Due fatti accaduti in questa settimana ci restituiscono quasi plasticamente per contrasto quale sia veramente la duplice natura di Bagheria: ci riferiamo da un lato alla marcia di solidarietà al magistrato Nino Di Matteo, oggetto nelle scorse settimane di minacciosi proclami in carcere di Totò Riina, e la notizia del pentimento di Sergio Flamia, mafioso di rango, arrestato nel maggio scorso nell'operazione Argo.
Alla marcia di solidarietà peraltro molto partecipata, c'era anche qualche traccia di reale e rivoluzionaria novità: dietro i sindaci con la fascia e le autorità politiche, militari e religiose, i manifestanti erano per la gran parte giovani e giovanissimi, svincolati dai partiti, e addirittura bambini delle scuole elementari del 'Cirincione' accompagnati da genitori e insegnanti, l'unica parte del corteo festante e vivace.
Bene hanno fatto l'assessore Massimo Mineo e la presidente del consiglio Caterina Vigilia a rendersi promotori assieme ad altre organizzazioni e alle scuole di questa iniziativa.
Grave, gravissimo sarebbe stato che proprio Bagheria che aveva ospitato Di Matteo appena tre settimane fa, restasse in silenzio di fronte alla espressioni violente e minacciose di un personaggio come Totò Riina
Erano una piccola, piccolissima rappresentanza che stava a simboleggiare di quella Bagheria che non si rassegna, di quella Bagheria civile, sensibile e colta di giovani e meno giovani che con le loro doti e la loro tenacia mietono riconoscimenti in tutto il mondo nel campo della scienza, della cultura e dell'arte, asseme a quella Bagheria imprenditoriale e operosa che da esempi della sua forza e della sua vitalità in Italia e nel mondo.
Questa Bagheria è quella che ci inorgoglisce e ci dà stimolo ad andare avanti.
L'altro fatto è il pentimento di uno degli arrestati nell'operazione Argo: un pentimento che disvela retroscena agghiaccianti, stante che Flamia si autoaccusa di quaranta omicidi. Non sappiamo quale siano le reali motivazioni del pentimento: forse le dichiarazioni dell'altro pentito di Casteldaccia, Giuseppe Carbone, che stavano per aprirgli inesorabilmente le porte dell'ergastolo o forse, come sembrerebbe emergere da una lettura molto attenta delle intercettazioni, anche per la 'stanchezza' a reggere il peso di una vita consumata nella violenza e nel crimine.
E' un pentimento che forse spiegherà la lunga scia dei diciassette omicidi della prima guerra di mafia che dall'estate del 1982 videro le nostre strade insanguinarsi e Bagheria balzare agli 'onori' della cronaca come vertice del triangolo della morte, oltre che le dinamiche della seconda guerra di mafia del 1989, anche questa con qualche decina di omicidi che gettarono Bagheria nella mortificazione, nella vergogna e nella paura.
Saranno i giudici e gli inquirenti a valutare con la loro professionalità e il loro rigore la sincerità di questo pentimento.
A noi interessa solo in questo momento mettere in rilievo, il quadro di violenza criminale e cieca che emergerebbe dalle confessioni del Flamia e che ha attecchito nella nostra comunità.
In questo nostro contraddittorio, e per certi aspetti sventurato e infelice paese, hanno convissuto i premi Oscar del cinema, Peppuccio Tornatore, i grandi uomini di cultura, da Guttuso a Buttitta a Scianna per citare solo le vette, ed una delle famiglie di cosa nostra più terribili e sanguinarie dell'intera Sicilia: come dire, assieme alla faccia fascinosa e lucente anche la faccia oscura e nascosta della luna
Da un lato una piccola parte di città che vuole continuare fors'anche ingenuamente a sperare e a credere nel riscatto possibile della nostra comunità, dall'altra una storia criminale e sanguinaria fatta di attentati, danneggiamenti, minacce, estorsioni, omicidi, che hanno coinvolto in parte anche il mondo della politica e delle imprese.
'Ex malo bonus', dicevano i latini.
Il pentimento di Flamia con il terremoto che innescherà tra le fila dei mafiosi, ma non solo, potrebbe essere l'occasione buona, per liberarsi della mala pianta mafiosa.
Le due facce di Bagheria come le due facce della luna - di Angelo Gargano
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