Nei giorni scorsi i finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un provvediemento del GIP del Tribunale di Termini con cui sono stati denunciati per bancarotta fraudolenta due imprenditori bagheresi ed è stato disposto, nei confronti di uno di questi, il sequestro preventivo della somma complessiva di 362.373,62 euro, nonchè l'applicazione della misura interdittiva all'esercizio dell'attività imprenditoriale.
In particolare, la Fiamme Gialle della Compagnia di Bagheria, guidate dal Capitano Francesco Vitolo, hanno deferito all'Autorità Giudiziaria due persone che avrebbero pilotato il fallimento di una nota azienda operante nel commercio di capi di vestiario e calzature. Le attività distrattive avrebbero generato un passivo pari alla somma di 1.977,090 euro, rimasto insoluto anche a causa dell'assenza di un patrimonio aggredibile da parte dei creditori.
Le indagini, infatti, avrebbero dimostrato come l'amministratore della società fallita, unitamente al figlio, attreverso una costante vendita sottocosto delle merci e il trasferimento di importanti valori aziendali (tra cui anche l'avviamento e il marchio), avrebbero distratto gran parte dei valori aziendali della fallita verso un'altra cosietà, operante nel medesimo settore. Inoltre, mediante una politica gestionale fortemente imprudente costituita da mirate alterazioni dei bilanci di esercizio, gli indagati avrebbero evitato per diversi anni la liquidazione giudiziale occultando il valore e la consistenza reale della perdite.
Nel corso delle operazione che hanno portato al sequestro di diversi rapporti finanziari, un immobile e oggetti preziosi per un valore stimato di oltre 52 mila euro, i Finanzieri della Compagnia di Bagheria hanno altresi rinvenuto presso l'abitazione di uno degli indagati, tre coppe di terracottache, sottoposte perizia da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambintali di Palermo, sono risultatae essere manufatti di origine attica risalenti al V-VI sec. a.c.
I reperti rinvenuti nel 1986 presso il sito archeologico del Monte Maranfusa di Roccamena e custoditi per anni presso la collezione del Museo Civico, sarebbero stati sottratti in data e luogo imprecisati per poi finire del salotto dell'odierno indagato, il quale non sarebbe stato in grado di giustificarne il legittimo possesso ai militari operanti.
I manufatti sono stati sottoposti a sequestro e successivamente riconsegnati alla Soprintendenza. Il responsabile è stato quindi deferito all'Autorità Giudiziaria anche per il reato di ricettazione di beni culturali.