Cultura

Martedì 7 luglio alle ore 18.00, al Parco archeologico di Solunto, doppio appuntamento tra fotografia e musica, nell’ambito della prima edizione del “Soluntum Art Festival”, rassegna realizzata e promossa dal Parco Archeologico e Antiquarium di Solunto insieme al comune di Santa Flavia ed in collaborazione con l’antenna Europe Direct della rappresentanza in Italia della Commissione Europea (direzione artistica Giuseppe Di Franco)

Il programma della giornata prevede infatti alle 18 l’inaugurazione nell’Antiquarium della mostra fotografica internazionale “Tessere –Tratti d’Europa, dal Mediterraneo al Baltico”, a cura dell’architetto Giovanni Giannone, con le opere dei fotografi Esko Aarre-Ahtio (Finlandia), Guido Giannone (Milano), Roberto Miata (Palermo), Natù (Roma) e Anna Rizzuti (Palermo). 

L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 30 luglio ed è a ingresso gratuito. Alle 19,30, invece, nell’antica Agorà, alle 19,30, si terrà il secondo concerto della rassegna.

Protagonista con le sue musiche il chitarrista Nicolò Renna. Il repertorio proposto è caratterizzato da composizioni originali per chitarra classica composte ed eseguite dallo stesso Renna: uno dei brani che sintetizza lo stile compositivo dello stesso chitarrista è “Breathing”. Per l’accesso al concerto occorrerà pagare il ticket che consente di visitare il Parco archeologico (4 euro intero, 2 ridotto).

SCHEDA

Mostra “Tessere –Tratti d’Europa, dal Mediterraneo al Baltico”

“Questa mostra internazionale di fotografia vuole contribuire nel suo piccolo a dare conto della necessità di un’etica dell’essere europeo come diritto e dovere di essere se stessi, singolari e molteplici, come singolari e molteplici sono i caratteri (i tratti, appunto) del più piccolo ed al contempo del più ‘prezioso dei continenti’ – scrive Giovanni Giannone - un mosaico fatto di tante tessere, dove ognuno esprime armonicamente una parte correlata al tutto. La nostra ambizione è tessere l’Europa usando il filo di mille racconti per creare la tela di una identità complessa e complessiva. La mostra costituisce la seconda iniziativa (la prima è stata una conferenza di scultura italiana a Rovaniemi, Finlandia, nel maggio del 2012) di quella che è stata definita: transumanza d’artisti. La fotografia è l’arte che con più immediatezza di altre si presta al racconto, e sospesa com’è tra rappresentazione ‘obiettiva’ ed interpretazione emozionale, dà immediatamente conto delle esaltanti differenze nella nostra Europa e delle sue genti che speriamo un giorno possano consapevolmente costituire un unico popolo fatto di popoli”.
 

GLI AUTORI

Esko Aarre-Ahtio, 63 anni, nato ad Helsinki, vive a Turku, la città più a sud-ovest della Finlandia. Attore teatrale, negli ultimi anni si è dedicato con successo alla fotografia dimostrando di saper ben interpretare immagini oltre che personaggi. Le foto qui presentate fanno parte della raccolta “Da Turku a Sofia” e narrano di viaggi intrapresi alla ricerca dell’Europa che, a sua volta, è in cerca di se stessa. Esko ama non solo rappresentare ma anche interpretare luoghi che sono colti in un aspetto trasfigurato, come il veliero o gli alberi riflessi nelle pozzanghere davanti al teatro comunale di Turku, oppure i luoghi di terra e d’acqua che narrano dell’eterno ed armonioso dialogo tra laghi e foreste, leitmotiv del paesaggio scandinavo e di quello finlandese in particolare.

Guido Giannone, 27 anni, laureato in disegno industriale, ha frequentato l’Accademia di Fotografia John Kaverdash di Milano, città nella quale vive e lavora. La sua produzione artistica dimostra che egli è libero dallo schema mentale che considera il fotografo un intellettuale condannato a cercare ad ogni costo la novità, la sorpresa, l’interpretazione, se non addirittura, l’artificiosità dell’immagine. Guido è il fotografo propriamente detto e, serenamente, rappresenta la realtà, senza preoccuparsi di doverla per forza reinventare, una realtà che vuol parlare da sé. Tutto nei suoi lavori parla senza filtri di ciò che è la vita, il mondo, la memoria. Nella sua narrazione tutto appare come è.

Roberto Miata, 32 anni, lavora nel campo della grafica e della fotografia da oltre dieci anni. Ha pubblicato fotografie in varie riviste e cataloghi. Specializzato nel webdesign, la sua passione resta la grafica editoriale e la microeditoria. Ha realizzato infatti diverse riviste di grafica a tiratura limitata e recentemente una plaquette di poesie in trenta copie numerate dal titolo “Le Vele”.

Natù, 29 anni, vive a Roma. Laureato in Lettere e diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, traspone il “taglio” cinematografico (che deve dare conto del dinamismo) nel mondo della fotografia, per evitare la “staticità” che le è propria. Si dice infatti che gli scatti “fissano” un momento per congelarne la memoria, ma fermano anche il movimento. Natù pertanto sceglie con cura l’angolo di ripresa mantenendo la “cinesi” dei personaggi rappresentati ed evitandone così l’appiattimento.

Anna Rizzuti, 28 anni, lavora con la fotografia prediligendo le composizioni ben ponderate. La sua è una ricerca che coniuga fisico, metafisico e spirituale manifestando l’armonia di mutui richiami e simmetrie attraverso equilibri in continuo divenire. Attenta all’inquadratura, Anna dà e espressione al suo sguardo particolare, che non si ferma all’apparenza ma restituisce profondità a ogni immagine.

IL CURATORE

Giovanni Giannone, 59 anni, architetto a Palermo, si occupa da sempre di arte, beni culturali ed ambientali con la consapevolezza di chi sa che anche le pietre parlano. Esse difatti costituiscono “parole” di un linguaggio che si nutre di simboli, di storia e di storie umane. Da anni cura relazioni ed iniziative culturali, anche di livello internazionale, affidandosi con forte determinazione alla capacità dell’arte di evocare un’anima collettiva, indispensabile per educare un homo Europeensis di cui si sente sempre più la necessità per superare veti incrociati ed opposti egoismi.
 

È in libreria “Pesce di terraferma” il nuovo libro dello scrittore bagherese Maurizio Padovano.

Il volume, edito da Drago Edizioni è arricchito da dodici disegni dell’artista calabrese Pino Deodato realizzati appositamente per illustrare i racconti e pubblicati a colori.

Due racconti, un ragazzino che cresce, l’esperienza del dolore e dell’ingiustizia e ambientazioni familiari al lettore bagherese nello stile di uno scrittore che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare per i lavori precedenti (“I pornzombi”, romanzo edito da Di Girolamo editore, o i racconti “La neve dentro” o “Santi, folli e animali”).

Il volume, 80 pagine € 13,00, in formato tascabile, è già in vendita a Bagheria presso la libreria Interno95 e sarà presto distribuito in tutta Italia

www.dragoedizioni.it
www.interno95.it

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Ecco un brevissimo stralcio:

Caro mio, non puoi nemmeno immaginare cosa era questa città alla fine della guerra. Cosa era tutto il mondo alla fine della guerra.
C'era un mare di gente che non si capiva da dove fosse arrivata. Un mare, Caro mio.
Lei capitò qui in quel periodo. Era giovane, e bellissima. E gli occhi, caro mio, gli occhi.
Verdi, caro mio, come non ne avevo mai visti.
Cominciarono a chiamarla tutti la veneziana, ma in realtà è di Gorizia, o forse addirittura slovena.
E comunque era arrivata qui dall'Africa settentrionale, e non dal Carso.
Chiesi perché la chiamassero veneziana dato che non era di Venezia ma zio Alvaro non seppe rispondermi.
Come non seppe spiegarmi cosa ci facesse quella giovane donna in nord Africa durante la seconda guerra mondiale.

da "La cartomante" in Pesce di Terraferma
 

Dal 4 al 24 luglio sarà allestita al Castello di Marineo la mostra fotografica "Immagini per riflettere", la collettiva itinerante di 24 artisti della fotografia, aderenti al Circolo Fotografico Immagine di Monreale, affiliato Uif (Unione Italiana Fotoamatori) che. 

La mostra, promossa dal Comune per il tramite dall’assessore ai Beni Culturali di Marineo Ciro Spataro, è realizzata in collaborazione con Gattopardo Arte di Mariadele Raniolo e Antonio Amorello e rientra nel calendario degli eventi del trimestre estivo del Castello, organizzati con il coordinamento di Pina Castronovo della Bottega d’Arte di Bagheria.

L’inaugurazione è prevista per le ore 19,30 con il buffet a cura della Pizzeria “Al Castello” di Salvatore Pulizzotto.

“La collettiva si avvale di 65 scatti complessivi: “immagini per riflettere a colori e in bianco e nero, sui vari ambiti della vita – come sottolinea Giovanni Artale, presidente del Circolo Fotografico Immagine – Nell’atto del riflettere è insita una duplice valenza che va dal valore simbolico e reale della luce, elemento cruciale per ogni fotografo, al desiderio sotteso di far emergere ciò che è nelle cose, spaziando dalla spiritualità alla natura, dagli affetti alla solitudine, dalla gioia al dolore, attraverso tutti i soggetti possibili”

Tra gli autori di spicco: Luigi Mirto, architetto 52 enne di Monreale, fotoamatore insignito del titolo di 'Artista della Fotografia italiana', FIAF-AFI, le cui opere già note e apprezzate in molte parti del mondo, saranno esposte a partire dal prossimo 13 luglio al Louvre di Parigi; Pasquale Castronovo, fotografo professionista 39 enne di Bagheria, Adobe certified, specializzato nel panning, la tecnica utilizzata per riprendere i soggetti in movimento; e lo stesso presidente del CFI Giovanni Artale, autore di immagini Google, premiato CRAL per il concorso “Sicilianamente” e per il concorso “Bagheria da un obiettivo” sezione bianco e nero. Al suo attivo, anche la segnalazione al 4° Trofeo Città di Luzzi e il secondo posto al 12° Memorial Lesevic di Genova, con la fotografia “Amori Eterni”

La collettiva approda a Marineo, dopo una prima edizione, svoltasi lo scorso dicembre, al complesso conventuale di San Gaetano a Monreale a conclusione delle attività del primo anno sociale nell’ambito della parrocchia di Santa Teresa del Bambin Gesù, nel cui seno il Circolo è nato ed opera quale attiva branca oratoriale, in sintonia con Monsignor Ferdinando Toia, responsabile della Caritas diocesana di Monreale
 

Il gigante colombiano sceglie la capitale della Sicilia come unica tappa italiana del suo tour mondiale. Dopo New York, Medellìn, Lisbona e Panama, le famosissime figure tondeggianti e monumentali di Botero invadono le sale Duca di Montalto del Palazzo Reale di Palermo.

In questo ciclo di opere (27 dipinti a olio e 34 disegni) il “grande vecchio” della pittura mondiale attraversa e rinnova l’iconografia della Via Crucis, tema frequentatissimo sino al XVI secolo, ignorato successivamente e oggi pressocché scomparso. Quello di Botero appare un Cristo umanissimo, piegato e straziato da un dolore in tutto simile a quello che annichiliva i prigionieri di Abu Ghraib, raffigurati nella toccante e famosa serie di tele prodotte qualche anno fa dall’artista.

Nei dipinti e nei disegni in mostra a Palermo, Botero continua il suo percorso pluridecennale da sempre teso a scandagliare in lungo e in largo la storia dell’arte e i suoi tòpoi.

Colori e sfondi sembrano avere una matrice giottesca, abbondano inoltre gli omaggi a Masaccio, Durer, Pinturicchio. L’artista colombiano rinnova soluzioni pittoriche che erano ricorrenti nel passato, come quella di mescolare la realtà quotidiana col racconto biblico o, ancora, quella di dipingere il proprio ritratto all’interno delle raffigurazioni.

Tra i personaggi che affollano la scena de “Il bacio di Giuda” è possibile riconoscere, in basso a destra, lo stesso Botero che, come ha affermato, indossa “il miglior vestito della festa per apparire umilmente nell’opera, accanto a Cristo”.

Nel ciclo della Via Crucis, l’incontro tra la drammaticità palpabile del tema affrontato e la serenità formale delle figure assicurano quel cortocircuito di emozioni e sensazioni che rendono unica quest’ultima produzione boteriana. Di eccellente fattura anche le opere grafiche in mostra, in cui l’impianto monumentale delle figure contrasta con la leggerezza e l’eleganza della linea disegnativa e delle vibrazioni cromatiche offerte da un uso sapiente dell’acquerello.

L’arte di Botero si presenta quasi sempre come meta-pittura, nel senso di una pittura che rilegge sé stessa, cita i suoi eroi e riflette sul suo sistema di segni. Ma l’artista colombiano non si limita a citare: egli, seppure con “grande rispetto” (Botero), rischia di continuo nel rinnovare questa o quella iconografia cristiana tradizionale, ed infine ha la meglio.

Nelle opere di Palazzo Reale appaiono spesso figure di militari in divisa, dalle fattezze sudamericane, a sostituire i tradizionali soldati romani o ancora un Cristo abbattuto sotto il peso della Croce può rovinare su una strada asfaltata del tutto simile a quelle delle nostre città.

In una “Crocifissione” del 2011 l’artista, originario di Medellìn, raffigura il corpo di Gesù con accenti cromatici verdastri, inchiodato a una Croce che si staglia su uno scorcio simile a quello del Central Park a New York. Un Cristo sofferente e sconfitto dunque, immerso in una contemporaneità sfuggente e incurante dell’umano dolore.

Quella di Fernando Botero a Palermo appare come l’ultima grande sfida di un’artista che, come un maestro antico, lungi dal propinare facili shock allo spettatore o dal fabbricare trovate pseudo-originali, si fa carico del compito non facile, anzi immane, di aggiungere qualcosa di nuovo e qualcosa in più a una tradizione lunga secoli: non è forse questa la vera arte?
 

Giuseppe Alletto
 

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