L’Italia unita - di Giusi Buttitta

L’Italia unita - di Giusi Buttitta

senza zucchero
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Tempistiche – Qualche giorno prima della tornata elettorale di fine maggio il Comune di Bagheria viene dichiarato in dissesto finanziario. Qualche giorno prima del ballottaggio tra Cinque e Vella per la poltrona di sindaco le forze dell’ordine procedono a una serie di arresti a Bagheria nell’ambito dell’operazione Reset. Come oscuri presagi i due momenti elettorali sono preceduti da fatti che, in maniera diversa, ci ricordano quale è il clima, quale è l’ambiente, quali sono le condizioni. Welcome to Bagheria. Questi gli episodi che di recente hanno portato, con diverso rilievo, la comunità agli onori di una cronaca che ha travalicato quella locale. Il dissesto finanziario, l’operazione Reset. Ah, dimenticavo, anche il candidato a sindaco che somiglia a Johnny Depp ha avuto la sua brava cassa di risonanza. Profetico, da parte di Restivo/Johnny Depp, in ottica dissesto finanziario, aver accostato il concetto di tagliare gli sprechi all’immagine di “Edward mani di forbice”. A chiunque sarà, lunedì sera, il nuovo sindaco di Bagheria (mentre scrivo le urne sono ancora aperte), faccio i migliori auguri.

Saper far di conto – Oltre 9mila strutture con gli intonaci a pezzi, in 7.200 edifici occorrerebbe rifare tetti e coperture, 3.600 le sedi che necessitano di interventi sulle strutture portanti e 2mila quelle che espongono i frequentanti al rischio amianto. Questi i numeri, di un terremoto? No, quelli sull’edilizia della scuola italiana resi noti dal Censis. La scuola, i giovani, il futuro. È così che siamo messi. E qualcuno accusa questa rubrica di catastrofismo! La catastrofe è sopra le teste. Dei nostri figli, purtroppo.
Siamo alla frutta – Siamo alla frutta, anzi, stiamo già divorando le bucce, le stiamo spolpando. Non ci credete? Questo è tratto dal profilo twitter ufficiale dell’amministrazione comunale di Roma:
"Per la Festa della Liberazione il 2 giugno apertura straordinaria dei musei civici", peccato che il 2 giugno la festa sarebbe quella “della Repubblica”. Gulp. Nemmeno l’abc, nemmeno l’abc…

Berlinguer ti voglio bene – In Italia, a sinistra, c’è una figura che è una sorta di spartiacque tra un prima ed un dopo. Berlinguer. Orgoglio, icona, nostalgia, amore. Di recente Walter Veltroni ci ha fatto un documentario “Quando c’era Berlinguer”, accolto molto bene da critica e pubblico. Nulla da eccepire, ci mancherebbe, però se mi guardo in giro e provo a trovare una logica, un senso, un collegamento, tra questa nostalgia per il vecchio leader della sinistra e il voto che il popolo di sinistra esprime, c’è qualcosa che non torna. I nostalgici di Berlinguer (che sono tanti, la maggioranza a sinistra) per chi votano? Come possono da un lato rimpiangere Berlinguer e dall’altro accontentarsi di essere rappresentati da certe tristi figure? E, soprattutto, come possono accontentarsi di quest’idea annacquata di sinistra che ha permesso ai suoi rappresentanti di flirtare con banche, mondo dell’alta imprenditoria e dell’alta finanza? Come ha potuto, per anni, il popolo di sinistra distruggersi di nostalgia per Berlinguer e farsi rappresentare da D’Alema?

Quanto dista Berlinguer? – Quanti sono gli anni luce che separano Berlinguer dall’attuale centro sinistra? Alcuni esempi: 1) “Pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza” (Enrico Berlinguer); vi sembra la disparità sociale un tema attuale all’interno del principale partito di sinistra? Quanto si è diluito l’argomento? C’è una cifra che etichetta quanto pesa attualmente la questione delle disparità sociale: 80 euro (Matteo Renzi). Non parliamo delle storture del capitalismo, un termine (il capitalismo) che a sinistra nessuno osa più criticare. 2) “La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico”. (Enrico Berlinguer). Il PD di oggi risponde con il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, arrestato per lo scandalo legato alla vicenda Mose. Ora tutto questo può anche andare bene, ognuno voti come vuole, ma la questione che pongo è un’altra: come si concilia con la nostalgia di Berlinguer? O, forse, Berlinguer è solo un’immagine, un’icona, un simbolo che tutti riconoscono, ma che in pochi ne conoscono il pensiero e il significato.

Il civismo di Orsoni – E fu il Mose. Giorgio Orsoni il PD l’ha scelto come sindaco di Venezia, già nel 2012 si distingueva per la profondità del suo pensiero politico “Le deiezioni canine a Venezia sono una piaga da estirpare con ferrei controlli e sanzioni, ma è indispensabile il civismo dei concittadini”. Si poteva concordare su tutto, sulle deiezioni, sulle sanzioni e sul civismo dei cittadini. Poi arrivò lui e fu peggio delle deiezioni canine come piaga da estirpare, l’unica cosa in comune con le deiezioni dei poveri cani sono la necessità di sanzioni e una forma di civismo dei cittadini. Soprattutto, al momento del voto. 

L’Italia unita – Quando il Paese sembra spaccarsi arriva in soccorso qualche argomento che ci unisce, ci apparenta, ci lega. Il nord col sud. Basta un mondiale vinto, o la mafia. La settimana scorsa la Cassazione ha definitivamente confermato la precedente sentenza sulle risultanze dell’indagine “Infinito” che si occupò delle infiltrazioni della ndrangheta calabrese in Lombardia. Connivenze con istituzioni e imprenditoria. Le motivazioni recitavano “ "Una metastasi ben radicata e diffusa… diffusa omertà che porta le vittime a subire senza denunciare, a nascondere piuttosto che a rivelare"”. L’Italia ha tanti problemi, la lentezza esasperante e l’ottusità incomprensibile della macchina burocratica, l’arretratezza delle infrastrutture, il gap di conoscenze con gli altri paesi, il disastro del sistema scolastico e ci fermiamo qui tanto per rimanere ai macro temi. Ma questi temi vengono dopo. La testa dell’Italia sarà decapitata su un’altra ghigliottina a doppia lama, cioè, un livello etico così basso da rendere impossibile ogni forma di amministrazione del denaro pubblico (Expo e Mose, tanto per rimanere nell’attualità, sono gli ultimi esempi) e un’infiltrazione criminale così diffusa, da nord a sud, che impedisce ogni forma di possibile sviluppo. Le due questioni, ovviamente, si intersecano. Non sono bastate leggi su leggi per garantire trasparenza negli appalti pubblici, controllori e controllanti, tutti insieme, avidamente, divorano. Come si può pensare allo sviluppo di un Paese se, di fatto, il malaffare, la criminalità governano lo sviluppo? È impossibile. Ma, in Italia, un po’ per comodità un po’ per codardia, si preferisce parlare d’altro. Certo, non mancano i dibattiti, le dichiarazioni d’intenti, i “Basta!!!” gridati un po’ qua e un po’ là. Ma l’approccio al ragionamento è quello di chi ne parla come se fossero mali superabili e che nel frattempo si può andare avanti malgrado tutto. Non è così, si tratta di precondizioni, non ci può essere sviluppo stretti in questa morsa. Non ce ne è e non ce ne sarà, non è possibile che ci sia. Chiusi dentro una cappa, si muore. Esiste un’aggravante: il tempo. Sono passati più di vent’anni da Tangentopoli e i metodi sono sempre quelli, c’è da presumere che non siano mai cambiati. Perché e cosa ci autorizza a pensare che in futuro non sarà così se da Tangentopoli non è cambiato nulla? E non illudiamoci che possa tracciarsi una linea netta, un confine, tra il bene e il male. C’è trasversalità. I malati terminali, quelli senza speranza, muoiono. Dispiace, ma muoiono. Se noi continuiamo a comportarci come se avessimo un semplice raffreddore come possiamo mai guarire? Anche perché la classe dirigente (non solo politica) che causa il male dovrebbe essere la stessa che è chiamata a trovare la cura. È ingenuo pensarlo. Questo è un de profundis. 

Se tanto mi dà tanto – Tempo fa lessi una statistica che diceva che il numero di delitti per i quali si arriva ai colpevoli è del 20 per cento sul loro totale. Come quando si sequestra un carico di droga ciò non significa che non ne stia scorrendo altra a fiumi. Quindi, se tanto mi dà tanto, per ogni Mose, Expo, infiltrazione mafiosa, caso di corruzione scoperto ce ne stanno almeno altri quattro che nessuno scoprirà mai. Il rischio, fondato, è che quello che ci sembra già tanto sia solo la punta di un iceberg.

La frase – “Ad un certo punto della mia vita ho fatto dei calcoli precisi: che se io esco di casa per trovare la compagnia di una persona intelligente, di una persona onesta, mi trovo ad affrontare, in media, il rischio di incontrare dodici ladri e sette imbecilli che stanno lì, pronti a comunicarmi le loro opinioni sull'umanità, sul governo, sull'amministrazione municipale, su Moravia.” (Leonardo Sciascia dal libro "A ciascuno il suo").

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Giusi Buttitta