Doveva essere il consiglio della solidarietà a Leonardis e della riappacificazione con Circomare di Porticello: è stato invece soprattutto, e giustamente, il consiglio in cui la crisi drammatica della marineria di Porticello e dell’intera Sicilia irrompe,
Ma procediamo con ordine.
Sono oltre ducecento i partecipanti al consiglio aperto convocato dal presidente Santino Lo Buglio nella trizzana “Di Maio”, su sollecitazione di Unicoop pesca, che con Ciccio Zizzo ha raccolto oltre duecento firme per ottenere questo obiettivo: un consiglio in cui si parli seriamente dei problemi della marineria.
E’ elevato il numero dei presenti, tanti i pescatori, in considerazione anche del fatto che dopo il cattivo tempo e le festività di Pasqua, è questo il primo giorno di tempo buono per la pesca, e sono tante le barche che oggi hanno preso il largo.
Presenze importanti a partire da tre ex sindaci Giuseppe Meloni, Nicolino Lo Coco e Salvino Roccapalumba, che pur in veste non ufficiale, è comunque un autorevole funzionario dell’Assessorato regionale Cooperazione e Pesca; Salvino Caputo, e poi verso la fine anche gli on.Antinoro e Di Mauro.
Tanti e qualificati anche gli interventi: da quello di Ciccio Zizzo al sindaco Antonio Napoli in apertura, da Salvino Caputo a Salvino Roccapalumba, da Rosaria Orlando all’armatore Nicola Lo Coco.
Ogni intervento porta un tassello che alla fine disegna un quadro preoccupante: per motivi accidentali e strutturali le marinerie siciliane, e quella di Porticello, che dopo Mazara del Vallo ed assieme a Porto Empedocle, Sciacca, Porto Palo, è una delle più grandi della Sicilia, stanno atraversando una crisi profonda.
Le cause? presto detto.
A partire dalle normative comunitarie, approvate dai governi che negli ultimi anni si sono succeduti, senza tener conto delle particolari condizioni delle nostre flottiglie pescherecce.
Una applicazione assurda di questi regolamenti: un esempio per tutti.
Le barche di Porticello, o delle altre marinerie siciliane in base al periodo, al tonnellaggio e al “mestiere” di pesca che praticano, non possono superare le 10 o le 20 miglia di distanza dalla costa.
Questa misura non vale per il naviglio peschereccio tunisino o marocchino o addirittura giapponese, che, in acque internazionali oltre quindi le 12 miglia, pescano con le tonnare volanti e individuano i banchi di pesce con i satelliti e se ne impipano delle nostre “quote tonno” e simili.
Insomma fanno il bello e il cattivo tempo.
Ed ancora con i costi del carburante , che per fortuna negli mesi con la riduzione del prezzo del petrolio si è ridimensionato.
Dal mese di Agosto, vuoi per il fermo biologico, vuoi per le condizioni meteo, che quest’anno sono state incredibilmente avverse, ci sono imbarcazioni che hanno lasciato la banchina un numero di volte che si può contare sulle dita di una sola mano.
A ciò si è aggiunto a Porticello una serie di incomprensioni tra gli uffici del Circomare ed i pescatori, che hanno portato ad una interpretazione restrittiva e rigorosa dei regolamenti, il chè è stato visto dai pescatori, come una vera e propria vessazione.
Che fare?
Nel corso del dibattito assieme alla testimonianza estremamente emotiva e partecipata dell’armatore Lo Coco e di altri pescatori, per una condizione ormai insostenibile, sono emerse alcune proposte.
Salvino Caputo ha promesso prima della fine del mese un incontro con le marinerie della provincia e i loro rappresentanti, ma ha detto chiaramente che pur rappresentano il problema al governo e all’Europa , è dall’autonomia della regione Sicilia che bisogna ripartire per arginare la crisi: la progettazione comunitaria 2007/2013 deve essere avviata al più presto e la filiera pesca dall’investimento sui mezzi, al prelievo del pescato, alla commercializzazione alla conservazione, deve avere un ruolo di rilievo nella destinazione delle risorse. Questa è l’unica strada possibile.
Salvino Roccapalumba mette il dito su alcune piaghe, ed invita soprattutto i pescatori, a guardare in faccia la realtà.
In poche parole il regime di anarchia di un tempo è finito e bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà; per troppo tempo (ed ancora oggi) il mercato in nero del pescato, dà numeri falsati sull’incidenza sull’economia e sul prodotto interno del settore pesca.
Questa “sottostima”, come è stato detto da più parti, è una delle cause di regolamenti sbagliati.
Le regole ormai ci sono da un pezzo, ed è arrivato il momento di prenderne atto e di guardare avanti.
Le evasioni hanno provocato situazioni aberranti: non ci vengono assegnate le “quote tonno” adeguate, perché negli anni precedenti la denuncia del pescato di tonno è stata irrilevante.
Il problema è come dicevamo che a problemi vecchi, strutturali e di regolamentazione comunitaria che come dicevamo non tiene conto delle specificità territoriali, si stanno sommando una serie di fattori “accidentali” , dal maltempo al rigore delle autorità preposte ai controlli, che stanno portando i pescatori alla disperazione.
Zizzo nel suo intervento dava qualche dato: a Porticello sono trecento le imbarcazioni iscritte nel registro navale, sono oltre seicento gli addetti alla pesca vera e propria, oltre ad altri 400 che lavorano nelle attività collaterali e indotte: è un buon 20-25 % delle forze produttive.
E’ come una grande fabbrica che gira a vuoto e che non garantisce un reddito a chi ci lavora.
Diceva bene e con tanto buon senso l’armatore Lo Coco: ”Non serve dare soldi alla Fiat, per salvare gli stipendi e il lavoro degli operai, se poi nessuno compra le macchine che questi producono".
Dicevamo ieri a conclusione del nostro articolo sull’argomento: speriamo che politici e pescatori non disperdano l’opportunità di questo consiglio aperto: e dobbiamo dire che in effetti l’occasione non è andata sprecata.
Da quello che abbiamo visto e sentito, si è capito quale miscela esplosiva si stia componendo all’interno delle marinerie
Speriamo che il governo regionale intenda, e prenda le giuste misure per arginare le difficoltà di uno dei pochi settori veramente produttivi dell’economia isolana.