Nelle varie dichiarazioni di Zarcone rese nelle aule di giustizia in cui viene chiamato come testimone a carico di altri mafiosi si precisano alcuni brani di verbali già inseriti dal collaboratore di giustizia, ed in particolare su 'gli insospettabili di Cosa nostra', cosi' li definisce Riccardo Lo Verso, in un articolo pubblicato su Livesicilia.it.
D'altro canto questa nuova strategia di cosa nostra era già nota agli inquirenti che avaevano già incontrato nelle loro indagini e nei conseguenti arresti parecchi mafiosi che avevano esercitato un ruolo non secondario all'interno dell'organizzazione, pur non essendo formalmente affiliati a partire dagli stessi Sergio Flamia e Carmelo Bartolone affiliati formalmente nel 2012, ma già da decenni al centro delle dinamiche e della criminalità mafiosa.
Di mafiosi 'coperti' a dire il vero si è sempre parlato, con riferimento al cosiddetto terzo livello mafioso, ma sono venti anni che gira e rigira i nomi sono sempre quelli. e peraltro non sembra essere il livello politico quello ipotizzato da Zarcone, ma di mafiosi a tutti gli effetti operativi nell'ambito dell'organizzazione di cosa nostra.
Una situazione che Zarcone ricostruisce nel corso di un controesame di un avvocato difensore nel processo contro il clan bagherese; racconta Zarcone, che né lui né Gino Di Salvo, piazzato dall'accusa al vertice del mandamento, all'inizio erano formalmente affiliati. Eppure, così racconta, ciò non ha impedito loro di ricoprire ruoli strategici. “Allora essere affiliati o non essere affiliati non significa niente in Cosa Nostra?”, chiede l'avvocato Giovanni Castronovo. E Zarcone risponde: “Allora, avvocato, è una cosa formale perché noi abbiamo avuto i rapporti anche con soggetti non ufficialmente affiliati che hanno la reggenza di altri mandamenti di cui già gli inquirenti sono a conoscenza, che però ufficialmente non sono affiliati”.
Ecco saltare fuori gli insospettabili alla guida dei mandamenti mafiosi di Palermo e provincia. Il pentimento di Zarcone rappresenta una miniera di informazioni per i pubblici ministeri che si misurano con le strategie dei boss.
E Zarcone riferisce di episodi in cui la mancata affiliazione avrebbe creato problemi di 'convivenza' con i mafiosi 'regolari'.
“Sergio Flamia - racconta Zarcone - aveva un ruolo abbastanza importante anche su tutto il territorio del mandamento, perché era un soggetto da tantissimi anni che era stato sempre vicino agli esponenti di Cosa Nostra... non gli interessava nulla se effettivamente doveva essere affiliato o non affiliato, anche perché aveva potere e poteva fare quello che voleva. Infatti ci fu anche una discussione con Nino Teresi della reggenza di Trabia, di cui Nino Teresi ufficialmente risultava reggente nel mandamento di Trabia, e Sergio Flamia - il racconto prosegue -, non essendo neanche affiliato, lo trattò di brutto e Nino Teresi si andava cercando poi aiuto perché Sergio Flamia non poteva parlare essendo ufficialmente non un uomo d'onore, in quelle condizioni, e trattare a Nino Teresi in quelle circostanze”.
Alla fine Flamia ebbe la meglio: “Sta di fatto che nessuno ha preso le parti di Nino Teresi, anche perché Sergio Flamia garantiva della copertura di Pino Scaduto e di altri esponenti del mandamento di Bagheria”.
Nella nuova mafia conta più la sostanza che la forma “perché l'affiliazione sul mandamento di Bagheria non significa quasi nulla, perché bene o male ci sono stati diversi episodi di persone che sono reggenti e usufruiscono di soggetti che vanno camminando per conto di Cosa Nostra e prendono estorsioni, che non hanno bisogno di essere affiliati, ma hanno un ruolo ugualmente di spicco... non c'è nessun vincolo e non ci sono tutte queste vecchie norme antiche che esistevano una volta, anche perché ci sono stati diversi episodi”.
Episodi su cui Zarcone non puo' entrare nei dettagli perchè fanno parte dei verbali ancora top secret del collaboratore sulla base dei quali la magistratura ha già avviato la caccia agli insospettabili uomini di Cosa nostra.
Nino Zarcone: ci sono capi mafiosi mai affiliati e insospettabili
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