Questo malessere si manifesta in vari modi: nei tumulti seguiti alla “rivoluzione” palermitana del 1820 (a Bagheria si recluta una poderosa “guerriglia” che partecipa ad una delle numerose spedizioni contro la Sicilia orientale (Mistretta) che non aveva aderito alla “rivoluzione”);
D’altra parte la vita delle ville settecentesche è effimera. Si può con certezza affermare che esse ebbero un certo splendore soltanto agli inizi dell’Ottocento quando Ferdinando e Carolina fuggiti precipitosamente da Napoli sotto l’incalzare dell’esercito rivoluzionario francese si rifugiarono in Sicilia assieme a tutta la numerosa corte di nobili.
Ferdinando trascorreva lunghi periodi nel palazzetto reale di Solanto (nella foto in basso: l'antica tonnara, n.d.r.), mentre la regina preferiva l’ospitalità degli Spedalotto nella loro villa di Bagheria.
La presenza di un esercito inglese nell’isola e della flotta nel Mediterraneo provocano d’altra parte un generale rialzo di prodotti agricoli siciliani (vino, olio, formaggi e grano in particolare) e questo fenomeno ha positivi riflessi anche a Bagheria che, come abbiamo visto, produce un ottimo vino bianco.
La fine della guerra contro la Francia e la restaurazione del vecchio ordine in Europa provocano nel 1816 una gravissima crisi nell’agricoltura della Sicilia e Bagheria ne risente in maniera acutissima.
D’altra parte l’angustia del territorio e la povertà delle colture che in esso si esercitano pongono il problema della conquista di nuove terre.
A sud dell’abitato si estende un vasto feudo appartenente ai monaci di Santa Cita che da sempre lo hanno abbandonato nelle mani di ingordi gabelloti. Non c’è un albero, non ci sono altre colture.
Quattrocentocinquanta ettari che potrebbero dare lavoro e pane a migliaia di persone sono lasciati a pascolo naturale.
E la conquista di queste terre diventa l’obiettivo dei contadini di Bagheria.
Con la rivoluzione del 1848 sembra che il sogno possa realizzarsi...
Continua....
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