Le dimissioni di Vittoria Casa da coordinatrice del Partito Democratico, per come sono formulate rimandano ad un ragionamento e ad una riflessione cui vogliamo portare anche noi un piccolo contributo.
Non sono le parole, quelle di Vittoria Casa, di chi getta la spugna o di chi stanca e delusa per le sconfitte si rifugia negli accampamenti, per allontanarsi da una tenzone che avverte sempre più difficile.
Sono le parole invece di chi crede ancora in un progetto che potrà trovare nuovo vigore e slancio, e Vittoria Casa per quanto riguarda Bagheria indica due strade: la valenza “strategica” di una alleanza con il centro dei moderati, l’ U.D.C. ovviamente, e il ridisegno di alcune idee e progetti cui la sinistra dovrà porre mano per un rilancio che non può essere solo economico, ma dovrà anche essere etico, civile, di valori insomma.
Noi crediamo che ci sia, a Bagheria come altrove, oltre ai problemi dei contenuti del progetto e della ricerca delle alleanze per realizzarlo, una terza gamba che non può che riguardare i “modi” di come realizzare gli obiettivi che ci si prefiggono.
E questo attiene in poche parole ai “modi” di fare politica.
Ora non vorremmo dare l’impressione di chi si mette lì a pontificare, perché sa già tutto.
Ma fare politica, ci si consenta di dirlo, non è quello che negli ultimi anni hanno fatto a Bagheria (ma lo stesso discorso vale per Palermo e la Sicilia), prima i D.S. e poi il P.D, per parlare dei partiti che conosciamo meglio.
Pensare che fare politica siano i “tete à tete”, magari al bar o meglio da “Don Ciccio” o al Mata Hari, con “gli addetti ai lavori”, il conciliabolo, il comunicato o l’intervista, le riunioni di piccoli gruppi (dirigenti?), gli accordi tra pochi, il chiacchiericcio da "stratonello", o peggio le maldicenze, è la causa prima secondo noi dei guai della sinistra e del neonato Partito Democratico.
Facciamo due soli esempi per farci capire e poi la chiudiamo là. Ma è mai possibile che in una città come Bagheria che da quasi due anni vive ormai dal punto di vista dell’igiene ambientale una situazione che è un eufemismo definire “vergognosa”, nessun partito politico senta il bisogno di fare su una questione di tale portata una assemblea cittadina, un volantino, un comizio, una manifestazione di protesta, una denuncia pubblica, di parlare cioè alla città al di fuori delle formali occasioni istituzionali, e che su un problema di vivere civile così importante provi a realizzare un momento decisivo di battaglia politica, e di mobilitazione delle coscienze?
Ed ancora: da mesi il paese discute e si divide sul destino del corso Umberto: ma è mai possibile che al di la delle prese di posizioni in consiglio o in tv, nessun partito, dicasi nessuno, trova la voglia e il tempo di convocare una assemblea, un dibattito pubblico in cui parli direttamente agli abitanti e ai cittadini di questa città, senza le intermediazioni mediatiche e istituzionali?
E se non questo, cosa è allora fare politica?