
Tratto dal libro La villa dei principi di Cattolica alla Bagaria, di Antonio Morreale (1999); in foto, un'immagine di Villa Butera del 1803.
Segue a: Dal bosco alle prime masserie - I parte