"Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano" - di G. Pitr

"Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano" - di G. Pitr

Tradizioni Popolari
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Tutti dicono e tutti ripetono che il Carnevale se ne va, se pure non se n'è già andato; se ne va, perchè i tempi non sono più da ciò, se ne va, perchè i giovani vogliono esser presto uomini, e perchè gli uomini non possono occuparsene con lo entusiasmo leggiero di una volta (…)”


“(…) Ed eccoci finalmente al Nannu.
Il Nannu o Nannu di Carnalivari è la personifica¬zione del Carnevale, la maschera principale, massima, l'oggetto di tutte le gioie, di tutti i dolori, de' finti piagnistei, del pazzo furore di quanti sono spensierati e capi scarichi.
Trovar la sua fede di battesimo è tanto difficile quanto il trovar l'origine d'un uso obliterato; ma senza dubbio, trasformato e mistificato com'è, egli discende in linea retta da un personaggio mitico della remota antichità di Grecia e di Roma. La sua storia è lunga, ma a sua vita è così breve che si compie dalla Epifania all'ultimo giorno di Carnevale.

Ordinariamente lo si immagina e rappresenta come un vecchio fantoccio di cenci, goffo ed allegro; vestito dal capo ai piedi con berretto, collare e cravattone, soprabito, panciotto, brache, scarpe.
Lo si adagia ad una seggiola con le mani in croce sul ventre, innanzi le case, ad un balcone, ad una finestra, appoggiato ad una ringhiera, affacciato ad una loggia; ovvero o si mena attorno.

Più comunemente è una maschera vivente, che sur un carro, sur un asino, una scala, una sedia, va in giro accompagnato e seguito dal popolino, che sbraita, urla, fischia prendendosi a gomitate.

Le frasi Pari lu Nannu di Carnalivari e Va pri lu munnu comu un Carnalivari nascono appunto dalla goffagine sguaiata e piazzaiola di questa maschera nel Carnevale. Non è raro l'avvenirsi in un'altra maschera di donna, con un bambino in fasce a cui imbocchi della pappa.
In questo bambino bisogna riconoscere il figlio del Nannu, e nella donna la moglie del Nannu, ma sono dei fatti isolati, capricciosi e non tradizionali.

Per lui maschere girovaghe con fiaccole accese scorrono il Corso ballando e schiamazzando. Per lui gli antichi amavano (ed amano anche i presenti) di affollarsi nel centro della strada (Corso V.E.) e di frastornare il corso delle carrozze, trattenendolo, e deridendo con sarcasmi e motteggi i cocchieri.

Era celebre allora (e lo è sempre) il grido di va spaja con cui la moltitudine imponeva a costoro di recarsi a staccare i cavalli. Per lui tutto un popolo è ammattito.

Le nenie sopra riferite fan parte delle esequie che d'ordinario gli si anticipano; ma agli ultimi momenti, altro che nenie! Allora, come scrivea il Villabianca, “si suppone morto il Carnevale, e se ne conduce il cadavere o con associo ordinario della parrocchia c di preti, o pure coll'altro criminale della Compagnia de' Bianchi, menandolo alla Forca.”

Per tutte le strade e da per tutto si piange quindi il Carnevale e si grida Nannu Nannu! ovvero Murìu mè figghiu Carnalivari! (Catania).

Da alcuni anni in qua le Società Siciliane pel Carnevale fanno un Carnevale tutto proprio; e come han creato una nanna, moglie del Nannu, creazione di cattivo gusto, che in Sicilia non ha nessun fondamento, così hanno importato una cremazione del Nannu, con la quale pensano forse di ripetere il dar fuoco al capannuccio, di cui parla Buonarroti il Giovane.
Della quale importazione io non dirò nulla, perchè opera tutta dì persone a modo, che si sforzano di formare un Carnevale officiale che il popolo vede, ma che non sa prendere per suo.

Povero Nannu! trascinato a fìnire come un eretico di tre secoli fa sopra una catasta di legna in pieno anno 1884, e per opera di tanti begliumori che de¬testano gli auto-da-fe ed il Sant'Uffizio! E non ti è concesso, o vecchio Nannu, di fare un po' di testamento come lo facevi al buon tempo antico nell'antica capitale della Sicilia, e come pur lo fai in carne e in ossa nel sestiere del Borgo e in cento altri luoghi dell' Isola e di fuori! Ma così è: " Mutano i tempi e noi mutiam con essi!.
Chi non sa di cremazione più o meno officiale, se la sbirba in qualunque dei modi descritti o in altri ancora. So di qualche comune in cui una processione di ma¬schere chiude il Carnevale con una parodiaca commemorazione del Nanno; processione di nani, di sciancati, di gobbi, di collitorti, e di altri in tuba, e coda di rondine, seguiti da una vettura, sulla quale un cavallaccio viene predicando le virtù tutte dell'agonizzante Nanno e la desolazione in che getta il paese; appena l'elogista tace, una banda musicale suona pezzi luttuosi e marce funebri.
Le ore che rimangono son poche, e domani cominceranno le solite prediche di Quaresima, che faranno pagare assai cari questi fuggevoli momenti.

E già la famosa campana guzza del Duomo in Palermo, verso la prima ora della notte, per lo spazio d'un quarto d'ora, ha sonato a mortorio per avvisarti il digiuno di domani e le penitenze avvenire, e già in Modica gli aggregati alla confraternita di S. Michele son saliti sui luoghi più montuosi della città ad intonare con prolungata cantilena:

Oggí sugnu 'n fíura,
Rumani 'n sipurtura;
Oggi rripuosu a liettu,
Rumani 'n catalettu !


Ma silenzio! suona la mezzanotte: giù le maschere come dinnanzi al Sacramento portato in viatico, come al passare da una chiesa! Se no, la maschera resterà attaccata al viso di chi la porta.
La maschera si toglie, ma la mascherata rimane e non ismetterà da' baccanali fino a che il sole non verrà a far testimonianza del nuovo giorno.”



Tratto da Scritti di Giuseppe Pitrè - 1884.
Foto di Paolo Di Salvo, Carnevale - 1979 (tutti i diritti sono riservati, n.d.r.)