Ormai già da un po di tempo ci siamo abituati ad assorbire incondizionatamente tutto ciò che il così detto mondo globale ci propina automaticamente come nostro, negandoci il diritto di poter decidere la nostra individualità. Questo riguarda soprattutto la nostra identità culturale.
Abbiamo ormai quasi del tutto perso la cognizione della nostra identità di siciliani; la “memoria”, nel senso più profondo del termine non fa più il proprio dovere di educatrice ad una cultura che è nostra semplicemente perché abbiamo determinate origini siano esse siciliane, arabe, anglosassoni o del’africa nera, poco importa.
Fino a qualche anno fa la Sicilia rappresentava nel panorama nazionale una fonte quasi inesauribile di materiale etnomusicale e folklorico (e non folkloristico) di notevole interesse; in quanto a cultura materiale e musica popolare non siamo stati secondi a nessuno; a tal proposito basti ricordare i nomi di illustri studiosi che hanno visitato la nostra terra e che hanno deciso di dedicarle parte del loro tempo in studio e osservazione; mi riferisco a studiosi quali Alan Lomax, Diego Carpitella, Roberto Leydi e tanti altri, otre che una schiera di grandi studiosi siciliani primo fra tutti Pitrè.
Questa breve premessa mi è servita a dare un piccolo punto di riferimento necessario per comprendere ciò che sto per dire.
Sempre più spesso soprattutto in occasioni come sagre di paese o feste patronali, vengono offerti per la nostra gioia e per quella di probabili turisti spettacoli di allegri gruppetti folkloristici che in coreografici quanto poco credibili costumi ci rimbambiscono tra virtuosistiche friscalettate e demenziali canzoncine di pessimo gusto pseudo-popolare.
E assolutamente deprimente non che offensivo vedere applaudire un trio di “musicisti” che canticchiano ciuri ciuri o che si muovono mimando gesti del lavoro contadino e tradizionale in genere; ma lo è ancora di più se ad applaudire non sono solo turisti ma anche coloro che appartengono a questa terra. Comunico, per chi non lo sapesse, che la musica popolare, siciliana in questo caso, è qualcosa di ben più semplice e complessa allo stesso tempo.
Nel tentativo di rendere più fruibile il repertorio musicale siciliano, abbiamo deciso di affiancare allo studio la diretta esecuzione nel modo più fedele possibile alle tracce originali.
Il laboratorio di musica popolare aglaia è costituito da 10 giovani artisti e studiosi, prevalentemente formatisi presso il Corso di Laurea di Discipline della Musica della Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo in seno al Laboratorio di Etnomusicologia. Sulla base della considerevole esperienza di studio e di ricerca maturata negli ultimi anni sotto la guida dell’etnomusicologio Girolamo Garofalo, docente di Etnomusicologia presso la Facoltà di Lettere di Palermo.
Nel riproporre il folklore musicale siciliano il laboratorio intende restituirne pienamente la ricchezza e il valore estetico, ancora oggi attuali, nella massima aderenza allo stile della tradizione autentica e senza incorrere nelle falsificazioni, nelle banalizzazioni e nelle inutili “modernizzazioni” cui troppo spesso il canto popolare risulta sottoposto al giorno d’oggi.
Il concerto "e nasciu lu bambineddu" è un evento patrocinato dalla provincia regionale di Palermo, che conta quattro repliche: Bagheria, Misilmeri, Belmonte Mezzagno e Piana degli Albanesi.
Il repertorio che andremo ad eseguire riguarda le musiche ed i canti tradizionali del Natale in Sicilia, quindi: novene, in questo caso quelle del repertorio dei cantastorie orbi di palermo e di messina non che novena di Mussomeli; “u viaggiu dulurusu” di Borgetto e di Bagheria; oltre a pezzi strumentali con zampogna e tamburello.
L’appuntamento è a Bagheria e il 5 Gennaio alle ore 17,30 presso il teatro Branciforti - ingresso libero
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