In Via Girgenti, circondato dai muri delle case, c’è un albero di gelsi sconosciuto alla maggior parte della nostra comunità: era già lì prima che fosse costruita quella via. Forse l’unico della sua specie rimasto a Bagheria.
Diversi anni fa il tronco è stato tagliato alla base ma dopo poco tempo, testardamente è ricresciuto.
Quello che era un esile ramo è ridiventato di nuovo un albero grande, frondoso, e splendido.
Le radici non erano seccate: hanno alimentato il gelso continuando a succhiare acqua dalla terra.
E’ uno dei pochi alberi storici rimasti in città, con la stessa voglia di vivere e resistere agli assalti umani dei ficus di Palazzo Butera e dei cipressi della Certosa: negli uni le forti radici prorompono a tratti con violenza dal tappeto di cemento della pavimentazione, negli altri le chiome, sempre più alte sembrano avere conquistato quel pezzo di cielo che le palizzate della recinzione non sono riuscite a ingabbiare.
Scopro nell’albero di gelsi uno dei pochi simboli rimasti ormai dell’Anima bagherese.
Sono convinta che esista ancora un’anima in questa città, l’anima con la A maiuscola che, volenti o nolenti, ha fatto finora di Bagheria una comunità con una propria identità culturale.
Quest’anima ha resistito a tutti i tentativi di essere recisa: dapprima alla forte emigrazione dei nostri concittadini tra il novecento e il dopoguerra, alla cementificazione dell’abusivismo poi, ed alla notevole immigrazione ora.
E’ quest’anima che ci permette di riconoscerci a tutt’ora come “baharioti”.
Si tratta dell’anima poetica intessuta di storie minime di persone sconosciute ai più, ignorate dalla cultura ufficiale: sono loro le radici più invisibili, che si perdono nella terra. Sarebbe ancora possibile andare alla ricerca delle radici sconosciute, raccontarle una ad una…
Tratto dalla Guida Turistica "Bagheria. Gente, Natura, Architettura, Turismo, Tradizioni popolari" - edita dalla Pro Loco.