Ha sollevato qualche polemica e qualche commento ironico la decisione presa dalla giunta Lo Meo, di mettere a disposizione sale e spazi di alcune sedi prestigiose, quali palazzo Butera e altri di proprietà comunale per l’organizzazione di cerimonie ed eventi, naturalmente a pagamento.
Sinceramente non riusciamo a trovare dove sia lo scandalo: da tempo in Sicilia, in Italia, in Europa, ville, palazzi, castelli, ma anche chiese di grande storia, in certi casi veri capolavori d’arte, vengono messi a profitto dagli enti gestori.
Il primo esempio che ci viene in mente è la Cappella Palatina di Palermo, opera unica nel suo genere, assieme alla Villa romana del Casale il monumento più visitato in Sicilia.
Non ci pare che seguendo questa strada si svilisca né la cultura né la solennità ed austerità di queste sedi: le ville di Bagheria, amava ricordarci il mai sufficientemente compianto Peppino Speciale, non conobbero mai un’epoca d’oro, una vita mondana fatta di feste, balli e varia mondanità.
Costruite quando la nobiltà ed i baroni siciliani erano già in declino, talvolta rimasero addirittura incomplete, o passarono di mano in corso d’opera e furono completate nel corso di decenni, per i costi proibitivi necessari per la loro edificazione.
L’unico evento mondano di grande rilievo e che viene ricordato sulla lapide interna del cortile est di palazzo Butera fu la visita del re Vittorio Amedeo II di Savoia, quando ottenuta la Sicilia dalla Spagna dopo la pace di Utrecht, venne a prendere possesso del nuovo regno, e si ricorda nelle memorie una sorta di spettacolo mutuato dalla corrida inscenata nel cortile, dove fu poi appunto sistemata la lapide che ricorda l’evento.
Noi siamo francamente compiaciuti del fatto che due tra le ville auliche di Bagheria , palazzo Villarosa con il suo tipico pronao neoclassico, e villa Ramacca con il suo panoramico terrazzo maiolicato e la artistica balaustra in tufo, siano state viste da migliaia e migliaia di persone che partecipano ai matrimoni.
Cultura è anche conoscere una realtà, entrare in contatto con essa, ‘viverla’ durante un concerto come in una cena, tra un affresco e una scultura; e crediamo che le migliaia di partecipanti alle cerimonie di nozze che hanno conosciuto Villarosa e Ramacca, abbiano gradito e abbiano affinato la loro sensibilità e l’apprezzamento del bello.
Cultura non è sigillare un bene, e considerarlo una sorta di reliquia da adorare a tempo e a luogo: almeno noi crediamo che non sia questo.
La cultura cresce e si affina con la conoscenza e la frequentazione delle cose belle, delle belle architetture, della buona musica, come dei bei quadri: unire al dilettevole anche l’utile non è per niente sbagliato.
O forse è preferibile tenere una galleria come succede per villa Cattolica, che ci costa un occhio della testa in personale e manutenzione, costi che l’incasso dei biglietti non riesce mai a coprire? cosa ci sarebbe di male se all’interno ci fosse stato o ci fosse, un punto di ristoro, un book shop in cui vendere i prodotti del merchandising legato al museo Guttuso a partire del logo universalmente noto ( il famoso quadro di Guttuso del ‘padre agrimensore’ che da solo farebbe vendere migliaia di magliette, penne berrettini e quant’altro.
Cosa c’è di male se mettendo al primo posto la tutela e la sicurezza del bene si consentissero cerimonie, reportage fotografici o convegni?
Cosa c'è di male che a Bagheria, così come avviene in tante parti d’Italia e del mondo, per sostenere i costi per la manutenzione e il recupero del nostro immenso patrimonio culturale si mettessero a profitto luoghi e simboli?
Ricordiamo che in Spagna e in altre nazioni europee si paga per visitare le chiese, e che i fedeli ( in genere gli indigeni) vengono letteralmente segregati in piccoli recinti dove pregare, senza alcuna possibilità di visitare il luogo di culto, per lasciare spazio ai turisti che portano denaro e consentono di sostenere costi di restauri e manutenzioni.
La decisione assunta dalla giunta non c’entra niente con le vere politiche culturali da tempo assenti sostanzialmente nelle pratica delle amministrazioni, se si fa eccezione per l’istituzione della Galleria d’arte moderna ‘R.Guttuso’ ed per una politica di acquisizione dei beni architettonici conclusasi con la sindacatura di Pino Fricano, che ha portato in meno di trenta anni alla acquisizione e al riuso del patrimonio pubblico, di villa Cattolica, di palazzo Aragona Cutò, della Certosa e del palazzo Butera.
Mettere a reddito questo autentico patrimonio, diffonderne la conoscenza anche attraverso vie nuove, non è per niente sbagliato: questo non assolve l’amministrazione per la carenza, se non addirittura per l’assenza, delle linee ispiratrici che una politica culturale: perché una coerente e robusta politica per valorizzare e diffondere le arti e la cultura va costruita e non può essere solo fatta di noleggio di stanze e cortili di ville del settecento, o di estemporanee richieste di esibizioni a costo zero ai soggetti protagonisti di un mondo che a Bagheria è sempre vivace
Quanto alla obiezione specifica della destinazione d’uso è, ci consenta il consigliere Tornatore, un falso problema: di quante opere pubbliche è stata mutata la destinazione d’uso rispetto a quella originaria ( pensiamo all’area del mercatino che fu finanziata in realtà come posteggio per i pulmann dei visitatori di villa cattolica).
E poi chi l’ha detto che rendere fruibile, a condizioni s’intende di un bene monumentale e architettonico ospitando convegni o cerimonie sia in contrasto con la destinazione d’uso? forse che un concerto o la presentazione di un libro dal punto di vista dell’uso e del ‘consumo’ degli ambienti sia qualcosa di profondamente diverso da una convention aziendale, o da una cerimonia?
Certo occorre esercitare la vigilanza, ma questo vale per tutte le iniziative che queste ville ospitano; certo occorre tutelare il bene, ma noi siamo fermamente convinti che quella imboccata sia la strada giusta.
P.S. E 'di oggi la notizia pubblicata dai giornali che il tempio dorico di Selinunte potrà essere affittato a privati per cerimonie, dietro il corrispettivo di 5.000 euro.
Angelo Gargano