Il cronista, pur insistendo sull’esito felice di quella scampagnata, non si nascondeva l’importanza di quegli avvenimenti delittuosi. L’inizio del dibattimento presso la Corte di Assise di Palermo, Circolo Straordinario, Presidenza cav. Emanuele Basile, durante la primavera del 1886, per i fatti derivanti dall’attentato al Sindaco, gli faceva infatti scrivere come, dalla sera dell’eccidio, “si cominciarono però a fare i primi passi per la scoperta e l’arresto della terribile associazione che aveva stanza colà e nei paesi vicini” e come quello che si andava a celebrare fosse “uno dei processi che per più anni ha vivamente interessato l’autorità politica e giudiziaria…un processo davvero colossale per lo straordinario numero degli imputati che in esso sono coinvolti…per l’importante intervento delle parti danneggiate”. ( 1 )
Vediamo di ripercorrere i momenti salienti di una indagine che si rivelerà lunga e difficile e che, come vedremo, non riuscirà a fare completa luce su quella storia.
Una casa in via Rosso
“Il sindaco cav. Scordato…tratta la rivoltella coraggiosamente si slanciò dalla parte ove erano partiti i colpi. Ma gli assassini tirate le fucilate…si erano dati alla fuga, in guisa che uno sparì in un attimo e l’altro-perché erano due-si vide voltare per un viale e internarsi in un giardino senza poterlo però raggiungere, quantunque lo inseguisse il bravo maestro di scherma signor Geraci, il quale aveva avuto gli abiti perforati da un proiettile”. ( 2 ) L’inseguimento dell’ex tenente Geraci, ora maestro di scherma presso l’istituto Gianfreda, che sfilava nel corteo vicino al sindaco e, per poco, non diventò la quarta vittima, dunque non ebbe storia. Anche l’inseguito del cav. Scordato , “uno che fuggiva per la via Rosso” ( 3 ) era sparito in un attimo semplicemente perché, nel bel mezzo della sua fuga, era entrato in una casa di quella strada.
Questa, probabilmente l’attuale via Russo Bonavia, prima traversa a destra della via Trabia, era buia e il sindaco, sicuramente provato dagli avvenimenti, pensò bene di ritornarsene nella propria abitazione, al sicuro. Aveva riconosciuto la casa dov’era penetrato l’inseguito? Per la verità il cav. Scordato nulla disse di quell’inseguimento e c’erano, in quel corteo, il delegato con le sue guardie di P.S. e i regi carabinieri che subito si erano attivati per le ricerche.
Però, trascorsa soltanto un’ora, un colpo da maestro di un avversario politico del sindaco, che sicuramente aveva lo scopo di allontanare dalla sua persona eventuali sospetti, avrebbe permesso di individuare quella casa, saperne ciò che vi era avvenuto, conoscerne i proprietari. Infatti “circa le 9 e ½ della stessa sera mentre il signor Pretore procedeva agli atti di sua incombenza in casa del ferito Caltagirone, gli si presentò il signor Pittalà Alessandro, fu Giacomo, di anni 60, possidente ed ex sindaco del luogo, dichiarandogli che il suo contadino Buttitta Giuseppe, di Salvatore, di anni 31, da Bagheria, avevagli riferito che uno sconosciuto, con scapolare in volto, verso le 8 e ½ p. m. del 15 stesso, penetrato di corsa nella casa di lui Buttitta Giuseppe, mentre vi si trovava solo la propria moglie Chiarello Giuseppa, di Giuseppe, di anni 22, aveva gettato sul letto una corta carabina a due canne, e quindi era fuggito”. ( 4 ) La Chiarello Giuseppa in Buttitta, al processo, testimonierà che “era in letto, quando sentì improvvisamente entrare qualcuno. Credendo fosse suo marito gli disse: -Oh! Dio, mi hai fatto paura. Invece vide uno sconosciuto-il quale le fece cenno di tacere e dopo essersi tenuto nascosto in un camerino, fuggì via lasciando il fucile”. ( 5 )
Il marito, invece, “andò a vedere la fiaccolata, quando tornò vide la moglie spaventata, la quale gli narra che mentre trovavasi in casa sola, entrò un individuo col cappotto e il fucile, che si nascose in un camerino e che fuggì via poi lasciando l’arma. Egli apprendendo ciò, corse ad avvertire il signor Pittalà, che ne avvisò subito il pretore”. ( 6 )
Quanto ad Alessandro Pittalà “discese di casa la sera del 15 aprile 1883 per andare a vedere la fiaccolata, quando incontrò gente che accorrevano e gli riferirono il fatto avvenuto. Sul tardi si recò da lui il Buttitta, tutto spaventato e confuso a narrargli che…Il teste corse subito a riferire il fatto al pretore-e la forza pubblica andò subito per le indagini”. ( 7 )
Il delegato, dunque, e il comandante dei locali regi carabinieri si recano in quella casa, trovano la carabina a due canne ma solo una di esse è calda per avere sparato, è la prova che gli assassini sono due, che c’è un’altra arma, una “carabina che fu effettivamente rinvenuta nascosta in un podere del Senatore Torrearsa custodito da tal Puleo Alberto che fu ritenuto possessore di buona fede e però non fatto arrestare” ( 8 ). Gli investigatori interrogano il Buttitta che racconta la sua versione dei fatti, si fa forte del fatto d’essersi rivolto al Pittalà che, essendo del partito contrario al sindaco, alla fiaccolata non aveva partecipato; interrogano la Chiarello, dice di non avere riconosciuto l’uomo della carabina, è incinta, al suo improvviso entrare, spaventatasi, era svenuta. Giuseppe Buttitta, che poteva avere ucciso per conto del Pittalà, e con quest’ultimo avere inventato ogni cosa, venne arrestato ch’era mezzanotte; lo stesso avverrà per la moglie ma alle due del pomeriggio del giorno successivo.
Come in un giallo classico
In effetti, che Alessandro Pittalà potesse essere il mandante di quell’attentato, e Giuseppe Buttitta che lavorava per lui l’esecutore materiale fu, come vedremo, una delle ipotesi che il questore elencò in un rapporto al prefetto. Quelle ipotesi, secondo lui, traevano origine “in gran parte dalle condizioni dei partiti locali e dalle tradizioni del paese dove gli attriti municipali e gli odi di famiglia quando si fanno acuti si manifestano con assassini”. ( 9 ) Aveva quel sindaco dei nemici? Aveva vietato la caccia e potevano dunque esserlo tutti i cacciatori o uno solo, un tale che, per una contravvenzione alla caccia aveva dovuto subire tre gradi di giudizio. E c’era stata la nomina al posto di segretario comunale d’un altro in luogo del vice che fino ad allora quell’ufficio aveva retto e il licenziamento del fratello di costui, usciere, per i suoi atti di ostilità contro il sindaco. Che il Buttitta fosse direttamente responsabile per gelosia e per “offesa nell’onore” avendo una bella moglie forse “vagheggiata” dallo Scordato? ( 10 ) E il Pittala’? C’era “la circostanza di un battibecco piuttosto vivace da lui avuto tempo fa in consiglio comunale con lo Scordato stesso”. ( 11 ) Ma, oltre che su eventuali nemici, il vice ispettore Pellegrino Fornaciari, inviato subito a Bagheria per indagare, insieme ai suoi collaboratori pose la sua attenzione su altre due piste. Quella cioè che riguardava un tale Castiglia, protettore dello Scordato, che poteva avere “concepito l’infernale progetto per distogliere il sindaco dal venire a componimenti col partito avversario”, ( 12 ) e quella che riguardava lo stesso Scordato il quale avrebbe fatto succedere l’eccidio “per dimostrare d’essere preso di mira” ( 13 ) da quel partito.
Il rapporto del questore è datato 29 aprile 1883, ed è, probabilmente, in risposta alle lamentele inviate 3 giorni prima al prefetto dal Ministro dell’Interno che si mostra “assai dolente…nel rilevare come fino ad ora non si sia giunti a porre in essere alcun utile elemento che possa condurre alla scoperta degli autori” ( 14 ) A Bagheria si era dunque lavorato, anche se con scarsi risultati. Trascorse due settimane dall’eccidio, in carcere ci sono tre persone ( oltre ai coniugi Buttitta, il 22 aprile è stato arrestato, accusato di complicità, tale Poleo Nicolò, di Salvatore, di anni 25, contadino), il giorno successivo a quel rapporto diventeranno quattro ( si arresta, anch’egli accusato di complicità, il minatore Fontanazza Francesco, di Carmelo, di anni 28, detto Diavolo ), probabilmente non c’entrano ( e difatti non compariranno poi tra i processati ), si vagliano delle ipotesi più o meno fantasiose.
Allora San Giuseppe si festeggiava a maggio
In margine c’è, intanto, la corrispondenza tra il questore, il prefetto e il comandante del X Corpo d’Armata circa la richiesta, da parte del Comune, di un rinforzo del distaccamento militare di Bagheria. Quel comandante rispondeva al prefetto: “Ho già da qualche giorno disposto perché la forza del distaccamento di Bagheria ov’era distaccato un solo plotone fosse portata ad una intera compagnia”. ( 15 ) C’era, in quel provvedimento, una palese preoccupazione per la sicurezza pubblica sconvolta dai fatti luttuosi del 15 aprile e accentuata dagli imminenti festeggiamenti del patrono S. Giuseppe. Si svolgeranno il 5 6 e 7 maggio, come previsto, o saranno posticipati al 12 13 e 14?
Intanto la Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali, dovendo organizzare “dei treni straordinari per trasporto di viaggiatori da Palermo a quella stazione e viceversa”, ( 16 ) ne chiede al Prefetto l’autorizzazione. Ma, “nel dubbio che la calma non fosse rientrata negli animi di quella popolazione e che la festività avesse potuto ridestare ire e dolori di maniera che si potesse verificare qualche disordine”, ( 17 ) il questore pensa addirittura di rimandare quella festa al mese di luglio. Saranno considerazioni del tipo “è desiderio di quella popolazione che la festa abbia luogo non solo perché vi si collegano molti interessi derivanti dal commercio che si sviluppa in quei giorni, ma eziandio perché l’opera criminosa di qualche malfattore non venga a coprire di onta quegli abitanti di cui si dice onesta la parte maggiore “, ( 18 ) unite al parere positivo del delegato e del comandante dei carabinieri per i quali l’abituale tranquillità era rientrata in quel comune, a determinare il questore a proporre al prefetto l’autorizzazione a festeggiare il santo il 12 13 e 14 maggio.
Il prefetto scriverà al capo movimento della Società delle Ferrovie: “Io esprimo parere favorevole affinchè abbiano luogo treni straordinari”. ( 19 ) E scriverà al questore: “…La prego però di prendere tutte le possibili cautele affinchè l’ordine pubblico non venga in quella occasione menomamente turbato”. ( 20 ) E scriverà, sollecitato dal questore, al comandante del X Corpo d’Armata: “Io debbo pregare la cortesia della S. V. Ill.ma di volere dare istruzioni a questo sig. Comandante il distaccamento militare perché durante le feste si presti ad affrontare tutte quelle richieste che per avventura possano farsi dai funzionari di P.S. colà spediti pel mantenimento dell’ordine pubblico”. ( 21) .......Continua
Biagio Napoli
Note
1-Giornale di Sicilia del 29 aprile 1886.
2-Ibidem.
3-ASP, Gabinetto Prefettura, Busta 100, Fascicolo 116, 1887, lettera del comandante dei Reali Carabinieri al Prefetto del 21 aprile 1883.
4-Ibidem.
5-Giornale di Sicilia dell’8 maggio 1886.
6-Giornale di Sicilia del 7 maggio 1886.
7-Ibidem.
8-ASP, cit., rapporto del Questore al Ministro dell’Interno del 12 luglio 1883.
9-ASP, cit., lettera del Questore al Prefetto del 29 aprile 1883.
10-Ibidem .
11-Ibidem.
12-Ibidem.
13-Ibidem.
14-Ivi, lettera del Ministro dell’Interno al Prefetto del 26 aprile 1883.
15-Ivi, lettera del comandante del X Corpo d’Armata al Prefetto del 22 aprile 1883.
16-Ivi, lettera della Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali al Prefetto del 29 aprile 1883.
17-Ivi, lettera del Questore al Prefetto del 2 maggio 1883.
18-Ibidem.
19-Ivi, lettera del Prefetto al Capo Movimento della Società per le Strade Ferrate Meridionali del 3 maggio 1883.
20-Ivi, lettera del Prefetto al Questore del 3 maggio 1883.
21-Ivi, lettera del Prefetto al Comandante il X Corpo d’Armata del 7 maggio 1883.
Ottobre 2014 Biagio Napoli