Un pò di sano "campanilismo" non guasta

Un pò di sano "campanilismo" non guasta

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La foto che correda l'articolo è quella del manifesto con il quale l'INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico) presenta la XLIV rassegna di tragedie greche che dall' 8 Maggio al 22 Giugno di quest'anno, verranno rappresentate al Teatro Greco di Siracusa.

Quest'anno verranno messe in scena le "Orestiadi", la trilogia di Eschilo, (Agamennone, Coefore, Emenidi), per la prima volta rappresentate nel 458 a. c. e che valsero ad Eschilo il primo premio.

Il manifesto di presentazione verrà affisso in tutti gli aeroporti e le più importanti città italiane, per propagandare un evento culturale di valore nazionale e internazionale.

Cosa ha di particolare la foto che mostriamo?

Che è di un grande della fotografia, il bagherese Ferdinando Scianna, ed è stata scattata nel 1962, allorchè l'allora inconsapevole artista aveva appena 19 anni.
E che la persona ritratta nella foto è Michele Toia, amico di Ferdinando Scianna, e che generazioni di studenti universitari hanno conosciuto segretario prima delle Facoltà di Ingegneria e poi di Lettere e Filosofia dell'Università di Palermo, e che dopo oltre 40 anni ha concluso solo qualche mese fa, da dirigente, il suo lavoro all'Università.
Questa foto garantirà a Michele Toia, nostro amico, ne siamo certi una laica immortalità.

Orestiade di Eschilo

Con l’Orestiade, l’unica trilogia giuntaci al completo del teatro classico, Eschilo reinterpreta in maniera immortale l’antica leggenda degli Atridi, paradigma assoluto della condizione umana.
Pathei pathos
, ovvero la conoscenza viene dalla sofferenza, è il verbo di Eschilo, che, con il suo potere di trasformare l’abiezione in bellezza, di donare dignità a ogni umana fatica al limite dell’umano, porterà quest’anno in scena quei valori eterni.

Il nucleo tragico è composto da un intreccio di temi dal forte valore maieutico: la pericolosa altalena fra destino individuale e ordine universale, l’inestinguibile colpa e la sua ereditarietà, il conflitto irrisolto fra vendetta e giustizia, il rapporto che lega la conoscenza e la sofferenza, l’opposizione ancestrale fra un impianto dell’universo patriarcale e maschile e un mondo primigenio femminile, governato dalla madre.

Nell’Agamennone, centrale è l’angoscia, nelle caldissime note di una drammaturgia che ripercorre le ore dell’assassinio del re di Argo ad opera della moglie Clitemnestra, spinta all’insano gesto dall’amante Egisto. Ed ancora, il dramma del sacrificio della figlia Ifigenia, a giustificare quasi l’omicidio della regina madre, figlia precedentemente sacrificata per mano di Agamennone affinchè la flotta greca, bloccata in Aulide dai venti contrari e dal volere degli dei, potesse giungere a Troia.
Nelle Coefore, attraverso un continuo alternarsi e confondersi di stati d’animo, si narra dell’uccisione di Clitemnestra e del suo amante, da parte del figlio, Oreste. Anche lui, come aveva fatto Clitennestra con la morte di Ifigenia, prova a dar giustizia del suo gesto adducendo come motivo l’assassinio del padre. Ma tutte le giustificazioni tentate non fermeranno la “furia” delle Erinni, assetate di vendetta per la regina.
Con le Eumenidi si placa questa lunga tara di sangue e colpe, grazie all’assoluzione del matricida presso il tribunale dell’Aeropago, fondato da Atena: è il momento della “catarsi”, ad una logica di vendetta privata subentra l’istituzione di un tribunale con le sue regole, ed è ristabilito l’ordine morale e sociale. Oreste sarà assolto con la parità di voti raggiunta con il favore di Atena, a testimonianza dell’imperscrutabilità del senso della vita agli occhi dei comuni mortali, ciechi innanzi al divino e contenti di esserlo.