Il Principe di Salina a Palazzo Aragona-Cutò

Il Principe di Salina a Palazzo Aragona-Cutò

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Il Gattopardo, secondo appuntamento della rassegna cinematografica “Brividi…di Sicilia a mezzanotte” curata dalla locale Pro Loco di Bagheria, appartiene a quella categoria di opere artistiche che si possono rivedere, rileggere o risentire

anche due, tre, quattro, dieci volte senza che mai vengano a stancare perché ogni volta si riesce a cogliere un particolare, una presenza avvertibile, una sfumatura, uno strumento che non si era ancora percepito.

Opere artistiche che lasciano inalterata l’esigenza di curiosità che stimola l’interesse del loro fruitore. Credo che questo sia il fascino proprio dei capolavori destinati a non essere mai dimenticati. Qui - nella fatti specie - il capolavoro è doppio. Capolavoro letterario il romanzo, nel quale sono rintracciabili notazioni autobiografiche e capolavoro la sua trasposizione cinematografica.

Tutto il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa scritto - dalla prima all’ultima stesura tra il 1954 ed il 1957 - e di conseguenza il film che d’esso trasse, tra il 1961 e l’autunno del 1963, Luchino Visconti - si basa sulle novità portate dal capovolgimento storico e culturale che la società italiana e – nella fatti specie quella siciliana – aveva cominciato a vivere all’epoca dei fatti narrati (1860).

Novità di cui il Gattopardo, il Principe di Salina, riconosce immediatamente sia la grande portata che la propria incapacità a sopportarne il peso morale. Per questo prepara il prediletto nipote Tancredi al difficile futuro, concedendogli di sposare la donna che ama, sebbene non adeguata al suo ceto, anziché la nobildonna che per rango gli spetterebbe.
Con l’ufficializzazione di tale fidanzamento tra Tancredi e Angelica, figlia di Don Salvatore Sedàra, borghese di Donnafugata dai pochi scrupoli e dall’educazione alquanto rozza e superficiale, si apre una nuova epoca.

E’ - in estrema sintesi - la storia di un trapasso di poteri, della fine di una casta dominante che ha il culto della raffinatezza e dell’eleganza come sole cose per cui valga la pena vivere. Ed è proprio qui che Visconti, uomo dalla cultura finissima, si è superato; nella piena coscienza che se non fosse riuscito a descrivere con evidenza non già un lusso diciamo così generico, ma proprio “quella” eleganza, tanto esclusiva quanto le caratteristiche somatiche di un individuo, avrebbe mancato una parte rilevantissima del compito che si era assunto.

La cosa straordinaria della trasposizione cinematografica di cui – come semplice spettatore - vorrei soffermarmi a parlare, è la perfetta ricostruzione dei luoghi, delle ambientazioni e d'ogni più piccolo ed apparentemente insignificante oggetto compositivo della scena oltre che d’ogni dettaglio somatico, atteggiamento, ciascun movimento in scena degli attori. Cosa nella quale Visconti ha - ancora una volta in più - dimostrato una cura maniacale. Famoso il vanto di Visconti – alla fine delle lunghissime ed estenuanti riprese del ballo - nel sottolineare d'esser riuscito a trasformare Burt Lancaster da “cowboy texano” in un perfetto principe mitteleuropeo.

Gran parte del film, come sappiamo, venne girato in Sicilia ad esclusione degli interni (che dovevano ricreare la grande suggestione letteraria del palazzo di Donnafugata descritto nel romanzo) che vennero ambientati nel Palazzo Chigi di Ariccia ed a Palazzo Odescalchi di Bassano di Sutri, le cui soffitte vennero utilizzate per una parte dell'inseguimento tra Tancredi e Angelica. Per scelta di Visconti la produzione abbandonò ben presto l’idea (ben più economica) di utilizzare per le ricostruzioni i grandi set di Cinecittà. Il film ebbe così costi spropositati proprio per il fatto d’essere stato girato in Sicilia, peraltro in un ambiente – spesso - difficile.

I cantieri scenografici delle ricostruzioni coinvolsero quartieri, piazze ed edifici storici di Palermo. Il quartiere Kalsa, ad esempio, dove in dieci giorni di lavorazione vennero girate le scene della battaglia tra garibaldini e truppe borboniche conclusasi con la presa di Palermo (6 giugno 1860). Visconti girò - in pratica - negli stessi luoghi dove un secolo prima realmente era passato Garibaldi, con una realtà topografica a dir poco impressionante.

E tutto ciò, credo potrà essere agganciato - assumendomene senza rete fin d’ora, la responsabilità di quanto affermato, ad un filo che corre parallelo all’attuale grande lavoro di ricostruzione scenica e d’ambientazione operato nel corso dell’ultimo anno da Tornatore per moltissime riprese del suo imminente film “Baarìa” che hanno visto parecchi luoghi – esterni ed interni - della nostra città e del suo territorio, richiamati dal regista a rievocare e testimoniare fatti realmente in essi accaduti, con altrettanta naturale cura d’ogni particolare. Anche se per “Baarìa”, nel caso delle ricostruzioni delle grandi scene di massa o di “apertura massima dell’occhio della macchina da presa” - si è invece sentita l’esigenza di ricostruire, nell’impianto urbano principale, una perfetta Baarìa d’epoca in una sorta di cinecittà tunisina. Ma di questo possibile paragone – a film uscito nelle sale (si parla dei primi mesi del 2009) – potremo anche tornare a parlare.

I set effettivi voluti da Visconti furono tre: piazza S. Giovanni Decollato, piazza della Vittoria e piazza Sant'Euno, dove vennero impiegate tra popolani, borbonici, garibaldini e donne “scatenate”, circa settecento comparse. Le scene iniziali del film – laddove il regista doveva riprodurre la Villa di San Lorenzo ai Colli del romanzo - vennero girate a Villa Boscogrande allora circondata da uno straordinario paesaggio rimasto intatto, mentre per le celeberrime scene del ballo in casa Ponteleone (la cui durata è più di un terzo dello spettacolo) si scelse Palazzo Ganci.

Qui – con grande rigore filologico – Visconti fece collocare al centro della sala da ballo perfino anche il pouf descritto nel romanzo ed il grande Peppino Rotunnodirettore della fotografia – dovette esprimere tutta la sua grande professionalità per ovviare alle grandi difficoltà di girare, nel modo migliore, le lunghe riprese del ballo. Nella scena del posto di blocco girata in una contrada di Piana degli Albanesi – ad esempio – e durante il viaggio in carrozza dei Salina alla volta di Donnafugata, è visibile un paesaggio brullo e montuoso, il lago artificiale ed una vecchia masseria.

Visconti rispettò letteralmente il romanzo: “Mai un albero, mai una goccia d'acqua; sole e polverone”. Per ottenere l'effetto polveroso delle strade che conducevano a Ciminna, fu necessario portare sulle montagne vari camion di terra che veniva poi spianata e rullata sui percorsi. A Ciminna invece, scelta dopo innumerevoli sopralluoghi per l’intera provincia di Palermo, venne ricostruita (con costi elevatissimi) adiacente alla chiesa Madre, la dimora dei Tomasi a Palma di Montechiaro, quest’ultima alla fine scartata (con grande rammarico di Visconti) per l’impossibilità manifesta di effettuarvi le riprese.

Nel centro storico di Cefalù venne girata la scena della visita del principe alla prostituta e quella finale del film, con il passaggio del viatico, senza peraltro apportare modifiche all’ambiente.
Al sommo scrupolo della ricostruzione va aggiunto – particolare non indifferente - che il periodo delle lavorazioni del film venne a coincidere, in buona parte, con quello storico e fittizio del romanzo, riproponendo così addirittura le stesse condizioni meteorologico - climatiche.

E poi infine “Il ballo”. Così infatti viene sempre definita l’ultima parte del film di Visconti. Il celebre valzer del Gattopardo; un valzer che ha fatto epoca sia per la bellezza e la “ballabilità” della musica di Verdi – Rota, sia per i significati che Tomasi di Lampedusa prima e Visconti dopo hanno voluto mettere in evidenza. Il Principe che danza con Angelica testimonia l’avvenuto cambiamento, il passaggio di consegna tra aristocrazia e borghesia. La stessa danza - il valzer – che è a sua volta la risultante di una complessa “scalata sociale”.

Un ballo comunque “funebre, funereo, mortuario” in riferimento all’intuizione di Luchino Visconti di eliminare la morte del principe di Salina, così come descritta nel romanzo, sostituendola con la scena del ballo per l’appunto, che di quella fine, di quel trapasso diviene magnifica metafora.

Secondo appuntamento della rassegna cinematografica “Brividi…di Sicilia a mezzanotte”. Proiezione della versione restaurata del film di Luchino Visconti “Il Gattopardo” - Corte Intima di Palazzo Aragona - Cutò in via Consolare a Bagheria, ore 22,30, sabato 23 agosto 2008.