Una storia vera ( o della serie 'Fare impresa a Bagheria è roba da pazzi')

Una storia vera ( o della serie 'Fare impresa a Bagheria è roba da pazzi')

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Se non fosse una storia vera, riscontrata, documentata e verificata, la potremmo considerare un buon canovaccio per un piece teatrale, o un eccellente spunto per un romanzo tipo “La concessione del telefono” di Andrea Camilleri.

Ve la raccontiamo sin dall’inizio, citando soltanto fatti ed elementi assolutamente oggettivi e riscontrabili, senza colorare come sarebbe giusto di un robusta vena di ironia e sfottò o di una salutare indignazione, i vari momenti di una vicenda del teatro dell’assurdo che, ad oggi, ancora non si è conclusa.

Allora seguiteci con una certa attenzione: c’è un imprenditore bagherese che opera nel settore legato alla commercializzazione di prodotti agricoli biologici che un giorno decide di ampliare i propri orizzonti e di entrare sui mercati oltre che con il prodotto fresco anche con una serie di prodotti lavorati, ortaggi soprattutto, melenzane, peperoni, zucchine e quant’altro cotti e conservati in barattoli di vetro e sott’olio.

Rimette a nuovo un capannone industriale in via Parisi, richiede autorizzazioni, permessi e nulla osta, e nel mese di dicembre dello scorso anno, dopo solo tre anni di peripezie, è già in vista del traguardo.

Ha installato una linea di produzione, ha tarato apparecchiature con personale specializzato sceso giù dal Nord, ha testato i prodotti che sono stati giudicati competitivi per prezzo e qualità, era stata prevista addirittura una degustazione dei nuovi prodotti alla Fiera di Norimberga, la più importante del mondo sui prodotti agricoli ecologici, che si è svolta una decina di giorni fa, dove uno stand costa 20.000 euro e dove si firmano contratti per milioni e milioni di euro.

Va aggiunto, ed è un dettaglio non trascurabile, che l’avvio della produzione avrebbe portato ad opportunità di lavoro per almeno una decina di persone, tra occupazione diretta e indotta.

Avrebbe, abbiamo scritto, ed ora spieghiamo il perché dell’uso del condizionale.

Il 12 di dicembre 2012 si materializza l’imponderabile, nella fattispecie l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, l'ENEL per capirci.

Nel capannone di via Parisi viene a mancare all'improvviso l’energia elettrica: si pensa ad una interruzione temporanea che da noi può succedere.

Non è così: l’azienda chiama il call center dell’ENEL e scopre che l’interruzione della fornitura è dovuta ad una fattura relativa al mese di Settembre 2012 e che all’Ente risulta non pagata.

Il responsabile contabile dell’azienda fa un rapido controllo e smentisce l’Enel: no, risponde, la fattura di settembre è stata regolarmente pagata con un bonifico bancario, che, per chissà quale motivo forse all’Enel non era stato trasmesso.

Pazienza può succedere: nessun problema risponde la voce della signorina, si può risolvere subito: "l'azienda alleghi copia del bonifico che attesta il regolare pagamento della fattura e via fax la mandi all’Enel che  riattiverà subito la fornitura e tutto si aggiusta"

Perfetto: l'azienda immediatamente manda via fax la copia del bonifico della famosa fattura  all’Enel e sempre via call center e operatore, l’azienda elettrica garantisce che nel giro di qualche giorno il contratto verrà riattivato come pure l’erogazione di energia.

Sembra uno di quei banali contrattempi che possono capitare a tutti; è invece solo l'inizio di una storia paradossale  e incredibile.

Passano invece  i giorni ma della luce, è il caso di dire, neanche l’ombra.

Nuove telefonate all’Enel : provvederemo al più presto si risponde dal'altra parte del filo, ma passano i giorni delle feste e arriviamo ai primi di gennaio.

Passato il Capodanno nuova telefonata: sì in effetti, si scusa l’operatore (che naturalmente non è mai lo stesso ed al quale bisogna ogni volta rifare tutta la storia), non abbiamo riallacciato la corrente perché nel frattempo abbiamo emesso la fattura di dicembre che è però insoluta, e quindi non si può procedere al riallaccio.

"Paghi l’Azienda la fattura di dicembre, (mese in cui peraltro l’azienda aveva usufruito dell’energia elettrica per soli dodici giorni) e tutto andrà a posto".

Grazie, prego, arrivederci e buon lavoro. Sembra finalmente tutto a posto e risolto.

L’imprenditore paga la fattura di dicembre, anche perché l’importo presuntivo poi sarà comunque conguagliato e si dispone ad attendere che qualcuno si decida a premere quel famoso bottone o pulsante che tornerà ad erogare l’energia agli impianti fermi ormai da un mese.

Continuano a passare i giorni e le settimane ed arriviamo a qualche settimana fa a fine gennaio, anzi ai primi di febbraio e le promesse di pronta riattivazione sono rimaste lettera morta: non solo l’erogazione di energia elettrica non è stata ancora ripristinata ma ecco che arriva implacabile la fattura di gennaio 2013 ( per le utenze industriali la fatturazione è mensile) per un importo di oltre 350 euro, sempre computata sui consumi presunti.

Solite telefonate al numero verde: sì, noi faremo il riallaccio, ma lei deve pagare la fattura di gennaio 2013.

Ma scusatemi, oppone l’imprenditore: “io non sono mai stato inadempiente per i pagamenti,  a gennaio non ho avuto alcuna erogazione di corrente per responsabilità esclusiva dell’Enel, che senso ha pretendere che se non pago la fattura di gennaio non mi ripristinate la linea?".

Pare però che, per un diritto divino riconosciuto soltanto all’Enel, la fattura per un servizio non reso debba essere pagata, prima ancora che venga riallacciata la linea.

Ora, riflette il nostro imprenditore, siamo nella terra di Pirandello e qualche ridicolo epigono, può anche montare un meccanismo infernale: in poche parole basta ritardare il ripristino della corrente di qualche settimana e nel frattempo si manda sempre la fattura del mese precedente che, se non viene “onorata” non consente di ripristinare la corrente.

Insomma il classico cane che si morde la coda.

Nel frattempo in preda ad una più che legittima incavolatura il nostro imprenditore fa il disperato tentativo di ricorrere ad un altro gestore: impossibile!

L’Enel blocca, stavolta con invidiabile tempestività, questa nuova eventualità comunicando al potenziale nuovo gestore che l’azienda in questione ha degli insoluti, e quindi non è autorizzata a procedere a stipulare un nuovo contratto.

Cosa ci vuole a riattivare una utenza? crediamo poco o nulla, forse premere un pulsante, abbassare una leva, schiacciare un bottone, ma nessuno all’ENEl, Ente nazionale per l’energia elettrica trova ancora il modo, il tempo o la voglia di farlo.

Facciamola breve: sono trascorsi oltre due mesi da quel fatidico 12 dicembre: l’azienda ha gli impianti bloccati, la produzione non viene avviata, le forniture previste dai contratti sono state sospese, persone che nutrivano una legittima aspettativa di lavoro continuano ad aspettare e a sperare.

Nel frattempo il nostro imprenditore, oltre a continuare a parlare con Tizio e Caio del call center, ha avviato un procedimento legale per danni nei confronti dell’ENEL.

Le cose che abbiamo riferito, lo ripetiamo, sono tutte riscontrabili, compresi i nomi degli interlocutori dei call center, le ore di chiamata e tutto.

Ma è possibile che in questa Sicilia benedetta dall’energia solare e maledetta dall’Ente nazionale per l’energia elettrica, quei pochi disgraziati che vogliono fare impresa debbano subire queste autentiche vessazioni ?