La topografia dell’antica Lipari, dopo anni di studi e di ricerche, si credeva, almeno nelle sue grandi linee, abbastanza conosciuta.
Tuttavia, la ricerca e il caso spesso non vanno all’unisono e le scoperte fortuite mutano improvvisamente ipotesi e ricostruzioni precedenti. E’ questo il caso del porto di Lipari antica che, dalle scoperte fortuite effettuate in seguito ai lavori di dragaggio effettuati nello spazio di mare di Marina Lunga, risulta improvvisamente mutato e, soprattutto, arricchito.
Un’importante scoperta archeologica è stata portata a termine dagli archeologi della Soprintendenza del Mare della Sicilia, supportati dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, durante una delle numerose attività congiunte di monitoraggio e tutela del patrimonio sommerso.
Sulla base delle ricerche passate si pensava che il porto della Lipari antica si trovava presso le due insenature che si trovano ai bordi del Castello, e precisamente a Marina Lunga (detta anche Sottomonastero) ed a Marina Corta. Quest’ultimo sembrava più idoneo in quanto riparato dal maestrale e dallo scirocco, i due venti dominati; mentre Marina Lunga rimaneva un approdo meno sicuro per il maestrale, benché ben ridossato per lo scirocco.
In entrambi i casi le ricerche e le ipotesi avanzate proponevano l’assenza di vere e proprie strutture portuali in favore di insenature con spiagge adibite all’alaggio delle imbarcazioni e, pertanto, prive di moli o simili strutture.
La scoperta odierna cambia radicalmente questa immagine imponendo la presenza di una possente struttura certamente connessa con il porto.
La scoperta si colloca laddove le isobate marine si addensano mettendo in evidenza l’esistenza di una secca che si allunga dalla costa verso il largo in direzione N-NE che va verisimilmente interpretata come il prodotto di strutture e manufatti sommersi di epoca antica.
E’ certo che la secca preesistesse all’edificazione delle strutture recentemente rinvenute. Pertanto è ipotizzabile che su tale secca siano state costruite a più riprese (forse a partire dall’età romano – repubblicana a giudicare dai materiali archeologici reperiti sui fondali devastati dalla benna) le strutture portuali.
Una poderosa variazione eustatica (bradisismo?) ha determinato l’inabissamento della struttura portuale ad oltre m 10 di profondità rispetto al livello del mare odierno.
Che questo spazio di mare di Marina Lunga potesse riservare le “sorprese archeologiche” di cui sopra era, tuttavia, prevedibile se pensiamo che già durante la costruzione del molo odierno fu segnalata la presenza di strutture e di colonne di pietra locale (probabilmente provenienti dalla cava del Fuardo) e furono raccolte monete e perfino il piede anteriore destro in bronzo di una statua di altezza di circa 2 metri che L. Bernabo Brea ipotizza distrutta durante l’assedio romano a Lipari nel 252/251 a.C.
Sulla base dei dati raccolti nel corso delle indagini preliminari condotte dai tecnici della Soprintendenza del Mare è ipotizzabile la presenza di una struttura dotata di grande portico con direzione NE/SO costituito da colonne del diametro di ca m 1,20 di cui abbiamo trovato tre plinti di base in situ su altezze diverse, ed altri tre sono stati strappati dalla benna prima della sospensione dei lavori di dragaggio. Tali colonne, in basalto locale, poggiano su un basamento che appare essere di marmo bianco.
La possente struttura di sostruzione del monumento appare costruita in “opus cimentum” con pietre di grosse dimensioni che confermerebbe la datazione ad età romano repubblicana del monumento. Forse questo edificio corrisponde con una fase di ricostruzione intensa della città nel corso del II sec a.C, attestato da 7 strade ritrovate a terra nella città bassa, con uno o due strade principali.
La natura dell’edificio è ancora difficile da definire. Potrebbe trattarsi di un portico posizionato su un molo portuale o di un edificio pubblico o sacro in zona portuale.
La grande quantità di ceramica raccolta sul posto è databile tra il II ed il I sec. a.C. in accordo a quanto proposto per la datazione del manufatto. Tuttavia sarà possibile (ed è un caso rarissimo in archeologia subacquea) datare la struttura adottando la tecnica dello scavo stratigrafico poiché il monumento appare coperto da una possente stratigrafia intatta dello spessore di oltre i m due.
Le indagini preliminari sono state condotte dalla Soprintendenza del Mare, sotto la guida di Sebastiano Tusa, da Stefano Zangara, Gaetano Lino, Philippe Tisseyre e Marcello Consiglio con il supporto subacqueo di Bartolo Giuffrè e l’assistenza del Direttore del Museo Archeologico Eoliano “L.Bernabò Brea” Riccardo Gullo e con il prezioso supporto dell’Arma dei Carabinieri, attraverso il prezioso ausilio del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale della Sicilia (comandato dal Capitano Giuseppe Marseglia) che ha coordinato l’unità navale di Milazzo ed i militari del Nucleo Carabinieri Subacquei di Messina guidati dal Lgt. Salvino Antioco, oltre ai Carabinieri della Stazione CC di Lipari guidata dal m.llo Francesco Villari.
Importante e decisivo è stato il contributo dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Lipari per la messa in sicurezza e la protezione dell’area marina interessata dalla scoperta.
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