Villabate: tutti a casa..., ma prima pagate il conto!

Villabate: tutti a casa..., ma prima pagate il conto!

Politica
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Potrebbe condensarsi così la notizia riportata nell’edizione di Palermo de “La Repubblica”, che riferisce di una richiesta di risarcimento avanzata dalla Procura Generale della Corte dei Conti agli amministratori del Comune di Villabate sciolto per mafia nel 2003.

L’ex sindaco Lorenzo Carandino, il vicesindaco Emanuele Giglio, gli assessori e i consiglieri di maggioranza, in tutto 26 persone, hanno ricevuto quella che viene definita tecnicamente “una contestazione di responsabilità”, in seguito alla quale dovranno entro trenta giorni argomentare una loro difesa per controdedurre alle contestazioni della Corte; quest'ultima, imputa agli ex amministratori “la reiterata trasgressione del principio di buona amministrazione degli organi di governo ( sindaco assessori e maggioranza) una dolosa trasgressione o una inescusabile negligenza nell’esercizio del mandato".

Il giornale aggiunge che la Corte dei Corti si è mossa dopo una dettagliata relazione inviata dal P.M. Nino Di Matteo, contenente le dichiarazioni del già presidente del Consiglio comunale di Villabate Francesco Campanella, pentito e vicino, ai tempi, alla famiglia mafiosa capeggiata dai Mandalà.
La Corte intende fare recuperare all’Erario 1,5 milioni di euro, comprensivi delle indennità che, allorchè in carica, avevano percepito gli stessi amministratori (circa 500.000 euro), oltre ai compensi che furono erogati ai Commissari straordinari insediatisi alla Direzione del Comune di Villabate in seguito allo scioglimento per mafia.
La Corte dei Conti nella maxi richiesta di risarcimento sottolinea la riprovevolezza della condotta degli amministratori, vieppiù grave, si aggiunge, se si considera che il loro ruolo era particolarmente delicato in un comune che era già stato sciolto per mafia.

Si rileva, come elemento di responsabilità, l’avere nominato all’indomani del loro insediamento la nomina di tecnici per superare i rilievi del Genio Civile a proposito della realizzazione del centro commerciale, attorno alla cui realizzazione gravitavano rilevanti interessi mafiosi.
E' chiaro che la richiesta della Corte solleverà polemiche e ricorsi: passi per il sindaco e la giunta, organi di governo della città , ma i consiglieri di maggioranza?
Quanti hanno partecipato realmente ai lavori e alle scelte del consiglio?
E’ chiaro pure, che si aprirà un contenzioso che durerà parecchi anni.
Una domanda è d’obbligo, a questo punto.
E se, come è accaduto a Bagheria dopo lo scioglimento della giunta guidata da Giovanni Valentino, non segue alcuna indagine né alcun rinvio a giudizio, e l’inquinamento per mafia non viene né argomentato né dimostrato, ma rimane il dubbio che nei confronti di Valentino, dei suoi assessori e dei consiglieri, si è manifestato quello che i giuristi definirebbero il “fumus persecutionis”, i danni di immagine a sindaco, assessori, consiglieri, e soprattutto alla città, chi li paga?