La violenza, scoppiata in numerosi paesi siciliani in concomitanza col mutare del regime, venne generalmente affrontata in modo sanguinoso dalle truppe garibaldine o dalla Guardia Nazionale.
In alcuni paesi, tuttavia, Garibaldi inviò il siciliano Giuseppe La Masa che si servì delle guerriglie che aveva raccolto a Gibilrossa e che avevano attuato l’assalto e la conquista di Palermo il 27 maggio.
Leggiamo dal proclama di Misilmeri dell’11 giugno del 1860 del La Masa a quelli che egli chiama “soldati della patria”: “…io coll’aiuto delle mie vecchie guerriglie, alla cui testa è il prode sacerdote Agostino Rotolo, colle Guide a cavallo ed a piedi del nostro Stato Maggiore…, col mio antico e valoroso compagno, cavaliere Vincenzo Fuxa, ed altri prodi figli della patria, sono lieto di poter compiere in pochi giorni questa sacra missione…”. ( 1 )
Pochi giorni dopo, precisamente il 15 giugno, e sempre da Misilmeri, Giuseppe La Masa scriveva a Garibaldi: “Sento, con mio dispiacere, allarmati tutti i vicini paesi a causa di aversi affidata una sì alta missione a…soggetti dichiarati pessimi dalla opinione pubblica. Mille brutte dicerie contra di essi vanno attorno su quanti adoprano nei paesi dove si recano, abusando del potere loro affidato”. ( 2 )
Dunque i picciotti, il cui contributo era stato determinante nella riuscita della prima fase dell’impresa garibaldina, non godevano di una buona fama.
Il 13 giugno Garibaldi scioglierà quelle squadre e in un giornale dell’epoca, in un articolo del 18 giugno, questo atto sarà commentato nel modo seguente:
“…Scompaiono certi individui armati fino ai denti e vestiti nelle più strane guise…Un ordine del Dittatore ha reso un vero e grande servigio alla tranquillità pubblica. Egli mandò ai propri focolari molti dei volontari delle squadre siciliane e non rattenne se non che uomini scelti e veramente atti alle armi.Di questa guisa ci liberò da molesti ausiliari, i quali non pare avessero delle idee molto chiare, o per dir meglio molto rette, sulla proprietà altrui. In generale, mi sembra che senza averla studiata mettessero in pratica la teoria di Proudhon, come la più facile e laudabile teoria sociale”. ( 3 )
Non c’è dubbio che i picciotti siciliani avessero partecipato all’impresa garibaldina nella prospettiva di un miglioramento delle loro condizioni di vita. Sicuramente essi erano stati incentivati anche dal soldo che avrebbero percepito.
Scrive infatti Nandor Eber: “ Ma è cosa curiosa ad osservare che i patrioti siciliani ricevevano una paga; mentre gli entusiastici italiani del continente venuti per aiutarli non avevano né anco un soldo e non speravano d’aver nulla. Si chiamarono i cacciatori dell’Etna”. ( 4 )
I documenti dell’epoca ci permettono di comprendere come funzionassero le cose. Sono i singoli Comuni, attraverso i loro Comitati rivoluzionari, a fornire il denaro per il pagamento delle squadre da essi reclutate; quel denaro, raccolto in una apposita cassa, viene quindi ogni giorno distribuito al singolo individuo dai capi squadra. Citiamo dall’ordine del giorno n. 2, del 22 maggio 1860, in Gibilrossa: “E d’oggi innanzi dietro appello nominale si darà ad ogni individuo il soldo di tarì tre al giorno”. ( 5 )
Esiste un importante documento costituito dal “Rendiconto presentato dall’Intendente delle Guerriglie Siciliane signor Nicolò Sunseri al signor Generale La Masa per l’amministrazione tenuta sul campo di Gibilrossa e nell’entrata in Palermo”; in esso l’Intendente registra puntualmente le entrate provenienti dai vari comuni ( 676 onze e 4 tarì ) e le uscite ( 699 onze, 21 tarì, 7 grana ) con un bilancio in disavanzo di 23 onze, 17 tarì e 7 grana. Dal quel rendiconto possiamo ricavare anche le entrate e le uscite di cassa riguardanti Bagheria.
“23 maggio. Introitate o versate in questa Cassa nazionale per conto del Comune di Bagheria, per mezzo del sig. Tommaso Mazzarella, qual conduttore d’una squadra di questo Comune, onze centotrenta, tarì ventidue e grana due”.
“24 maggio. Pagate al signor Luigi Puglisi Capo della squadra di Bagheria per num. 147 individui, cioè 144 con fucili, e n. 3 con armi bianche, onze tredici e tarì diciotto. 24 maggio. Pagate alla squadra di Casteldaccia il di cui comando è pure affidato al signor Luigi Bavin Puglisi che comanda una squadra di Bagheria, onze quattro e tarì diciotto per 51 individui”.
“25 maggio. Pagate al signor Puglisi Luigi qual capo d’una squadra di Bagheria e di Casteldaccia composta di n. 141 individui con fucili e num. 59 con armi bianche, onze diciotto e tarì uno. 25 maggio. Erogati e dati per complemento alla squadra di Bagheria per aver acceso ieri sera dei fuochi negli avamposti collocati in varii punti della montagna di Gibilrossa, onze una e tarì sei. 25 maggio. Alla squadra di Bagheria capitanata dal signor Luigi Puglisi pagate per num. 5 vetture compresi i vetturini, onze due”. ( 6 )
Luigi Bavin Pugliesi continuerà a distribuire il soldo giornaliero ai suoi uomini fino all’8 di giugno quando i regi, ormai sconfitti, hanno già cominciato fin dal giorno prima ad imbarcarsi per lasciare Palermo. ( 7 )
Dopo l’ingresso nella Capitale, le squadre agli ordini del Pugliesi presidieranno infatti Porta dei Greci; ora i combattenti non sono più quelli di Gibilrossa, sono aumentati di numero essendo arrivati a 426, sono una forza importante, seconda soltanto ai 570 guerriglieri provenienti da Alcamo e guidati dal barone Sant’Anna ( presidiano il quartiere Papireto ), e di consistenza quasi analoga ai 420 provenienti da Cianciana e Ventimiglia comandati da Luigi La Porta ( di stanza a Porta Maqueda ). ( 8 )
Quegli uomini, al ritorno in sede, saranno accolti, secondo quanto immagina Nicola Previteri, “ con i dovuti onori dal popolo e dal locale Comitato…I bagheresi, allora, pervasi da furore patriottico, vissero momenti di grande intensità interiore:…i loro cuori accomunavano all’eroe Andrea Coffaro l’uomo del momento, don Luigi Bavin Pugliesi. Ma, a poco meno di un mese, quest’ultimo cadde improvvisamente nell’oblio delle successive generazioni”. ( 9 )
Cos’era successo? Il giovane ( aveva ventotto anni ), ai primi di luglio, era morto. Di morte naturale?
Nell’atto di morte che Nicola Previteri esamina, e che noi riporteremo, la causa non risulta ma egli ha forti dubbi; questi verranno confermati dalla lettura dello storico di parte borbonica Giacinto De Sivo laddove quest’ultimo, discutendo della violenza dilagante, accennerà a quel capo banda di Bagheria morto per mano dei suoi stessi uomini. ( 10 )
Luigi Bavin Pugliesi era il capo banda di Bagheria, egli era morto, egli era stato assassinato dai suoi picciotti.
Scrive Nicola Previteri; “…L’oblio, rigorosamente steso dalla Bagheria post unitaria sull’idealista Luigi Bavin Pugliesi…non fu che il parto di tanta ignominia”. ( 11 )
Di quell’assassinio, rispetto a Nicola Previteri, sappiamo ora molto di più; ne conosciamo il movente, legato a quel soldo che le guerriglie percepivano, le modalità e il nome degli esecutori, almeno di quelli che il tribunale condannò.
Appendice
PROVINCIA DI PALERMO COMUNE DI Bagaria Registro degli atti di morte Numero d’ordine 120
L’anno milleottocentosessanta il dì quattro del mese di Luglio alle ore sedici Avanti Noi Pietro Scaduto Presidente ed Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Bagharia Distretto di Palermo Provincia di Palermo sono comparsi Giuseppe Gagliano di anni ventisei di professione Becchino domiciliato in Bagaria e Giuseppe Scardina di anni quarantasei di professione Massaro domiciliato ivi i quali han dichiarato che nel giorno tre del mese di sopra anno corrente alle ore quattro è morto nella propria casa in questa D Luigi Bavin Pugliese di anni ventotto nato in Palermo di professione Maggiore della Truppa Nazionale domiciliato in Palermo figlio del fu D Girolamo di professione-----
domiciliato----- e di----- domiciliata----Per esecuzione della legge ci siamo trasferiti insieme coi detti testimoni presso la persona defunta, e ne abbiamo riconosciuto la sua effettiva morte. Abbiamo indi formato il presente atto, che abbiamo iscritto sopra i due registri e datane lettura ai dichiaranti si è nel giorno mese, ed anno come sopra, segnato da Noi. Solamente
Note
1-Giuseppe La Masa, Alcuni fatti e documenti della Rivoluzione dell’Italia meridionale del 1860 riguardanti i siciliani e La Masa, Tip. Scolastica-Sebastiano Franco E Figli, Torino 1861, p. 178 books.google.com/…/Alcuni_fatti_e_documenti_della_Rivoluzio.htm…2-Ivi, p. 179
3-Movimento del 24 giugno 1860 in La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli: nei proclami, nelle corrispondenze, nei diari e nelle illustrazioni del tempo, a cura di Mario Menghini, Società Tipografico- Editrice Nazionale, Torino 1907, p. 119 Archive.org/…/laspedizionegari00menguoft/la spedizionegari00mengu…
4-La rivoluzione siciliana raccontata da un testimone oculare, Stabilimento Tipografico delle Belle Arti, Napoli 1860, p. 16b books.google…/La_rivoluzione_siciliana_raccontata_da_u.htm…
5-Giuseppe La Masa, op. cit., p. 87
6-Ivi, pp.245-2617-Nicola Previteri, Verso l’Unità, Gli ultimi sindaci borbonici di Bagheria, Assessorato ai Beni Culturali del Comune di Bagheria, Bagheria 2001, p. 286
8-Altre squadre particolarmente numerose furono quelle guidate dal sacerdote Agostino Rotolo ( 412 combattenti provenienti da Lercara di stanza a Porta Termini ) e dal marchese Ferdinando Firmaturi (403 uomini provenienti da Corleone di stanza all’Università e al Quartier Generale ). Negli stessi luoghi presidiati dal Firmaturi, c’erano anche altri 30 uomini provenienti da Bagheria e Santa Flavia e comandati da Francesco Gandolfo. Ricaviamo queste notizie dall’importante saggio di Pietro Merenda dal titolo
Contingente delle squadre siciliane d’insorti nei combattimenti di Palermo del 27, 28, 29 e 30 maggio 1860, pubblicato nel 1931 in Rassegna Storica del Risorgimento anno XVIII ( Supplemento al fascicolo 1° XVIII Congresso Sociale di Palermo ), pp.180-201, www.risorgimento.it/rassegna/index.php?id=16947.
Secondo il Merenda i siciliani che parteciparono all’impresa garibaldina divenendo decisivi per la sua riuscita furono ben 6602; questo totale corrisponde alla somma dei 5700 picciotti di 72 squadre, 780 uomini comandati dal bagherese Vincenzo Fuxa, 122 uomini dello Stato Maggiore e delle Guide.9-Nicola Previteri, op. cit. ,p.286
10-Giacinto De Sivo, Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, vol. 2°, Trieste 1868, p. 234
Bagheria dei misfatti 8 - di Biagio Napoli
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