La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo ha emesso decreto di confisca di conti correnti bancari, conti correnti postali, libretti di deposito e titoli per l’ammontare di un milione di euro circa, a carico di Di Fiore Giuseppe, 60 anni, geometra, originario di Bagheria,
Il medesimo decreto applica nei confronti del Di Fiore anche la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale della durata di anni tre e mesi sei.
Il provvedimento patrimoniale scaturisce da una proposta, formulata nel 2006, dalla Compagnia Carabinieri di Bagheria.
Nel corso dell’operazione “GRANDE MANDAMENTO”, condotta dal R.O.S. DEI Carabinieri e dalla Squadra Mobile di Palermo, il 25.01.2005, DI FIORE Giuseppe era stato tratto in arresto, in stato di flagranza di reato, poiché, a seguito di una perquisizione domiciliare, i militari dell’Arma avevano rinvenuto, in un doppiofondo del comodino della stanza da letto i verbali d’interrogatorio del collaboratore di giustizia Nino GIUFFRE’, titoli, denaro in contanti e un libro mastro con indicati i nomi delle imprese sottoposte al pagamento del pizzo, nonché i compensi ad uomini d’onore, quali GRECO Leonardo, all’epoca capo indiscusso della famiglia mafiosa di Bagheria, EUCALIPTUS Nicolò e GARGANO Antonino.
Tutto ciò a riprova del fatto, secondo quanto scaturito dalle indagini, che il DI FIORE, al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa “COSA NOSTRA”, aveva ricevuto e successivamente trasferito cospicue somme di denaro, provento di attività illecite, gestite dalla famiglia mafiosa di Bagheria.
In particolare estorsioni, capillarmente condotte sul territorio di quel comune, ai danni di imprese operanti nell’area di influenza del sodalizio criminale, in modo da ostacolare l’identificazione della relativa provenienza delittuosa del denaro.
Inoltre nelle indagini indagini era stato accertato che oltre a ricoprire, di fatto, l’incarico di cassiere della mafia bagherese e custode del libro mastro del racket delle estorsioni, in forza del suo ruolo di insospettabile, viene indicato come responsabile del recapito di numerosi “pizzini” da e per Bernardo Provenzano, in quel momento il latitante più ricercato d’Italia.
Giuseppe Di Fiore era stato altresì, in sede di udienza processuale, indicato e riconosciuto da numerosi imprenditori quale esattore del “pizzo”, per nome e per conto della famiglia mafiosa di Bagheria, che materialmente e di persona, passava a riscuotere presso i cantieri.
Da qui la condanna a quattordici anni che il Di Fiore sta adesso scontando.
FONTE Ufficio Stampa Comando Provinciale dei Carabinieri