Pubblichiamo integralmente la riflessione di Piero Montana sulla sciagura aerea di Madrid, nella quale anche un uomo di origini palermitane ha perso la vita.
Alla famiglia della vittima vanno le più sentite condoglianze dalla redazione Bnews.
In memoria di Domenico Riso e della sua famiglia
Il disastro aereo di Madrid è stata una tragedia immane perché tante, troppe vittime hanno perso terribilmente ed irreparabilmente la vita bruciata in un rogo spaventoso. A tutte loro con sgomento è rivolto il nostro pensiero che non osa immaginare quei momenti terribili che hanno mandato letteralmente in fumo l´esistenza di 153 persone.
Al nostro dolore tuttavia si accompagna un senso di scoramento perché ci sembra che in questo disastro qualcuna delle vittime sia morta come due volte. Solo sul Corriere.it apprendevamo infatti venerdì 22 agosto che uno dei passeggeri, lo steward di Air France Domenico Riso, di Isola delle Femmine ma residente a Parigi, era morto assieme al suo compagno Pierrik Charilas e il figlio di lui Ethan, un bimbo di tre anni. Domenico e Pierrik, ci informava il Corriere, formavano una famiglia e vivevano in una bella casa di Parigi.
Domenico era molto affezionato al bambino ed insieme al suo compagno partiva in vacanza alle Canarie portando Ethan con loro. Questa famiglia è stata distrutta da un disastro aereo, ma ci preme, quasi con le lacrime agli occhi, ricordarla per conservarne la memoria al di là del silenzio, dell´oblio, della censura forse che l´ipocrisia dominante ha imposto.
Certo noi non siamo di quelli che vogliono scambiare - come qualcuno ha scritto - un camposanto per un campo di battaglia, giacché su questa tragedia non c’è alcuna bandiera da innalzare bensì da ammainare invece a mezz’asta e d in segno di lutto.
Ci sembra poi del tutto irrilevante che due dei 153 passeggeri fossero gay. L’identità sessuale di queste due persone non modifica in nulla il sentimento profondo di sgomento e dolore innanzi a così tante vittime dell’incidente aereo. Bene comunque ha fatto Arcigay a sollevare la questione, perché a riguardo la stampa ed i media in generale non hanno solo passato sotto silenzio (censurato?) l’omosessualità di Domenico Riso e di Pierrik Charilas, ma anche dopo le polemiche che su questa identità negata sono scaturite, hanno continuato a rimuovere il tabù su cui sembra essere fondata la società italiana : la famiglia omosessuale.
A causa di tale rimozione in gran parte dei quotidiani e dei telegiornali è risultato che Domenico Riso è morto da solo, costituendo semplicemente una delle 153 vittime del disastro, e che fosse poi gay non sarebbe poi così importante se non per il fatto che insieme ad altre persone e forse altre famiglie eterosessuali anche Domenico era morto con la sua famiglia, di modello certo diverso da quello tradizionale. Ma sulla famiglia di Domenico si è preferito sorvolare. In un paese come l’Italia che ha messo in discussione i Pacs e i Dico possiamo immaginare l’imbarazzo da parte dei media di parlare di una famiglia omosessuale composta anche dai figli.
Per questo non ci stupisce che innanzi a tanto strazio di vite umane, nessuna lacrima - ci sembra - sia stata versata in particolare per il piccolo Ethan a cui Domenico e Pierrik erano entrambi affezionati, per quel bimbo di tre anni morto insieme ai loro genitori in quel rogo del disastro aereo, che ancora continua ad ardere sulla carta stampata dei giornali.
Ma c’è ancora qualche altra considerazione che vorremmo fare. Se pensiamo al destino di Domenico Riso, al destino di questo giovane e brillante siciliano che aveva scelto il cielo come dimora, facendo come professione lo steward, se pensiamo alla sua felicità, che solo a Parigi aveva raggiunto, andando a vivere con il suo compagno Pierrik Charilas, un campione di aerobica, ed il figlio di lui, al di là di questa stessa felicità tutto ad un tratto andata in fumo per un maledetto incidente aereo, ci rimane accanto al dolore un sentimento di rimpianto per non avere anche noi tentato da giovani il volo, la fuga da questa terra di Sicilia, da questa Italia dove nulla, nonostante più di trent’anni di lotta del movimento gay, sembra destinato a cambiare sul campo del costume, dove tabù e pregiudizi tra tanti altri mali continuano - si direbbe - nell’indifferenza di tutti a regnare sovrani.
Piero Montana