Cronaca

Nel pomeriggio di ieri, i Carabinieri del ROS e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo hanno rinvenuto, in una discarica abusiva di rifiuti sita in contrada Fiorilli del comune di Castedaccia (PA), i cadaveri di Juan Ramon FERNANDEZ PAZ e Fernando PIMENTEL, due dei 24 destinatari, tra capi e gregari, del provvedimento di fermo del P.M. (D.D.A. di Palermo) eseguito nel corso della mattina nei confronti di esponenti delle famiglie mafiose del mandamento di Bagheria. (VAI AL VIDEO)

Di Fernandez PAZ e PIMENTEL non si avevano più notizie dalla sera del 9 aprile u.s..

Sulla base delle risultanze investigative già acquisite e dei riscontri avuti nel corso delle attività di esecuzione dei provvedimenti di fermo, i carabinieri rintracciavano e sottoponevano a fermo del P.M., emesso dalla Procura Distrettuale di Palermo, due fratelli pregiudicati, contigui alla consorteria mafiosa di Bagheria:
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1. Scaduto Pietro, nato a Bagheria il 19/11/1964;  2. Scaduto Salvatore, nato a Bagheria il 8/2/1962.

I reati loro contestati sono “omicidio premeditato e aggravato dall’art. 7 L.203/91”.

Le investigazioni hanno consentito di appurare che il duplice omicidio era stato commesso nelle campagne di Casteldaccia. Le vittime venivano attirate con un tranello in una zona riservata e  di difficile passaggio, e lì venivano attinti da almeno una trentina di colpi di pistola sparati dai due fratelli Scaduto e altri correi in via di identificazione.

La scoperta dei cadaveri e la raccolta degli elementi probatori a carico dei due fermati costituiscono la naturale prosecuzione dello sforzo investigativo dell’operazione Argo.

Proprio l’esecuzione di questi provvedimenti ha determinato una fase di forte fibrillazione da parte dei due indagati, già fortemente sospettati di essere gli autori della scomparsa dei due stranieri, consentendo ai Carabinieri attraverso il loro stretto controllo di scoprire il luogo ove i due cadaveri erano stati sepolti, fornendo, al contempo, gli elementi decisivi in ordine alla loro responsabilità nel duplice omicidio.

Le vittime erano oggetto di specifica attività di indagine da parte del ROS che aveva ricevuto una segnalazione dalle autorità canadesi circa la presenza in Sicilia di Juan Ramon Fernandez, personaggio di elevato spessore criminale, indicato quale principale esponente della famiglia RIZZUTO nella città di Toronto, stabilitosi a Bagheria nel giugno 2012 dopo la sua espulsione dal Canada al termine dell’espiazione di una condanna a 10 anni di reclusione per estorsione, traffico di stupefacenti e possesso di armi.

L’altra vittima, Fernando Pimentel, era un affiliato alla criminalità organizzata di Toronto, giunto in Sicilia alla fine del mese di marzo per incontrare e interloquire con il Fernandez in merito alle attività illecite condotte in territorio canadese.

Le indagini, condotte con la stretta collaborazione della Royal Canadian Mounted Police (RCMP), hanno documentato l’esistenza di un collegamento operativo tra cosa nostra canadese e la sua cellula bagherese costituita da una serie di affiliati già dimoranti in Canada, dove erano inseriti all’interno della famiglia Rizzuto.

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In tale quadro, si è documentata la marcata situazione di instabilità interna alle organizzazioni canadesi, degenerata negli ultimi anni in numerosi omicidi e fatti di sangue , attraverso una serie di intercettazioni tra il Fernandez con i suoi sodali canadesi, tra i quali lo stesso Pimentel, che periodicamente si recavano in Sicilia per aggiornare il Boss della evoluzione della guerra in corso in Canada.

Proprio nei contrasti interni alla criminalità organizzata canadese viene ricondotta la causale del duplice omicidio, maturata, pertanto, dall’atteggiamento ritenuto ambiguo del Fernandez il quale aveva preferito non schierarsi tra le due fazioni in lotta costituite dalla vecchia guardia della famiglia con al vertice il noto boss Vito Rizzuto, e da uno schieramento “ribelle” guidato da Raynald Desjardin, del quale il Fernandez era ritenuto molto vicino.

Nel corso di una intercettazione ambientale, infatti, il Fernandez riferiva di essere stato formalmente affiliato alla famiglia di Cosa Nostra canadese insieme al Desjardin nel corso di una cerimonia officiata dallo stesso Vito Rizzuto il quale, in considerazione delle capacità criminali dei due, aveva contravvenuto alla regola che prevede l’affiliazione soltanto a esponenti di origine Italiana, mentre il Fernandez era di origine spagnola e il Desjardin è della regione francofona del Quebec.

Aveva, pertanto, stabilito di assumere una posizione attendista che, evidentemente, veniva giudicata pericolosa in virtù delle sue riconosciute capacità criminali e operative, anche perché dalla Sicilia continuava a dirigere la “decina” della famiglia operante a Toronto 

Le indagini hanno appurato come l’ordine per l’eliminazione del Fernandez e del suo fidato Pimentel sia partito dal Canada attraverso canali in corso di accertamento fino a giungere ai due fratelli Scaduto, i quali hanno avuto dei trascorsi tra le file di cosa nostra canadese e proprio in virtù di ciò avevano accolto il Fernandez a Bagheria al momento della sua espulsione dal Canada.

Guarda il video dei mafiosi italo canadesi su youtube

 
 

Il sequestro dei beni alla cosca bagherese ha permesso accertare come gran parte degli illeciti profitti fosse stata investita in beni mobili, immobili e complessi aziendali, intestati a prestanome compiacenti.

Fra i beni figurano:

- "VILLA GIUDITTA" via San Lorenzo, gestito fittiziamente da Michelangelo Maurizio Lesto e destinatario di investimenti da parte di Antonino Zarcone e Antonino Messicati Vitale.

- "Ditta CANDIS" operante del settore del movimento terra, riconducibile a Giacinto Di Salvo.

- "Agenzia di scommesse GOLDBET di Bagheria", intestata fittiziamente ad un familiare di Salvatore Giuseppe Bruno e riconducibile a Sergio Rosario Flamia

- Due supermercati intestati a prestanome e gestiti occultamente da Sergio Rosario Flamia con la complicità di Vincenzo Gagliano

- Ditta individuale "COSTANZO" intestata a Giuseppa Costanzo di Altavilla Milicia operante nel settore edile e riconducibile a Rosario La Mantia

- Ditta individuale "LOMBARDO" intestata a Giuseppe Lombardo di Altavilla Milicia operante nel settore edile e riconducibile a Rosario La Mantia

- Ditta individuale "L.M. COSTRUZIONI Srl" di Altavilla Milicia operante nel settore edile riconducibile a Raffaele Purpi

- "Impresa SCIANNA" intestata a Isidoro Scianna di Bagheria operante nel settore edile riconducibile a Pietro Liga

- Vari immobili, beni mobili e conti correnti riconducibili a Raffaele Purpi, Rosario La Mantia, Francesco Lombardo e Pietro Liga

Il valore stimato dei beni e dei complessi aziendali oggetto del sequestro si aggira intorno ai 30 milioni di euro.

Pubblichiamo integralmente alcuni passaggi del comunicato dell'Ufficio Provinciale Stampa dei Carabineri relativo all'operazione 'Argo'

L'ASSOCIAZIONE  PER   DELINQUERE

Le indagini, avviate nel 2011, hanno permesso di ricostruire gli assetti organizzativi e gli equilibri del mandamento mafioso di Bagheria, duramente colpito nell’anno 2008 con l’operazione Perseo, che portò all’arresto di numerosi affiliati e, tra questi, del suo reggente SCADUTO Giuseppe, uno dei protagonisti del progetto di ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra.

ZARCONE Antonino, già a capo della famiglia di Altavilla Milicia, assumeva quindi la reggenza del mandamento, gestendone le dinamiche criminali, in sinergia con i vertici del mandamenti più influenti del capoluogo palermitano (Porta Nuova, Pagliarelli, San Lorenzo/Tommaso Natale).

La sua ascesa veniva interrotta nel dicembre del 2011 quando, con l’operazione Pedro, finiva in manette unitamente ad altri uomini d’onore del mandamento palermitano di Porta Nuova.

Con l’arresto di ZARCONE Antonino, la compagine criminale bagherese evidenziava chiari segni di crisi, di cui si faceva interprete, una volta divenutone reggente, un anziano mafioso, DI SALVO Giacinto (detto Gino), già capo famiglia di Bagheria (durante l'operazione di fermo nella sua abitazione sono stati ritrovati 70.000 euro in contante n.d.r.)

Tale periodo di reggenza è stato caratterizzato da alcune vicende che hanno influito sulla rimodulazione delle articolazioni del mandamento bagherese, tra esse l’indebolimento del vicino mandamento di Misilmeri che, a seguito dell’arresto del reggente, LO GERFO Francesco, perdeva la famiglia mafiosa di Villabate che, quindi, transitava al contiguo mandamento di Bagheria.

Tale sostanziale cambiamento, a sua volta, traeva origine dalla fine della latitanza (con la cattura in Indonesia ad opera del Nucleo Investigativo, in collaborazione con l’Interpol) del capo della famiglia di Villabate, MESSICATI VITALE Antonino, che agevolava la ascesa criminale di LAURICELLA Salvatore, amico del MESSICATI e già a capo della famiglia mafiosa di Ficarazzi, al quale veniva affidato anche il compito di reggere la famiglia villabatese.

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Alla luce di quanto sopra, può affermarsi che, attualmente, costituiscono articolazioni del mandamento mafioso di Bagheria le famiglie di Bagheria (che comprende anche i territori della frazione di Aspra nonché del comune di Santa Flavia), di Villabate e di Ficarazzi, di Altavilla Milicia e di Casteldaccia.

Le investigazioni hanno permesso di dimostrare che la struttura della consorteria di Bagheria riproduce il classico assetto verticistico dei sodalizi mafiosi, caratterizzati da una chiara e definita ripartizione dei ruoli. DI SALVO Giacinto si colloca a capo del sodalizio, in quanto forte di un passato criminale che lo ha visto trarre in arresto, nel 1998, nell’ambito dell’operazione Grande Oriente, in quanto ritenuto responsabile di aver favorito la lunga latitanza di Bernardo PROVENZANO, anche ospitandolo nella sua lussuosa villa bagherese.

Dai servizi di intercettazione è emerso in maniera chiara ed inconfutabile che DI SALVO Giacinto costituisce un autorevole elemento di raccordo delle più significative manifestazioni criminali del mandamento, talvolta contestato dai suoi diretti collaboratori che gli imputano un atteggiamento rigido ed accentratore, spesso finalizzato al soddisfacimento di interessi personali. A tal proposito è illuminante una conversazione intercettata, avente come protagonista FLAMIA Sergio Rosario che, testualmente, afferma: … questi …non hanno quella mente imprenditoriale …. ma che è giusto secondo te che a Bagheria ci sono un sacco di ditte di queste … di movimento terra … e i lavori li deve fare tutti Gino (DI SALVO Giacinto)?

FLAMIA Sergio Rosario, pregiudicato per fatti di mafia, è uno dei più fidati collaboratori del DI SALVO, per conto del quale gestisce la cassa del mandamento di Bagheria. Egli, in qualità di capo decina, si avvale di un gruppo di spregiudicati e pericolosi picciotti, a lui fedelmente legati, investiti di incombenze di mero carattere esecutivo ed individuabili in BRUNO Salvatore Giuseppe, GIRGENTI Silvestro, MOZDHAIR Driss detto Andrea, CENTINEO Francesco e GAGLIANO Vincenzo.

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Sullo stesso piano criminale del FLAMIA, nella veste di capo decina, si colloca BARTOLONE Carmelo, già tratto in arresto nel 2005 per associazione mafiosa nell’ambito della operazione Grande Mandamento, recentemente tornato in libertà e subito reinserito a pieno titolo nelle fila del sodalizio.

Anch’egli, che svolge un ruolo determinante nel reinvestimento dei capitali illecitamente acquisiti, è a capo di alcuni soldati, con mansioni meramente operative e individuabili principalmente in GRANITI Vincenzo e LIGA Pietro.

Particolarmente significativo, al fine di lumeggiare lo spessore criminale del BARTOLONE, è uno stralcio del provvedimento cautelare, relativo all’operazione Grande Mandamento, che testualmente riporta:

…omissis…

BARTOLONE Carmelo risponde nel presente procedimento del reato di cui all'art. 416 bis c.p., quale componente della famiglia mafiosa di Bagheria, legato da peculiari vincoli personali e fiduciari con la famiglia EUCALIPTUS - in particolare con EUCALIPTUS Nicolò e con MORREALE Onofrio - ed impegnato attivamente sia nel circuito di trasmissione dei biglietti da e per il latitante PROVENZANO Bernardo, sia come prestanome nella titolarità dell’impresa SICULA MARMI, facente parte del patrimonio occulto del capomafia EUCALIPTUS Nicolò.

  ...omissis …

Il carisma del BARTOLONE è messo in evidenza in un’intercettazione nella quale GRANITI Vincenzo, interloquendo con un altro sodale, rimarcava l’assoluta devozione nutrita nei confronti del suo capo, così affermando: “…io a CARMELO, …(omissis)… però CARMELO io non lo abbandonerò mai...”.

Più specificamente, dalle investigazioni è emerso il ruolo determinante svolto dal BARTOLONE Carmelo nel:

- sostenere economicamente la famiglia di ZARCONE Antonino e quella di alcuni soldati, durante la loro detenzione;

- contribuire al finanziamento della cassa della famiglia, con parte degli illeciti profitti derivanti soprattutto dalle attività estorsive.

La mattina del 04 dicembre 2012, si verificava però un accadimento destinato a segnare significativamente le dinamiche della famiglia mafiosa di Bagheria.

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I Carabinieri della locale Compagnia, nel corso di un servizio di controllo effettuato sul conto di BARTOLONE Carmelo, per verificare il rispetto delle prescrizioni imposte dalla sorveglianza speciale di P.S., ne constatavano l’assenza.

La moglie, apparentemente per nulla allarmata, rappresentava ai militari che il marito si era allontanato volontariamente, portando con se anche una valigia con degli indumenti.

E, in effetti, il quadro complessivo delle risultanze investigative converge sull’ipotesi dell’allontanamento volontario del BARTOLONE, in considerazione:

- della sua caratura criminale e della certezza di poter ricevere appoggio dai suoi fedeli sodali anche per sostenere un lungo periodo di latitanza;

- dei contrasti avuti con DI SALVO Giacinto, tanto da fargli temere per la sua incolumità personale. Nello specifico, il DI SALVO avrebbe contestato al BARTOLONE il mancato versamento alla cassa del provento di alcune attività illecite.

Un’ulteriore chiave di lettura dei fatti di cui sopra, ci è fornita dalla conversazione intercettata fra Sergio FLAMIA e Vincenzo GAGLIANO, nel corso della quale il primo asserisce: “eh non solo! non solo si è andato a buttare latitante....ENZO se viene un uccellino e mi dice a me..."stai attento...guardati quando cammini e stai attento perchè...(incomprensibile)...il programma che vogliono ammazzarti che e come"...io mio tolgo il guinzaglio...ed affronto a chiunque perché sono onesto...ma se io mi attacco alla "lanna" (non contesto le accuse n.d.r.) e me ne vado … già la prima cosa che sto dimostrando è che...minchia ho torto...”. omissis ..cornuto ed indegno che è...ed è tanto cornuto...capace che pensa che sono io che lo volevo portare a morire...”.

Per quanto riguarda la famiglia mafiosa di Villabate, è emerso che è stata retta da MESSICATI VITALE Antonino, anche durante la latitanza e sino suo arresto, avvenuto in Indonesia. Costui, storicamente legato a MANDALA’ Nicola, ergastolano capo mafia villabatese, scalava i vertici della famiglia mafiosa di Villabate, succedendo a D’AGATI Giovanni (tratto in arresto nel 2009 nell’ambito dell’operazione Senza Frontiere).

Come già detto, successivamente all’arresto del MESSICATI VITALE, LAURICELLA Salvatore assumeva la reggenza sia della famiglia mafiosa di Villabate che di quella di Ficarazzi, che è riuscito abilmente a gestire grazie alla fedele collaborazione di uomini d’onore, quali LEONFORTE Atanasio Ugo, CIRRINCIONE Michele, FONTANA Salvatore e RUBINO Michele.

Con riferimento alla famiglia di Altavilla Milicia, le investigazioni hanno consentito di documentare la delicata fase di riorganizzazione del sodalizio in seguito all’arresto del suo capo, LOMBARDO Francesco. Le indagini hanno anche evidenziato il significativo ruolo svolto da alcuni sodali, tra cui Rosario LA MANTIA, Pietro GRANA’, Raffaele PURPI, Vincenzo GENNARO e Umberto GUAGLIARDO, non solo nella commissione delle estorsioni, manifestazioni criminali tipiche di cosa nostra, ma anche nella gestione e nel controllo della criminalità comune.

Inoltre, è emerso che il sodalizio si è occupato del mantenimento della famiglia del detenuto LIPARI Gaetano, insospettabile dipendente dell’ASL di Bagheria e noto per essere stato l’infermiere di PROVENZANO, che lo indicava nei suoi pizzini con il “numero 60”.

CONTINUA....

 

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