Area artigianale addio?

Area artigianale addio?

attualita
Typography

La grande incompiuta, il sogno infranto, la scommessa perduta: chiamiamola come vogliamo ma quell'idea strategica che intorno agli anni '70 voleva disegnare il futuro di Bagheria, che già nel dibattito politico di allora faceva paventare un futuro di città dormitorio, è andata a finire nel cul de sac di una burocrazia che sta bloccando tutto e chissà per quanto.

Il progetto dell'area artigianale risale a quegli anni '70 in cui, una politica ancora non del tutto cieca e sorda alle istanze della società, di fronte alla crisi dell'agrumicoltura ed ai primi fenomeni degenerativi del cosiddetto conferimento degli agrumi ai centri di raccolta ( in dialetto leggi "scafazzo"), mette in campo una proposta strategica che avrebbe dovuto e potuto far nascere la nuova Bagheria.

Favorire la crecita assieme alla Bagheria agricola, di una Bagheria artigiana.

Accadeva a quel tempo che nella realtà economica del territorio, di pari passo ad uno sviluppo urbanistico caotico e tumultoso,  crescevano in maniera altrettanto sregolata, decine e decine di attività artigianali legate all'edilizia che, nel contesto economico e politico di quegli anni, cominciano ben presto ad assumere un ruolo decisivo.

Si pensi che nelle elezioni amministrative del 1984, Andrea Zangara, non ancora senatore, ma già assessore all'annona (come si chiamavano un tempo le attività produttive), è il primo degli eletti con 3.000 preferenze dello squadrone di 21 consiglieri comunali democristiani sui quaranta in totale che entreranno in consiglio.

Le centinaia di fabbri, serrandisti, meccanici, lattonieri, mobilieri,  falegnami, impiantisti, ma anche filiali di vendita di automobili, di grossi depositi commerciali,  vivono all'epoca  compresse dentro gli angusti confini di strade e stradine all'interno del centro abitato.

Hanno bisogno di un loro  spazio vitale per crescere, svilupparsi e conquistare nuovi mercati.

L'area artigianale potrà essere, e tutti ne sono covinti, un nuovo motore di sviluppo che possa dare a quelle miriadi di attività aree adeguatemente infrastrutturate, consentendo a qualche decina di esse di assumere dimensioni di media azienda, cosa possibile  per le capacità imprenditoriali dei titolari.

In qualche caso tale crescita avvenne, malgrado un contesto difficile: pensiamo ad alcune imprese edili, la Cooperativa "La Sicilia" in primis, che arrivò ad avere verso la fine degli anni '80 circa trecento soci lavoratori.

L'intuizione  è giusta: l'area nel P.R.G. approvato nel 1976 era stata individuata in contrada Monaco allora in periferia; si ottiene un finanziamento di un miliardo di lire del tempo, sufficienti a pagare gli espropri, le opere di infrastrutturazione e la costruzione di dieci capannoni di diverse dimensioni.

Sembra fatta, ma non si erano fatti i conti con interessi retrivi e con opportunismi personali e politici.

La Vandea contadina invade letteralmente l'aula consiliare investita dalla protesta dei piccoli proprietari, sindaco, assessori e  gran parte dei consiglieri vengono messi in fuga dai facinorosi,  e sul tavolo della presidenza sale letteralmente un senatore della Repubblica del tempo Ignazio Mineo, che arringando i piccoli proprietari proclama che prima di procedere agli espropri dovranno passare sul suo cadavere.

'La terra non si tocca' fu lo slogan, e veniva subito e ironicamente da pensare: 'si tocca solo per fare lottizzazioni e case abusive' come avveniva e avvenne  anche colà.

La demagogia e il ricatto della violenza pagarono: ad Andrea Zangara viene bruciata una villetta di campagna, ed i partiti per paura di perdere voti fermano gli espropri e la pratica viene rinviata sine die.

Si ripartirà venti anni dopo con l'amministrazione Sciortino che rimette in moto quest'opera fondamentale.

Dopo l'abbandono del progetto originario, alcune di queste attività commerciali e artigianali, trovano talvolta soluzioni individuali d'accomodo: pagando i terreni a caro prezzo hanno costruito qualche capannone di qua e di là in contrada Parisi, sulla statle 113, hanno ampliato ad Aspra quelli esistenti, insomma come sempre accade da noi, si sono in qualche modo, arrangiati.

Due anni fa la vera e propria ripresa: il consiglio approva una variante, ci sono i soldi, si fa il bando, l'impresa aggiudicataria comincia, ed in parte realizza, i lavori di infrastrutturazione.

Poi arriva lo stop.

Adesso tutto è fermo,lavori sospesi, opere lasciate in asso: sono bastati la sentenza definitiva del C.G.A. di annullamento del piano regolatore del 2002, per far venir venir meno il presupposto di conformità urbanistica dell'opera e tre ricorsi per le espropriazioni vinti dai proprietari anche con appigli formali.

Anche se va segnalato che qualche esperto sostiene che non ci sarebbe stata la necessità della sospensione dei lavori, in quanto gli strumenti attuativi di un Piano regolatore  ( e tale è l'area per le attività commercialie e artigianali) in presenza delle infrastrutturazioni già realizzate, non decadono neanche in presenza di una bocciatura del piano generale, e che le sentenze favorevoli ai ricorrenti riguardavano aspetti limitati delle procedure espropriative.

Già realizzate le condutture e la possibilità di allacciamento a gas, luce e acqua, la sistemazione dei marciapiedi, le strade segnate, quasi tutto fatto: ma a guardare oggi quell'area emergono solo il rammarico e la tristezza per un opera che avrebbe potuto essere e ancora non è, di qualcosa che ci potrebbe far guardare al futuro con più ottimismo,.perchè sarebbe stata da sola in grado di creare diverse centinaia di posti di lavoro.

Ed allora da dove e quando ripartire?

Si ripartirà sicuramente nel momento in cui il consiglio comunale adotterà il nuovo Piano regolatore generale, nella speranza che non sia troppo tardi.