Giovanni Castiglia espone a Palazzo dei Normanni "Tutto il tempo è un canto solo"

Giovanni Castiglia espone a Palazzo dei Normanni "Tutto il tempo è un canto solo"

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Tutto il tempo è un canto soloè il titolo della personale di pittura che Giovanni Castiglia presenta a Palazzo dei Normanni (sale Duca di Montalto) a Palermo. La mostra è bellissima e straziante, perché è una nuda e cruda confessione esistenziale dell’artista.

Quel che qui è in gioco è il corpo mistico della pittura che è al contempo anche il corpo messo a nudo dell’artista.

 

Da questa confusione tra corpo e materia pittorica nasce un contatto tra la ricerca artistica e quella alchemica dove il fuoco, uno degli elementi più sottili, è predominante.

Sotto il segno del fuoco questa mostra mette il dito sulla piaga: la spiritualità dell’artista che confessa di vivere solo con la pittura, di non avere altro mestiere.

Castiglia come Antonin Artaud scarica la sua sofferenza, le sue tempeste interiori in pitture che sono icone di una sconfinata solitudine e di un dolore cieco, nudo, abbaglante.

Un dolore muto, non gridato. Un dolore che non sconfina mai dal quadro ma è in esso richiuso come in una prigione.

Il canto di Castiglia è quello dei prigionieri, dei carcerati di questo spazio chiuso, angusto che è il nostro mondo. E’ il dolore acuto dei dannati della terra che nelle opere di Castiglia si trasforma in canto : un inno all’assoluto, un inno all’assolutamente e radicalmente Altro dal mondo, un inno all’ infinito inafferrabile il cui respiro tuttavia palpita, aleggia su queste tele, carte e legni impregnati di una materia pittorica sanguinante.

Il sangue mistico che cola dalle pitture di Castiglia si trasforma per transustanziazione nel corpo lancinante di Cristo. L’avventura mistica di Castiglia è la ricerca appartata, solitaria, monacale e del tutto personale del Santo Graal. Una ricerca nella materia attraverso il colore, le terre per estrarre da esse l’oro filosofale, la luce nella sua esplosione abbagliante.

Questo oro dello spirito vale tutte le fatiche, gli affanni, le incomprensioni in un mondo fondato sulla materia che costituisce - direbbe René Guenon – “ il regno della quantità”.

Attraverso la ricerca pittorica Castiglia intraprende pertanto un percorso iniziatico che finisce per isolarlo dal mondo, confinandolo in una solitudine devastante. Una solitudine che rode l’anima come un tarlo in una cognizione del dolore, che assume le sembianze di una crocifissione.

Dalla pittura del nostro artista emerge pertanto il vuoto lasciato dopo una catastrofe: il disastro di “the wast land”, della terra desolata.

E tuttavia questa landa, che l’artista restituisce nuda al nostro sguardo, è la terra promessa, la terra santa, la materia pittorica attraverso la quale il pittore, come un cercatore d’oro, riesce a far filtrare la luce, a fare emergere bagliori abbaglianti poi coagulati come in campi magnetici.

Là dove avviene questa coagulazione della luce, lì Castiglia si avvicina alla Grande Opera della ricerca alchemica, lì avviene il miracolo della transustanziazione.

Opere come “Terra bruciata” (immagine in basso), “Piccolo fuoco” , “Vampa”, “Fuoco che ribolle”, “Crudo scarlatto”, “Nube”, “Rogo”, sono esempi assai calzanti, riusciti di questa operazione alchemica effettuata attraverso la “tintura” e l’estrazione dell’oro filosofico dalla materia pittorica. Questa materia è realizzata fondamentalmente nel recupero delle avanguardie “poststoriche” come l’informale e l’espressionismo astratto, in cui prevalente è anche l’influsso dell’action painting o meglio della pittura gestuale.

Con le impennate del gesto Castiglia scarica nei suoi quadri, come in una sorta di catarsi liberatoria, i suoi tumulti, le sue tempeste interiori, la sua rabbia, le sue inquietudini mai espresse personalmente nel suo contatto sociale con gli altri. Chi conosce Giovanni Castiglia sa di trovarsi innanzi a un uomo tranquillo, quieto, intento solo a realizzare la sua vocazione di pittore, di sperimentatore di quel “ Fiat Lux”, che fu il gesto creatore di quel grande Architetto che è Dio, e che è anche il gesto dell’artista che getta luce su di sé e sul mistero dell’universo che lo circonda. Castiglia è sicuramente uno dei più promettenti artisti dell'interland bagherese.

Con una raffinata sensibilità artistica, che mostra anche la profonda assimilazione della lezione delle avanguardie storiche, il nostro artista realizza opere pittoriche, in cui prevale la sperimentazione di nuove tecniche astratte, giungendo ai risultati di un neo espressionismo astratto con forti richiami all’action painting.

Bagliori accecanti di luce come campi magnetici caratterizzano pertanto la sua ultima produzione, dove i riquadri di luce rimandano anche a Mark Rothko in una resa pittorica di notevole spessore. Castiglia opera su questa materia di luce su tele, carte e legni in una continua ricerca alchemica del sottile, dello spirito, dell'energia che scaturisce come da particelle atomiche e da incombenti ed inquietanti catastrofi nucleari.

Bellissima è l’opera intitolata “Acqua, cenere e stelle” dove la materia pittorica richiama “la pasta” oscura e al contempo luminosa dell’universo che ci sovrasta nella sua immensità. Questo universo stellare è pure presente in un’altra opera di potente impaginazione astratta “ Ore accordate dalle stelle”, dove il registro pittorico con una prevalenza di colori cerulei richiama le forti impennate della pittura di Vedova. Le ore accordate dalle stelle sono quelle della rabbia, dei tumulti, delle tempeste interiori ma anche quelle felici della realizzazione della Grande Opera alchemica, della catarsi purificatrice e liberatoria attraverso lo strumento dell’arte che ci porta a sconfinare verso l’Altrove.

Questa dimensione dell’Altrove è lo spazio privilegiato della pittura di Castiglia che in “Terra bruciata” sbarra il campo di osservazione del nostro sguardo con forti bagliori accecanti.

Bagliori che non è possibile penetrare con la vista bensì con un sesto senso che solo gli artisti solitari e visionari possiedono facendo intravedere nelle loro opere altre dimensioni del reale non riducibili al solo “regno della quantità’ “,al regno del grezzo materialismo.

Con la sua personale “Tutto il tempo è un canto solo” Castiglia ci accompagna dunque alla soglia dell’Altrove, alla soglia di quell’altro mondo in cui per primo Orfeo è disceso per poi risalire da solo con la potenza del canto.

La mostra resterà aperta al pubblico dal 30 gennaio al 17 febbraio 2010, e sarà visitabile tutti i giorni, dal lunedì al sabato dalle 8:15 alle 17:45, domenica e festivi dalle 8:15 alle 13:00.

 

Piero Montana