In nome della legge: un western di cose nostre - di Biagio Napoli

In nome della legge: un western di cose nostre - di Biagio Napoli

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Verrà proiettato sabato 14 luglio alle ore 21,00 a Palazzo Aragona Cutò con ingresso gratuito il film di Pietro Germi "In nome della legge", ecco una breve presentazione di Biagio Napoli che parlerà del film anche sabato sera prima della proiezione.

altIn nome della legge, al suo uscire nel 1948, venne salutato come il primo western italiano. Si scomodò John Ford, il suo attore Henry Fonda, il film Sfida infernale (Wyatt Earp e Doc Holliday contro i Clanton all’O.K. Corral).

In effetti il latifondo siciliano era paragonabile al deserto che circondava la città di Tombstone. Peraltro l’eroe del film (il pretore Guido Schiavi) è assimilabile a quei personaggi di numerosi B movie western, siano essi killer sceriffi cavalieri erranti, Alan Ladd Randolph Scott Audie Murphy Clint  Eastwood, che, giunti in un paese, con il loro comportamento fuori dagli schemi, sconvolgono la vita degli abitanti. 

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Il film fu tratto dal romanzo Piccola pretura del magistrato Giuseppe Guido Lo Schiavo. E’ un libraccio. Sostiene che i mafiosi sono persone per bene che amministrano la giustizia e difendono la legge al posto dello Stato laddove esso non c’è.

Per fortuna nel film c’è soltanto una scena ambigua, quella finale in cui la legge si afferma non contro ma con l’aiuto della mafia. Paragoniamo questa scena ad alcune pagine del libro di Leonardo Sciascia Il giorno della civetta. Sono quelle in cui assistiamo a una sorta di onore delle armi tra il capomafia don Mariano Arena e il capitano Bellodi.

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Il boss ha finito di enunciare la sua concezione dell’umanità che divide nelle categorie degli uomini, dei mezzi uomini, ominicchi, piglianculo, quaquaraquà. E’ tra gli uomini che mette il capitano dei carabinieri. 

E quest’ultimo, con una “certa emozione”, ricambia. Se Germi è ambiguo, Sciascia è campione di ambiguità. Ma quelle pagine sono letterariamente efficaci come cinematograficamente efficace è quella scena. 

Ma, allora, perché lo scrittore nel suo La Sicilia nel cinema (in La corda pazza), ritiene di doverla criticare?

11.07.2012

Biagio Napoli