Una cosa, non serve a Bagheria: La Demagogia.Il futuro dei giovani stà a cuore a tutti, così come a tutti dispiace che i nostri cari siano dovuti andare via, chi per scelta e chi no, per poter esercitare un loro diritto.
I figli della terra di Sicilia, i figli di Bagheria, non sono solo esperti di economia, ricercatori, dirigenti di azienda, medici o avvocati , sono anche muratori, meccanici, artigiani, manovali, imbianchini che per poter "campare" la famiglia, hanno fatto i bagagli e sono andati via; anche loro sono una ricchezza e un patrimonio enorme.
E sono un patrimonio enorme tutti quei giovani che a Bagheria ci sono rimasti, che hanno trovato, pur sottopagato, un lavoro o che mandano avanti, con sacrifici, la piccola azienda di famiglia.
Prima di tutto il contatto bisognerebbe stabilirlo con noi giovani, brillanti e meno, che siamo qui, anche noi pieni di spirito di iniziativa, idee, proposte e suggerimenti, con noi giovani che quotidianamente viviamo in questo caos che è Bagheria.
Sono andati via i migliori, quindi noi rimasti chi siamo?
Competenza, sapere e capacità professionale non sono facoltà dei soli laureati, ma evidentemente noi rimasti, non essendo i migliori, non siamo degni di essere presi in considerazione.
Una giovane bagherese
La replica di Bartolo Di Salvo
Gentile lettrice, devo contraddirla. Soltanto una lettura frettolosa o parziale ( mi auguro non faziosa) del mio articolo, può portarla a fare queste affermazioni
Riporto testualmente dall'articolo:
"Il tema che più mi sta a cuore è quello del futuro dei ragazzi e dei giovani, dei nostri figli insomma.
Mi ritrovo a pensare, a riflettere sulle vicende di Bagheria e della nostra Sicilia in merito alle prospettive di lavoro per il futuro, e tutto indurrebbe al pessimismo.È dovere precipuo di quanti individuano nella politica lo strumento più incisivo e più alto per incidere sul corso degli eventi, che ognuno di noi debba sul problema dell'occupazione riflettere ampiamente e approfonditamente.
E mi ritrovo a pensare che non può e non deve prevalere la conclusione amara e la rassegnazione che i nostri ragazzi il loro futuro dovranno costruirlo altrove, come sta avvenendo per tanti figli di questa terra di Sicilia e della nostra Bagheria.
Occorre impegnarsi intensamente perché che questa tendenza debba essere nel tempo ribaltata."
So benissimo, perchè quotidianamente mi ci confronto, quale sia la condizione di tanti giovani e meno giovani a Bagheria; ed per questo che un parte delle proposte del mio programma è proprio dedicato ai temi del lavoro e dello sviluppo.
Ho aggiunto poi testualmente:
"Spesso, non sempre naturalmente, vanno via i migliori."
Ho parlato di laureati, ma ho fatto riferimento anche a tecnici e artisti; avrei dovuto aggiungere "operai e artigiani", e su questo concordo e dell'omissione mi scuso.
Ma questo non può consentire di stravolgere il senso di una proposta.Posso convenire sul fatto che non sia facile trovare una risposta all'eterno interrogativo se è più coraggioso chi parte o chi resta; perché andar via o restare talvolta è una scelta dettata dalle circostanze e dalle necessità.
Nel mio intervento avvertivo che ci troviamo, nel nostro piccolo, di fronte allo stesso problema che ha l'Italia, che forma a suon di quattrini competenze e professionalità che ci vengono poi "soffiate" da francesi, inglesi, tedeschi, americani svizzeri e chi più ne ha più ne metta.
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Il risultato è la perdita progressiva di competitività e di capacità di innovazione nel nostro paese che l'Italia manifesta via via che gli anni passano.
Ho solo rimarcato che Bagheria in piccolo ripropone questo fenomeno, che gran parte degli studiosi della materia segnalano.Ho espresso l'intenzione, per quanto può essere possibile ad un amministratore locale, di lavorare per arrestare questa emorragia e che, in qualche modo, intelligenze, suggerimenti, idee, spirito di iniziativa, di quanti frequentano e conoscono realtà diverse e più evolute possano avere un "ritorno" per la nostra comunità
La sua chiave di lettura, mi sembra, lo ripeto, una forzatura, ma se ho potuto ingenerare un equivoco, me ne scuso.
Il commento di una lettrice alla lettera di Bartolo Di Salvo, e la replica dell'interessato
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