Martedì 29 aprile alle ore 17.30 a villa Cattolica, verrà presentato il libro 'Il collezionista di baci' edito da Mondadori-Electa , alla cui realizzazione hanno collaborato Peppuccio Tornatore e Filippo Lo Medico che converseranno tra loro e con il pubblico presente. Abbiamo chiesto al prof. Mimmo Aiello, appassionato e colto cinefilo, e conoscitore oltre che degli autori, delle motivazioni che li hanno spinti a realizzare questa opera, di portare una sua testimonianza, che è in realtà un vero e proprio saggio.
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Appartengo a quella generazione di bagheresi, nati a metà degli anni Cinquanta, che sono cresciuti andando spessissimo al cinematografo e vedendo poca televisione così da diventare, indelebilmente, appassionati di cinema .
A Bagheria, tra il Supercinema (in fondo via Carà), e le due sale accanto alle scuole Cirincione, appunto il cinema Roma e Capitol; poi ,lungo il Corso Umberto, il Vittoria (già Littorio) il nuovo Nazionale , l’Excelsior infine in estate anche l’Arena Imperia (solo il cinema Corso si trovava sul Corso Butera) praticamente i baarioti ad ogni passo che davano nel centro storico si trovavano di fronte a locali cinematografici con tutti i loro telai pieni di manifesti e fotografie…difficilmente si sfuggiva al richiamo dei quadri : così li chiamavamo allora.
Anche prima i locali non mancavano: il cine Aurora, il primo (sul Corso Butera) aveva aperto nei primi anni 10, poi il cinema Parigino detto Lavoro (dal nome dei proprietari, gli ebanisti Lavore) e il Littorio, ai tempi del muto, il cine-teatro Nazionale negli anni Trenta infine il cinema Parrocchiale di mons. Buttitta, in via Perrone detta anche dell’Ecce Homo, accanto alla Chiesa del S. Sepolcro.
Il fascino del cartellone cinematografico colpiva tutti i passanti anzi i volti giganteschi dei divi del cinema, i mostri e le pistole dei western, i grandiosi costumi dei kolossal americani te li trovavi anche sui muri del paese, almeno fino agli anni ’70…il fotografo e proiezionista Mimmo Pintacuda ricordava persino che il cinema di mons. Buttitta metteva insegne luminose ( nel 1939!) con il titolo del film… forse ricordava male ma il suo ricordo era di un paese che aveva la testa solo al cinema ovviamente parlando del tempo libero.
In fondo il rapporto tra lo spettatore e lo spettacolo cinematografico è un rapporto di fiducia e amore cieco … o quasi…Samuel Goldwin una volta raccontò che non era mai andato al cinema e che dopo averne visto uno solo, decise di vendere la sua catena di lavanderie e dedicarsi completamente all’attività di produttore! E quando i familiari gli chiesero il perché dell’improvvisa decisione il futuro tycoon di Hollywood rispose acutamente che “il cinema è l’unico posto al mondo dove tu paghi la merce prima ancora di averla vista!”
Non solo il manifesto era la fascinosa e ammaliante esca per lo spettatore ma già uno spettacolo di per sé: noi ragazzini immaginavamo trame e avvenimenti suggeriti o evocati dal quadri, riconoscevamo volti familiari oppure i generi preferiti solo ed esclusivamente dal cartellone, passavamo ore a studiare e commentare le immagini affisse per le strade e vicino gli ingressi dei cinematografi. Inoltre, una volta dentro la sala, trovavi anche altro manifesti che troneggiavano lungo le pareti del cinema, altre emozioni, altre attese …
Non avendo la possibilità di acquistare la cartellonistica (allora solo gli esercenti potevano decidere se restituire o rivendere per pochi soldi il materiale illustrativo oppure tenerlo per sé) noi spettatori non abbiamo sviluppato una forte propensione al collezionismo dei quadri ma, per fortuna alcuni esercenti, già ammaliati dal fascino del cinema e irrimediabilmente anime di celluloide, decidono di conservare tutti i manifesti, le foto buste e gli altri materiali illustrativi.
I fratelli Lo Medico hanno conservato per passione lungimirante e perché amavano i film che proiettavano: anche per collezionismo ma soprattutto perché si vuole avere una traccia, un ricordo visivo dell’emozione che il film ti ha lasciato!
Prima dell’attuale infinita riproducibilità del prodotto visivo l’unico legame tra il cuore e l’occhio del cinefilo passava attraverso le immagini del cinema di carta.
Filippo e Vincenzo Lo Medico hanno raccolto amorevolmente, dal 1927 al 1984, gran parte del materiale cartellonistico del loro locale fino a quando lo hanno tenuto aperto e in certa misura anche grazie agli scambi tra collezionisti il sig. Filippo Lo Medico ha ancora più arricchito la già vasta galleria di reperti .
Come si sa il collezionista difficilmente si separa dai suoi oggetti del desiderio eppure Filippo Lo Medico ha generosamente donato centinaia di manifesti e foto buste al Comune di Bagheria e che sono state esposte al Museo Guttuso nella splendida location di Villa Cattolica nel giugno del 2004 alla presenza di registi e di studiosi di cinema come Gianni Amelio, Goffredo Fofi, Emiliano Morreale.
Recentemente è stato rifatto l’allestimento della Mostra permanente della Donazione F.lli Lo Medico anche a protezione dell’integrità fisica delle delicata carta dei manifesti.
Eppure il vero spettacolo forse allora era lo straordinario rapporto tra il pubblico e la nuova arte del Novecento:la magica scatola dei sogni e dei desideri che il cinema ha rappresentato per milioni di persone in tutto il mondo e, in più, anche l’occasione per una forma di spettacolo che è individuale e collettiva nello stesso tempo perché si svolge in un sala in penombra con il massimo dell’attenzione e insieme a tante altre persone che vivono le tue stesse emozioni .
Mimmo Buttitta, uno dei fondatori dell’Associazione Amici del Cinema su Grande Schermo, è anche il nipote di Mons. Buttitta e, grazie alla parentela entrava gratis al cinema parrocchiale dello zio (attivo dal 1939 al 1949) e ne ha descritto benissimo l’atmosfera:
Dunque è stato nella via Pirrone che molti di noi hanno conosciuto il cinema. Sebbene alla fine degli anni ’30 in quel cinema parrocchiale si utilizzasse, ancora per qualche anno, un proiettore muto a manovella con commento musicale in disco, non sincronizzato, tuttavia, quella prima volta era stata una folgorazione. Eravamo rimasti affascinati dall’ambiente un po’ misterioso, dalle immagini incorporee fatte di luci e di ombre, che si muovevano grazie a qualcosa di inspiegabilmente magico che non riuscivamo a capire, neanche dopo aver fatto un’esplorazione dietro la parete dello schermo.
Tutto ciò aveva procurato un’emozione vissuta da tutto il corpo, e insieme una grande gioia per l’esistenza di un simile fenomeno. Quel luogo contenitore del tutto: di pianto, di risate, di luci, di buio, di fumo, di respiri ci era apparso come un cappello a cilindro elargitore di emozioni. Un cappello contenente infinite sorprese, soffuse di luce azzurrognola, quasi lunare, misteriosa per un pubblico attento, devoto, religioso.
Un cappello in cui tutto veniva continuamente mescolato e tirato fuori a momento opportuno, facendoci trattenere il respiro. (Mimmo Buttitta, Magia del cinema, in Baci tagliati. Il cinema parrocchiale negli anni ’40.Mostra di manifesti, a cura di Tommaso Di Salvo e Mimmo Buttitta, Bagheria 1996 )
C’è voluto del tempo perché il cinematografo e tutti i devoti della cattedrale del desiderio trovassero un’artista che potesse evocare l’emozione collettiva ,profonda e radicata, che in tutto il mondo i film hanno suscitato e che, in forme diverse, si realizza sempre tra lo spettatore, la sala cinematografica e il film.
Giuseppe Tornatore, che a quel mondo di passione cinematografica appartiene, riesce ,con Nuovo Cinema Paradiso, a rappresentare al meglio il senso vero della straordinarietà del cinema cioè il luogo di nascita e di crescita delle emozioni e dei sentimenti,sia individuali che collettivi come pure della scoperta del mondo con tutti i suoi problemi e con tutte le sue promesse: un luogo che è magico e nello stesso tempo estremamente realistico perché il cinema ragiona con le immagini e conduce i pensieri dello spettatore verso direzioni inedite.
Qual è il segreto di Nuovo Cinema Paradiso?
Sarebbe bastata la bella storia di Salvatore Di Vita e di Elena, della campanella censoria di padre Adelfio, l’amicizia/paternità affettuosa e severa di Alfredo, la magia del cinema regalato alla piazza , il fertile grembo del pubblico in sala, il mesto tramonto di un certo modo di vivere lo spettacolo cinematografico?
Forse sì ma la storia dei baci tagliati dal monsignore e poi rimessi a posto voleva un finale degno dell’epica e così è stato: l’ultima sequenza di Nuovo Cinema Paradiso se avesse avuto Aristotele tra il pubblico si sarebbe meritato il giusto appellativo di scena catartica perché nello scorrere dei vecchi fotogrammi restituiti alla visione di Totò, maturo ma non ancora felice , riscopre che anche nella vita, così come nei film, qualche pezzo può sempre mancare ma l’arte li recupera e li rende vivi e vitali e non solo per l’attimo ma per sempre.
Bisogna essere grati al nostro monsignore per la sua felix culpa censoria, senza la sua singolare voglia di tagliare i baci Tornatore non avrebbe potuto regalare al mondo una dei momenti più belli , e più visti, della storia del cinema. Monsignor Buttitta non ha certo letto il famoso libro che il sociologo Morin scrive nel 1957 sulla sociologia del divismo ma ha fatto di meglio cioè lo ha anticipato; infatti l’illustre studioso francese dice:
La star non è solo formatrice, ma anche informatrice; non solo incita, ma inizia:Svela le parti da accarezzare, le tecniche del bacio e dell’abbraccio, e incarna il mito dell’amore miracoloso e onnipotente, invitando a riprodurre il mistero sacro delle carezza e degli abbracci dell’amore fatale, sublime e trascendente. La funzione iniziatrice della star si compie così, dal bacio sognato al bacio vero, dal nuovo sogno nato in quel bacio fino all’esperienza definitiva, in un amore che prospera alle uscite della metropolitana, nei balli del sabato sera, sull’erba, nell’intimità di una stanza.(…)
Un effetto diretto è la maggiore erotizzazione del viso umano: è la diva del cinema che ha esaltato dove già esisteva , ed introdotto dove non c’era, il bacio sulla bocca. Il bacio non è solamente la tecnica-chiave del love- making, né il surrogato cinematografico di un rapporto vietato dalla censura,:è anche il simbolo trionfante del ruolo rappresentato dal viso e dall’anima nell’amore del XX secolo.
Il bacio va di paro passo con l’erotismo del volto, entrambi sconosciuti nel periodo arcaico, ed ancora ignorati presso certe civiltà. Il bacio non è solo la scoperta di una nuova voluttà tattile, ma anche il mezzo per rianimare dei miti inconsci che identificano l’anima col respiro che esce dalla bocca: simbolizza pure una specie di comunicazione o simbiosi di tipo spirituale.
Il bacio, dunque, non è solo l’elemento piccante dei film occidentali, ma è anche l’espressione profonda di un tipo di amore che erotizza l’anima e rende mistico il corpo. ( Edgar Morin , I divi, 1957-Garzanti 1977,pp.138-140 )
Dunque , dal punto di vista del caro padre Buttitta, togliere i baci era più che doveroso: era persino necessario!
La resurrezione emozionale , come venne definita da qualcuno, della sequenza della pizza con i baci tagliati colpì subito , alla prima visione del film, Filippo Lo Medico, che vinto dall’emozione e dalla nostalgia buona, corre a casa e comincia a selezionare fra i mille e mille manifesti e fotografie tutti quelli che raffigurano baci e scene d’amore.
Ci vorrebbe la penna di uno scrittore molto bravo per riuscire a descrivere cosa sia passato nel cuore e nei ricordi di Filippo Lo Medico ma sicuramente sarà stata l’anima di celluloide e l’affetto per Peppuccio che lo avranno guidato e sostenuto nella tenacia di riuscire a mettere a disposizione del gentile pubblico una parte delle sua vita: almeno quella parte che ha passato dentro un cinema ( il suo cinema) a guardare film e così vivere le mille vite che tutti sogniamo di vivere e che sappiamo che non potremo mai vivere perché ognuno ha la propria ma ci piace egualmente imparare a condividere, grazie all’arte, le vite degli altri.
Prima o dopo Tornatore e la sequenza dei baci tagliati, con il racconto della storia della sua realizzazione nel contesto di Nuovo Cinema Paradiso e le locandine con i baci amorevolmente conservati da Filippo Lo Medico si dovevano incontrare e quale migliore occasione che festeggiare i 25 anni dall’Oscar di Nuovo Cinema Paradiso con il bel volume di Giuseppe Tornatore Il collezionista di baci .
Il volume edito da Mondadori-Electa è anche editorialmente ben realizzato da Dario Tagliabue, ricco di immagini nitide e riprodotte fedelmente e con eleganza tratte dalla Collezione LoMedico , che è appunto altra cosa dalla Donazione F.lli Lo Medico esposta al Museo Guttuso.
La cronologia dei manifesti riprodotti inizia con Il Figlio dello sceicco, di G.Fitzmaurice, del 1926 , con il mitico Rodolfo Valentino e si conclude con : Ritorno a Could Mountain, di Anthony Minghella,del 2003 e Cinderella Man, di Ron Howard del 2005. Significativamente anche le due protagoniste femminili dei film che chiudono la rassegna delle immagini segnano l’abissale diversità tra le storie d’amore e la personalità femminile delle due attrici, Nicole Kidman e Renèe Zellweger, donne forti, tenaci e indipendenti come appunto sono le donne del XXI secolo rispetto alle donne/attrici degli anni Venti.
L’importante introduzione di Tornatore contiene un affettuoso ritratto della Bagheria della sua adolescenza che ci racconta la storia di un paese della Sicilia dove la passione del cinema ha accompagnato la vita di alcune persone, non poche in effetti, e di come è stata vissuta in modi diversi.
Peppuccio Tornatore ci rivela le piccole storie di quella Bagheria nella quale si è formato e dei tanti personaggi che ha incontrato e di come ognuno di loro ha contribuito a creare quell’eccezionale mito collettivo che è diventato Nuovo Cinema Paradiso .
Il regista inoltre spiega anche con molti gustosi dettagli la complessa realizzazione della sequenza finale e ci fa capire quanto sia piena di difficoltà e di rinunzie artistiche la vita dell’autore di cinema. Svela apersino il mistero della pizza con gli spezzoni di pellicola che vediamo apparire donata, quasi in eredità, a Totò, ormai affermato regista, dalla moglie di Alfredo: verità o finzione artistica ?
Immagino che anche Giuseppe Tornatore selezionando le duecento immagini che troviamo nel volume avrà potuto condividere la stessa gioia che ha avuto Filippo Lo Medico nel raccogliere e conservare i frammenti delle emozioni della nostra vita di spettatori.
Come appassionato di cinema, auspico che ( magari non fra 25 anni) la collezione Lo Medico, così come altri beni culturali afferenti alla storia del cinema a Bagheria, possa essere anche degnamente ospitata e valorizzata in una istituzione culturale bagherese che abbia a cuore il Cinema in generale e la sua vicenda baariota in particolare.
Mimmo Aiello, docente Liceo classico 'Francesco Scaduto'
nelle foto interne , il proiettore Zeiss Jkon del Cinema parrocchiale del S.Sepolcro
foto in basso Filippo Lo Medico